“Te l’avevo detto” – la recensione in anteprima

“Te l’avevo detto” – la recensione in anteprima
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Dal 1° febbraio sarà disponibile nelle sale italiane “Te l’avevo detto”, il nuovo lungometraggio di Ginevra Elkann. Con questo film, la regista si cimenta in una storia di rapporti disfunzionali e vergogne personali. 

In attesa della sua uscita ufficiale al cinema, ho avuto modo di vedere in anteprima Te l’avevo detto di Ginevra Elkann, prodotto da The Apartment in associazione con Tenderstories e Small Forward Pictures. La pellicola mette in scena una serie di rapporti disfunzionali che, nel corso di un’ondata di calore inaspettata, sono costretti a subire un’evoluzione. 

“Te l’avevo detto”

Nel corso del film i personaggi principali prendono forma sia nella loro solitudine, sia in relazione con gli altri. Nel primo caso emergono le ragioni per cui provano vergogna, sentimento chiave all’interno della storia. Nel secondo caso, invece, ciò che salta all’occhio è la tossicità di questi rapporti interpersonali, destinati – nel bene o nel male – a muoversi in qualche direzione.

A mettere in scena questa complessità c’è, d’altro canto, un cast di attori d’eccezione: tra di loro vanno sicuramente menzionati Valeria Bruni Tedeschi, Valeria Golino, Danny Huston, Alba Rohrwacher e Greta Scacchi. 

Te l’avevo detto si propone come un dramma in cui, ancora una volta, la borghesia viene messa sotto la lente d’ingrandimento. A differenza di altri film, però, il focus non è tanto rivolto ai vizi di una classe sociale, quanto ai complicati legami umani tra individui che, per puro caso, fanno parte di una determinata categoria.

L’elemento drammatico è dunque dato dalle emozioni dei protagonisti e dalla fitta rete di relazioni che scaturiscono da esse. Allo stesso tempo, però, il tono della narrazione mantiene una certa leggerezza, che contribuisce a rendere molto più digeribili determinate situazioni.
Per questa ragione, definirei il film “tragicomico”: nulla di ciò che viene rappresentato deve far ridere, eppure, in certi momenti, lasciarsi scappare un sorriso pare inevitabile.

I personaggi: le dipendenze alle spalle della vergogna

I protagonisti di Te l’avevo detto hanno la tendenza a giudicare le azioni altrui e, di conseguenza, a vergognarsi delle proprie. Per esempio, Gianna (Valeria Bruni Tedeschi) è ossessionata dall’ex pornostar Pupa (Valeria Golino), arrivando a diventare una vera e propria stalker. Pur ergendosi a giudice, si potrebbe dire che Gianna sia dipendente da Pupa e che la utilizzi come espediente per nascondere ciò che non ha mai voluto affrontare: l’abbandono del marito.

Di contro, Pupa vive nel costante terrore di invecchiare e investe tutte le sue energie nel suo grande ritorno sulla scena. La verità, però, è che il passare del tempo è inarrestabile ed evitarlo risulta impossibile. 

Mila (Sofia Panizzi) presenta, invece, un duplice motivo di vergogna: da un lato ci sono le azioni folli di sua madre Gianna, dall’altro la sua bulimia. Per quanto concerne la donna, la giovane, pur essendo preoccupata, non può che guardarla dall’alto in basso. Viceversa, quando si tratta del suo rapporto conflittuale con il cibo, non riesce ad evitare di giudicare nemmeno sé stessa. 

A loro volta, padre Bill (Danny Huston) e Caterina (Alba Rohrwacher) nascondono rispettivamente (e neanche troppo bene) tossicodipendenza ed alcolismo.
Entrambi vengono fortemente giudicati da chi li circonda. In particolare, padre Bill è tenuto d’occhio dalla sorella (Greta Scacchi), arrivata dall’America per disperdere le ceneri della madre; mentre Caterina è tenuta a distanza dal marito (Riccardo Scamarcio), che ha ottenuto la custodia del figlio. Nessuno dei due è esente da colpe, ma entrambi presentano la necessità di affrontare le proprie paure. 

Il giorno del giudizio

L’ondata di calore che investe Roma a dicembre fa da sfondo alle vicende del film, ma, allo stesso tempo, rappresenta una metafora di ciò che viene mostrato al pubblico. L’afa si fa, infatti, progressivamente maggiore, provocando un vero e proprio senso di soffocamento nello spettatore. Proprio come per i personaggi, che, contemporaneamente, si sentono sempre più oppressi dalle loro problematiche e dalle dinamiche tossiche. Il paragone più azzeccato è probabilmente quello dell’acqua che viene messa a bollire: la pressione cresce fino ad arrivare ad un punto di rottura. 

Per Gianna, fortemente religiosa, nulla sta avvenendo per caso, tuttavia, piuttosto che puntare il dito contro il cambiamento climatico, continua a sostenere che sia arrivato il giorno del giudizio. Ed effettivamente il caldo improvviso coincide con il momento in cui i nodi vengono al pettine: i personaggi non possono più scappare dai loro problemi.
Ecco allora che tutti si trasformano nei giudici di sé stessi e degli altri, prendendo decisioni che avranno conseguenze a lungo termine. 

Come si può capire anche dallo stesso titolo, Te l’avevo detto va a toccare quella parte di noi che spesso vorremmo nascondere, facendo riferimento alla tendenza umana a sentenziare sulla vita degli altri, ma anche a quella forma di durezza verso sé stessi che impedisce alle persone di perdonarsi. A nessuno piace indagare la propria vergogna, ma, talvolta, farlo sembra essere l’unica alternativa. Viceversa, a tutti interessa osservare gli sbagli altrui, anche se, di solito, ciò non porta a nulla di buono. 

Il risultato è un film che, pur mostrando allo spettatore alcune realtà scomode, mantiene un tono leggero e speranzoso.
Perché, che sia rivolta ad un futuro migliore o più semplicemente al continuo cambiamento, la speranza non è mai troppa. 

a cura di
Claudia Camarda

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