“Un giorno questo dolore ti sarà utile”: la “sofferenza” di crescere
Quante volte ci è capitato di sentirci dire “Ma dai, è impossibile che tu non abbia mai letto il libro X, sei rimasto solo tu“? Ebbene, questa lista di libri che non abbiamo mai letto invece che accorciarsi diventa sempre più lunga. Questo perché ovviamente abbiamo parametri di leggibilità diversa, canoni dfferenti e gusti disparati – per fortuna!
Sono stata sempre scettica a fronte di queste liste e ho sempre stilato da me “quello che devo assolutamente leggere” ma, di recente, si è verificata una strana congiunzione astrale per cui un titolo uscito ormai diversi anni fa, annoverato come “uno di quelli che deve essere letto“, ha incrociato l’esatto momento della vita in cui ne avevo bisogno.
La storia di un ragazzo
Un giorno questo dolore ti sarà utile è uscito nel 2007, mentre il mio primo incontro con Peter Cameron (anche fisico, al Salone del Libro di quest’anno) era stato con l’ultimo libro, Cosa fa la gente tutto il giorno?, una raccolta di racconti che, francamente, non mi aveva entusiasmato. In quel momento della vita avevo davvero bisogno di sapere che un giorno tutto questo dolore mi sarebbe stato utile, e mi sono quindi fatta coinvolgere dando una seconda possibilità all’autore.
La storia che Cameron racconta è quella di un ragazzino americano, James Sveck, in uno dei momenti di svolta della vita, cioè durante il passaggio dal liceo all’università. Facoltà in cui si ritrova obbligato a iscriversi a causa della famiglia. Il parte del padre, un manager incallito col vizio della chirurgia estetica, la madre, direttrice di una stramba galleria d’arte in cui lo stesso James lavora, e la sorella, che vive l’università in maniera molto simbiotica complice anche una relazione con il suo professore di linguistica.
L’odio per la socialità
Il motivo principale per cui James farebbe carte false pur di non andare all’università è che odia socializzare più di ogni altra cosa al mondo, e questa è anche la ragione per cui agli occhi di tutti è quello strano. Ma James è felice così e sogna di spendere tutti i soldi destinati all’università in una casa nel Kansas, dove leggere tutto il giorno.
I genitori non comprendono questa sua reticenza alla compagnia e lo obbligano a intraprendere un percorso con una psichiatra, l’ennesima persona che non sembra comprendere il ragazzo e la sua identità in formazione.
La nonna Nanette e la ricerca dell’amore
C’è solo una persona di cui James gradisce la compagnia, la nonna Nanette; i momenti con lei sono pura poesia fuori dal caos di New York e delle voci che vorrebbero per noi una vita che non vogliamo.
Tra le varie scelte di vita, James deve farsi un’idea anche sull’amore, qualcosa di cui non conosce ancora bene le coordinate e che un giorno lo porta a fare una cosa stupida che porterà ancora più domande da porsi…
Ma il passaggio alla vita adulta è proprio questo, incognite continue e bisogni in movimento, la volontà di scegliere per sé e la paura conseguente, la ricerca continua di un io fuori dalle imposizioni.
E tutto ciò è tremendamente semplice, ma la scrittura di James Cameron ci fa completamente innamorare di un personaggio così genuino e reale come James Sveck, ci ricorda quello che siamo stati e ci smuove un fremito di nostalgia, vorremmo quasi dirgli di non avere paura, ma allo stesso tempo sappiamo che è quella stessa paura la molla per crescere.
Un romanzo ancora attuale
E nonostante abbia 15 anni il romanzo è ancora attualissimo per tante tematiche: la difficoltà di sentirsi diversi, il coming out che dovrebbe essere sdoganato ma non lo è ancora del tutto, la solitudine che spesso proviamo nonostante l’iper-connessione in cui siamo immersi.
Per cui si, mi sento di dire che dovete assolutamente leggerlo, ma nel momento in cui vi sentite un pochino James Sveck (e tutti, prima o dopo nella vita, ci sentiamo così): effetto balsamo per l’anima garantito.
a cura di
Martina Gennari
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