“Più libri più liberi”, il nostro racconto

“Più libri più liberi”, il nostro racconto
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Si è svolta dal 6 al 10 dicembre, presso La Nuvola, la famosa fiera editoriale Più libri più liberi. L’evento ha l’obiettivo di dedicarsi totalmente all’editoria indipendente. Durante le giornate si ha quindi modo di scoprire le novità e i cataloghi di oltre 500 editori, incontrare autori, partecipare a talk e performance musicali, reading e dibattiti. Diventa quindi un occasione di aggregazione per gli addetti ai lavori ed i lettori. 

Questa ventiduesima edizione si unisce in realtà alla schiera di mercatini che abbellisce le nostre piazze. Prima di andare a prendere una tazza di Vin Brulè in Piazza Navona ho quindi ritenuto appropriata fare una sosta. Tra gli eventi proposti ho apprezzato, particolarmente, il dialogo-intervista tra Licia Troisi e Christopher Paolini, un viaggio nei meandri della mia adolescenza, mentre ho trovato fastidiosamente dispersiva l’organizzazione e la disposizione di stand e sale.

Controfiera – La notte bianca del racconto

Negli stessi giorni ho invece avuto il piacere di partecipare alla CONTROFIERA – la notte bianca del racconto, che quest’anno ha scelto l’Angelo Mai per la sua seconda edizione. L’evento ha visto collaborare Racconti, Effequ, Rina, Tamu, Safarà, Pidgin, Edicola, Ago, Armillaria, Capovolte. La serata nasce come risposta a PLPL, che non riesce davvero a rappresentare la piccola e media editoria in modo adeguato.

Tra un bicchiere di vino, il desiderio di acquistare qualsiasi libro presente ai banchetti e un ascolto, la cosa più evidente – e che segna una netta separazione con PLPL – è stata lo spirito e la motivazione. Le grandi fiere rischiano di diventare ingrossi che perdono di vista le vere necessità della piccola e media editoria. Così come il rapporto tra la filiera e il lettore. Sabato notte sono invece riuscita a respirare la cura e l’impegno per un mondo e verso un mondo che rischia di diventare insostenibile per la sua dimensione più vera.

Che succede se in fiera ci va una libraia?

Nulla, ma di questi tempi avrei sicuramente potuto rovesciare della salsa di pomodoro da qualche parte.

Sarà forse l’aria di leggera malinconia che caratterizza l’autunno e l’inverno, sarà la depressione stagionale o più precisamente un lavoro che amo ma pieno di insidie; sta di fatto che questa fiera, come ogni anno, ha mietuto forse più “vittime” del previsto. Sono solo di più i librai rimasti a spolverare gli scaffali perché questa volta si sono alzate più voci, più teste hanno gridato socialmente lo slogan: scegli in fiera, acquista in libreria!
Sui social, perché se ci mettiamo pure a scendere in piazza chiudiamo definitivam… ah, no? In molti hanno già chiuso? Allora scusate, ricalcolo il percorso.

Il mio primo anno in fiera da libraia è stato bello perché ero una novizia, con l’arroganza di chi non si è del tutto esaurito. Avevo già parlato della famosa legge salva-librerie, dei costi della carta e di come aumentavano vertiginosamente quelli dei libri, mi ero infilata nelle vite dei librai per conoscere il marcio dell’editoria ma alla fine ero lì, fresca come una rosa, ad accompagnare delle professoresse di un liceo e le rispettive classi. Ero stanca di conoscere il male ma comunque avevo una grande possibilità fra le mani.

Spoiler: non ho i super poteri

Cado dal pero come si suol dire. Ore di dibattiti con gli amici, con i gruppi di lettori accaniti, con scrittori traduttori e gli editori che sono esplosi come una bolla di sapone, in silenzio. Ore che hanno lasciato una lieve schiuma che si è appiccicata sotto le suole delle scarpe e che, a fine giornata, non capisci cos’è a trattenere i talloni al pavimento.

Il secondo anno passiamo oltre, ma è stato quello in cui ho capito che potevo farne a meno e che ci andavo per rivedere gli editori con cui ho maggior rapporto.

Quest’anno…

Il terzo anno di fiera da libraia è fatto di malessere, di questioni personali che si incastrano come le catenine d’oro di Shein, quelle sottili a maglia stretta. Anche se le tieni in ordine e ben separate, inspiegabilmente avrai fra le mani solo un cumulo di nodi. I miei sono fatti di bambini malati che non possono andare a scuola, una libreria che sta più chiusa che aperta, amici che ci sono ma non resteranno per sempre ad aspettarmi (come dargli torto) e tempo per leggere rovinosamente caduto nella borsa di Miss Poppins.

Il terzo anno è fatto ancora di richieste di partecipazione da parte di una casa editrice in particolare ma anche di editori e collaboratori che chiedono di me. E la cosa ti fa stare un po’ meglio, soprattutto se sei la persona che darà voce a Buon Natale Perfidia, in quei 2 minuti di diretta dallo stand. Sono brava, ho molte doti ma se avevate in mente l’immagine della libraia seduta in conferenza a presentare un libro, direi di no, non sono io.

Buon Natale Perfidia, Exorma Edizioni

Nei giorni precedenti vengo bombardata da tante informazioni: tutte le mail di PLPL che mi annunciano la maestosità degli eventi e dall’altra commenti e dibaditti in cui mi sono infilata in precedenza che raccontano invece una storia diversa, fatta di un quartiere invaso, di librerie oramai ridotte a mura ammuffite di un supermarket gestito da persone che urlano in una lingua incomprensibile, editori che si inventano nuovi sconti e quelli che pensano a vendere l’ultimo uscito per rientrare delle spese.

Meno Tiktok più Facebook

I boomer hanno vinto, così come quelli degli anni ’80 che, come me, usano ancora Facebook di cui non conosco però il nome della generazione. La prima ondata di reclami è partita proprio da questa piattaforma, dove le librerie si sono rimpallate una grafica di Canva estremamente pulita e chiara, a prova di “non si capisce che c’è scritto” e un testo di presentazione che parla di stanchezza. Perché fare i librai “come si deve“, quelli che leggono i libri e ragionano prima di suggerirne qualcuno, non è cosa da poco ma soprattutto non è un lavoro che riesce bene se da dicembre a marzo non si vede entrare neanche un lettore.

La Nuvola, il Centro Congressi progettato dallo Studio Fuksas (Leonardo Finott, Maurizio Marcato)

La fiera dell’editoria, meravigliosa in questa Nuvola incastonata in un perimetro un po’ approssimativo forse, è la chiusura anticipata delle librerie, si. Compresa la mia. A dicembre c’è sempre l’eroe che si lancia di venerdì sera per acquistare un libro per una persona che manco conosce e invece, ecco qui: spendo 15 euro, vado in fiera e compro quello che mi vendono o che vedo pubblicizzato. Se Primark avesse scaffali con libri sarebbe la stessa identica cosa.

Primark però ha le maglie al costo di 2 euro, come la mettiamo? Con i libri non è diverso, in fiera. Costano meno perché gli editori fanno sconti che non possiamo fare noi librai; non c’è voglia di distruggere chi per un anno ti vende il libro, intendiamoci. Ma l’editore è un artigiano che deve rientrare delle spese e quindi è giusto che si faccia due conti e che magari offra improbabili 3×2 e una sogliola decongelata in omaggio.

Un grande formicaio a forma di Nuvola

Consapevole di questo, ho chiuso gli occhi. Ho sceso le scale dandot… no, ho sceso le scale mostrando il pass perché è la prima volta che esclamo: mi rifiuto di pagare il biglietto. Già, sono un mostro di libraia. Ma è perché i libri io me li compro di solito e me li compro pure come una sciocca nelle librerie di paese dove chiedi una cosa e te ne danno un’altra. Sosteniamo l’editoria che non sostiene noi, penso.
Punto direttamente allo stand di Exorma, dove il mio nome è sul banner, dove trovo persone che passano perfino a Palestrina sapendo che ho lo stand alla festa di paese. Mi godo i minuti, parte la diretta. Faccio il mio e si, risuona quel “non pensavamo riuscissi a venire“. Questa volta non vedo altro, non ho con me neanche le shopper per i libri da acquistare. Sento un vociare costante in questa giornata di sabato, lettori abulici e bulimici, la Nuvola come un grande formicaio dove non si lavora per costruire: l’obiettivo è accaparrarsi dei testi interessanti a costi più bassi.

Perché i lettori della fiera non sono onnivori, la maggior parte cerca la lettura che sia valsa la pena.

Ci sono anche i gruppi famiglia ma sono quelli che passano oltre l’albo illustrato e si dirigono verso qualcosa di tascabile, poco ingombrante e pieno di significato: manuale di sopravvivenza per pidocchi.

È quasi ora di pranzo, capisco che qualcosa non va perché riesco a focalizzarmi solo sul rancore verso un mondo che non mi appartiene. Ha senso creare una fiera dell’editoria per far pagare il posto una cifra non indifferente per 5 giorni perché ormai siamo a quasi una settimana, indirizzare i lettori in un unico posto scoprendo il territorio? Ha senso chiamare i librai per vendere agli stand libri non loro e pagarli per il disturbo? Perché ha senso se chiami i librai di Roma o del Lazio, non se cerchi quelli con più follower, perché resta una guerra fra molto poveri, così.

a cura di
Ylenia Del Giudice e Andrea Romeo

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Andrea Romeo

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