La Storia e Io: “Cenerentole Moderne”
Ma gli anni passavano e i miei dubbi sulla felicità a modello unico continuavano ad aumentare invece che a diminuire. Finché a un certo punto ho iniziato a chiedermi: e se non fossi io quella sbagliata, ma fosse invece tale modello a essere particolare e non universale?
Da dove nasce l’idea di relazione amorosa che abbiamo? È davvero innato l’istinto materno e perché non esiste un termine al maschile per zitella?
Queste sono solo alcune delle domande a cui cerca di darci risposta Elide Pantoli, scrittrice, attivista femminista e fondatrice del progetto Modern Cindarellas Italia con Cenerentole Moderne – guida femminista all’amore per zitelle, (non) mamme e partner ribelli, uscito l’8 febbraio per la casa editrice Le Plurali.
Nella scheda del libro ci viene consigliato di leggerlo se siamo single o non abbiamo figli e siamo stanchi di sentirci dire “poi te ne penti”. Se vogliamo mettere in discussione il modo in cui viviamo relazioni e genitorialità e pensiamo che la famiglia sia fatta di affinità e non di legami di sangue
Nel mondo che vorrei un testo del genere sarebbe come minimo obbligatorio in ogni scuola o forse non ce ne sarebbe bisogno, perché non dovremmo più spiegare certi concetti.
Ma ad oggi quel mondo è rappresentato da un piccola bolla felice e Cenerentole Moderne, decostruendo stereotipi e ricercando l’origine di alcune dinamiche, è lo strumento perfetto per sopravvivere in questa società. Come scrive infatti Jennifer Guerra nella prefazione:
Bisogna munirsi di una casetta degli attrezzi all’altezza del compito previsto, in grado di collegare cause e sintomi e, perché no, fornire anche qualche rimedio. Questo libro lo fa egregiamente, mescolando vissuto, storia e ricerca verso un nuovo modo di intendere noi stessə, le (s)famiglie e le relazioni, senza nessun segreto nascosto in piena vista, se non la gioia di scoprirsi liberə.
Vecchie e zitelle
Il saggio fa parte della collane Le Bussole e, come questo strumento, ci guida attraverso luoghi comuni, frasi fatte e modelli ritenuti canonici. Inizia dandoci la definizione di zitella, categoria composta da sole donne che allo scoccare dei trentacinque anni da carine ed intelligenti si trasformano improvvisamente in esseri bisbetici e maligni.
Ciò che fa sorridere, ma soprattutto riflettere, è che non esista un corrispettivo maschile. Se le donne superata una certa soglia d’età appassiscono e perdono di valore, gli uomini ne acquisiscono invece sempre di più diventando pregiati e ambiti: dei perfetti scapoli d’oro.
Perché in una società che vive l’essere single come una cosa estremamente negativa, in contrasto con la positività del vivere in coppia, se sei donna è comunque peggio. Persiste ancora la narrazione che ci vede e come un’appendice dell’uomo, su cui dobbiamo sempre essere concentrate. Che ci desidera ad aspettare sognanti il giorno più bello della nostra vita, ovvero il nostro matrimonio. Che ci vuole incapaci di costruire una nostra identità libera, al di fuori da ogni costrizione sociale.
I falsi miti sulla maternità
Il secondo capitolo ripercorre sul piano storico e sociale gli stereotipi legati alla maternità, dall’orologio biologico al presunto istinto materno. Ci mostra come molte delle cose che diamo per vere siano invece frutto di processi legati al capitalismo ed al patriarcato. Inoltre, come scrive Pantoli, gli stereotipi sulla maternità sono:
controproducenti per le non-mamme, ma anche per le mamme. Le prime sono stanche di sentirsi approcciare con consigli invasivi su come gestire la propria vita o con minacce profetiche, più o meno velate, sul loro futuro di donne pentite per il non aver avuto figli. Le seconde si sentono demotivate perché gli stereotipi le appiattiscono a un solo aspetto della loro vita
Ed in questa guerra che ci vuole schierate in fazioni differenti e ci porta costantemente a chiederci se sia davvero egoistico non volere figli, l’unica cosa che viene davvero meno è la possibilità di una maternità collettiva.
Non viverla più come un fatto personale, o una responsabilità troppo spesso affidata alle sole madri, ma ridefinire l’idea di genitorialità e maternità. Intenderle, usando le parole di Tazi-Preve come “un principio di cura collettivo portato avanti da molte/i, in netta opposizione all’immagine idealizzata della madre isolata”.
Di Vero Amore ed altre leggende
La terza parte è dedicata alla coppia e al vero amore. L’idea ossessiva che solo in una relazione sentimentale si possa finalmente realizzare la propria felicità. La ricerca costante di un’ipotetica altra metà della mela porta invece la vita di coppia ad essere non una scelta libera, ma una necessità ed un bisogno essenziale.
Questo a discapito di amicizie e di una pluralità di relazioni, che potrebbero creare una rete sincera intorno a noi, e di rapporti sani svincolati dalla narrazione giustificante sulla gelosia ed il controllo.
Abbiamo, per secoli, legato l’idea di felicità e lieto fine a concetti costringenti e fortemente interiorizzare, da cui è difficile sganciarsi. Ma come conclude Pantoli:
È giunto il momento di uscire dall’imbroglio in cui siamo intrappolate e aiutare anche le nostre sorelle a farlo. È giunto il momento di andare oltre ai modelli di felicità che ci sono imposti dal capitalismo patriarcale per il suo beneficio e rivedere i nostri sogni, i nostri desideri e il mondo in cui amiamo e ci relazioniamo al mondo. E ricordiamoci: cambiare il modo in cui amiamo e ci rapportiamo con gli altri non è solo una scelta personale ma è anche un’azione politica. E ha il potere di rivoluzionare sia la nostra vita che la società in generale. Quindi vi chiedo, care cenerentole moderne: qual è il vostro lieto fine?
A cura di
Andrea Romeo
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