The Killer: bentornato David Fincher!

The Killer: bentornato David Fincher!
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Finalmente, dopo tre anni, ritroviamo David Fincher alla regia. Nuovamente su Netflix, dopo Mank, uscito sulla piattaforma nel 2020. The Killer, presentato in concorso all’80ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia e distribuito in alcune sale selezionate dal 27 ottobre 2023, è ora disponibile da pochi giorni sulla piattaforma streaming.

The Killer è un film che ci tiene col fiato sospeso fino alla fine. Seppur di minor impatto rispetto agli altri film considerati fra i migliori del regista, come Seven (1995), Fight Club (1999) o Zodiac (2007), di questi mantiene sicuramente lo spirito. Basato sull’omonima miniserie a fumetti scritta da Alexis “Matz” Nolent ed illustrata da Luc Jacamon, pubblicata dal 1998 al 2014, ha come protagonista un anonimo sicario, interpretato magistralmente da Michael Fassbender.

Il killer

Un incipit cadenzato dalle musiche di Trent Reznor e Atticus Ross, classici collaboratori di David Fincher dal 2010 a partire da The Social Network, che mostra in dissolvenza i preparativi e gli oggetti d’uso tradizionali del killer. Ci troviamo a Parigi. Lì, nella nuova base del sicario, all’ultimo piano di un palazzo in una zona non meglio precisata della città, siamo calati subito dentro la sua mente.
Egli, infatti, ci parla come se dovesse insegnarci il mestiere, e siamo dunque pienamente inseriti nella sua filosofia di vita, in apparenza perfetta.

Come primo messaggio ci comunica come sia incredibile quanto possa essere sfiancante non fare niente. Se non si riesce a sopportare la noia, questo lavoro non fa per noi.

Questa sarà per gran parte del primo capitolo, dei 7 di cui è composto il film, compreso l’epilogo, l’atmosfera che ci guiderà. Silenzi, attesa, poche azioni e molte parole, trasmesse direttamente dalla mente del killer.

In questo modo ne viene chiaramente delineata la psicologia, e Michael Fassbender è perfetto nella parte. Veniamo trascinati nel suo stile di vita e nelle sue idee sul mondo, e non possiamo che restarne affascinati.

Grande merito deriva sicuramente dalla sceneggiatura di Andrew Kevin Walker, autore dello script di Seven.

Nella mente del sicario

Mentre aspetta il momento migliore per agire sul bersaglio, vediamo il killer seguire una meticolosa routine di allenamento, fatta di esercizi fisici, yoga e assunzione di proteine. Rigido e costantemente vigile, in quanto, come dice, il momento in cui bisogna agire non è quando il rischio è più grande. I veri problemi stanno nei giorni, nelle ore e nei minuti che precedono l’azione, e in quelli successivi. Tutto dipende dalla preparazione, dall’attenzione ai dettagli, e dalla ripetizione. Nulla può essere lasciato al caso.

Essenziale risulta evitare di essere visti, o almeno di farsi ricordare, restando calmi e sempre in movimento. Come travestimento ha quindi deciso di vestirsi da turista tedesco, categoria considerata per i parigini la peggiore, allo stesso modo di come il resto del mondo si rapporta ai mimi di strada.
Sua unica distrazione è la musica. Per lui, essa impedisce alla voce interiore di vagare, e per questo si porta sempre con sé un lettore portatile, con diverse playlist pronte all’uso.

La partitura musicale ci guida attraverso il film, con diversi generi e tonalità, anche in base al luogo in cui ci troviamo. Sonorità psichedeliche si alternano a musica elettronica, reggaeton e bachata, a bilanciare i momenti di tensione, in cui il sicario agisce, con quelli di attesa, in cui insieme a lui ci muoviamo nell’ambiente esterno.

Nella colonna sonora a dominare sono poi i The Smiths, fra cui si può ricordare il brano “How Soon Is Now?”, che inquadra anche la natura umana del killer. Canzone resa celebre dal gruppo musicale One Spit Love, nella versione realizzata nel 1995 come sigla d’apertura per il telefilm Streghe (Charmed – 1998/2006 -).

La visione del mondo secondo il killer

Il mondo è visto dal sicario secondo una prospettiva prettamente numerica e matematica, nel solco della classica ossessione fincheriana per numeri, crittografie e profilazioni.

Ogni anno, ci dice, nascono più o meno 140 milioni di esseri umani, la popolazione mondiale è di circa 7,8 miliardi. Ogni secondo, muoiono 1,8 persone, e 4,2 persone nascono esattamente in quello stesso secondo, per cui niente di quello che ha fatto potrà mai intaccare questi parametri.

La fortuna, il karma, o la giustizia non sono reali; ognuno nasce, vive la propria vita e alla fine muore, nel frattempo l’unica legge è “fa’ ciò che puoi”.

Dopo la morte, esiste solo un Aldilà freddo, infinito e vuoto, e dall’accettazione di questa verità deriva la vera libertà.

In questa visione, solamente i più forti sopravvivono, il sangue è l’unico legame che unisce tutti, e bisogna assicurarsi, per vivere a lungo, di essere uno dei pochi a sopraffare i molti, senza alcuna pietà o rimorso.

Per questo, nessuna vita ha davvero valore, a muovere deve essere il guadagno personale, l’empatia è solo debolezza, e se per caso vengono coinvolti ed uccisi dei passanti, è solamente una fortuna professionale, perché tutto diventa più sfuocato.

Occorre attenersi al piano, giocare d’anticipo, non improvvisare, non fidarsi di nessuno, e non concedere mai un vantaggio.

Alla fine, non si deve mai lasciare le cose incompiute, niente deve rimanere in sospeso, e bisogna ripulire senza errori, togliendo un pezzo o due dal puzzle, disseminando il resto.

Queste le regole d’oro del killer perfetto, e il mantra costante che lo deve guidare in ogni lavoro.

L’imprevisto che cambia tutto

In questa apparente perfezione, in cui nulla potrebbe mai andare storto, all’improvviso il killer sbaglia il bersaglio. La missione a lui affidata è fallita, e a causa di questo unico errore, si troverà al centro della rivendicazione del committente, vedendo ogni sua certezza vacillare.

Nella sua meticolosità e sicurezza c’è una falda, che lo porterà a girare per il mondo, da Parigi alla Repubblica Dominicana, da New Orleans in Florida fino a New York.

A fare le spese del suo sbaglio, è infatti una donna, Magdala (interpretata da Sophie Charlotte), probabilmente l’unico vero legame con l’umanità, che tiene ancorato il killer alla vita e ai sentimenti. Lei si troverà ad essere vittima delle conseguenze del suo fallimento, e per lei ogni regola costruita in precedenza dal killer crollerà.

In questo percorso per lui inedito, il sicario si troverà dunque a mettere in discussione tutto, e la sua psicologia nei vari capitoli del film cambierà gradualmente, fino ad un epilogo inaspettato.

Guidati per tutta la vicenda dalla voice over del killer, attraversiamo direttamente insieme a lui le svolte nella sua personalità, e con lui siamo portati a riflettere sul reale significato dell’esistenza umana, e sui bisogni e sulle paure che ci accomunano.

Conclusioni

Film fatto di contrasti, si muove lentamente ma con efficacia fino all’epilogo.

L’atmosfera generale si distacca dai film precedenti, in quanto, seppur resta in generale cupa nei colori e nell’ambientazione, appare più distesa e rilassata.

Anche gli omicidi avvengono per la maggior parte con poco clamore, dando maggior rilevanza alle parole, e al confronto diretto fra le diverse personalità coinvolte negli eventi.

A risaltare sono più le azioni inespresse, i gesti semplici e le parole del killer, il suo subconscio e i momenti di attesa, che pongono le basi per l’inaspettato.

La regia è essenziale, elegante e formale, e non si perde in sperimentalismi o giochi complessi.

David Fincher controlla la macchina cinematografica con maestria, nulla viene dettato dal caso, e lo spettatore viene condotto ad una maggiore interiorizzazione degli avvenimenti, grazie ai molti silenzi e ai momenti di apparente inattività del protagonista.

In realtà, anche quando non agisce direttamente, il suo animo si muove, i pensieri non cessano mai di essere espressi, e il flusso di coscienza interiore è costante fino alla fine.

Grazie agli sguardi e ai piccoli gesti compiuti nel silenzio, Michael Fassbender incarna pienamente la psicologia del personaggio, per un’interpretazione encomiabile.

Non mancano poi sorprese nel cast, come la presenza di Tilda Swinton in un piccolo ruolo, ma fondamentale e denso di significato.

a cura di
Matteo Sisti

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