“Il mio futuro”, il nuovo brano dei Boschi Bruciano raccontato dagli artisti

“Il mio futuro”, il nuovo brano dei Boschi Bruciano raccontato dagli artisti
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Dopo l’uscita del loro nuovo singolo “Il mio futuro”, I Boschi Bruciano rivelano tutti i retroscena che li ha portati alla stesura della canzone e non solo

“Il mio futuro”, si intitola così il nuovo singolo uscito venerdì 27 gennaio 2023 dei Boschi Bruciano. Questo brano anticipa poi il loro prossimo album “Riserve” la cui pubblicazione avverrà venerdì 24 marzo.

Un mix di rock ed elettronica dove la voce arrabbiata del cantante Pietro Brero si unisce al suono imponente del fratello Vittorio per creare una sintesi del loro sviluppo musicale e un pronostico di ciò che accadrà in futuro. Un brano che ricorda quanto sia importante affrontare le proprie emozioni ricordandoci che non siamo mai soli a combattere le preoccupazioni del mondo. Chi quindi meglio dei Boschi Bruciano in persona ci può spiegare il messaggio di questo brano? Siamo riusciti ad intervistarli e queste sono le loro considerazioni.

Buongiorno ragazzi e grazie per averci concesso questa intervista. Il vostro duo si presenta con un nome molto particolare: I boschi bruciano. Cosa vi ha portato alla scelta di questo nome tanto curioso?

È una domanda che ci viene posta spesso. Quando scegliemmo di chiamarci I Boschi Bruciano non immaginavamo che avrebbe incuriosito così tanto la gente.

Ai tempi eravamo completamente bloccati, ci siamo proposti l’un l’altro una infinità di nomi in inglese e italiano ma non ce ne piaceva nessuno (e quelli che ci piacevano erano già editi). Un giorno abbiamo deciso di cercare su internet “provincia di Cuneo” (è da lì che veniamo) e iniziarono a comparire moltissimi articoli sul problema degli incendi boschivi nelle nostre vallate, in quella stagione ce ne furono davvero tanti. Lo prendemmo come un segno del destino. E poi il fuoco fa molto Rock ‘n Roll.

Vi siete formati nel 2018 e il vostro primo album è uscito nel 2019 dal titolo “Ci pesava”. Album composto da 12 tracce con la prima “Grigio” che fa da introduzione. Grazie a “Grigio”, si è subito trascinati in un’atmosfera nebbiosa dove i confini tra rock classico ed elettronica sono sfumati mentre il testo lascia ben poche speranze per il futuro (e di noi niente domani resterà cit. testo). Cosa vi spinto a scrivere di emozioni così negative; eppure, così autentiche, mentre eravate in studio?

In realtà abbiamo scritto i testi molto prima di arrivare in studio e da allora non sono più cambiati (il nostro primo album è praticamente autoprodotto). Scrivevamo alla vecchia maniera: chitarra acustica e voce per poi arrangiare con la band o addirittura un intero testo a mo’ di poesia per poi trovargli una linea vocale. In più eravamo poco più che adolescenti, e come molti a quell’età sentivamo su di noi il peso dell’inizio della vita adulta. Tutto ciò ha contribuito a quel tipo di scrittura, emozionale e priva di filtri. Ne sentivamo il bisogno, per noi era necessario e penso che ci abbia aiutato molto a crescere come musicisti e come persone.

In “Odio e Pretese” (i primi singoli estratti dall’album “Ci pesava”) troviamo un rimando al passato, un passato impossibile da cambiare in quanto tale e un domani identico ad esso. Tuttavia, se aveste la possibilità di modificare il passato cosa cambiereste musicalmente parlando? 

Oggi abbiamo più conoscenze tecniche, sappiamo che sound vogliamo e come raggiungerlo. In passato si faceva confusione e si cambiava spesso idea in corso d’opera ma erano tutti passi da fare per raggiungere la consapevolezza di oggi.

È proprio questo il bello della ricerca sonora e del songwriting, cercare di battere te stesso, di guardare cosa eri e come ti sei evoluto. Non rimpiangiamo nulla del nostro passato, sappiamo che ora saremmo in grado di fare un lavoro migliore ma anche che ogni nostro disco è il massimo che potevamo fare in quel periodo della nostra vita.

Probabilmente quando uscirà il nostro terzo disco e guarderemo indietro ad oggi penseremo che non avevamo capito niente.

Stupisce, invece, la scelta di fare una cover di Lucio Battisti della celebre canzone “Insieme a te sto bene”. Nonostante la differenza di stile musicale e la voce inconfondibile di Battisti, come siete riusciti a padroneggiarla a tal punto da far risaltare la vostra identità nel brano?

Probabilmente saremmo potuti essere la peggiore cover band del mondo. Non riusciamo a non far trapelare la nostra personalità, sarà perché sappiamo suonare solo la “nostra roba”.  Perciò ci capita di fare delle cover di brani anche distanti dal nostro stile per vedere che succede e ciò ci aiuta a capire meglio dove stiamo andando a parare. Senza l’incombenza di scrivere un brano tuo si è più liberi di sperimentare con lo stile e le sonorità. Se poi il risultato ci piace lo facciamo uscire. Abbiamo fatto la stessa cosa con “L’Ultima Festa” di Cosmo.

Parliamo ora del vostro nuovo brano “Il mio futuro”, voi stessi l’avete definito il brano più travagliato che abbiate mai scritto. Il futuro del brano è doloroso, fatto di tante speranze poi illuse dalla realtà di adesso. Una sorta di inno per la generazione odierna che ricorda l’importanza di affrontare uniti le proprie emozioni e ansie. Siete la voce arrabbiata di questa generazione ma se doveste dare voi dei consigli ai giovani per trovare il loro posto nel mondo quali sarebbero?

Il primo consiglio che daremmo sarebbe di sicuro: PENSA CON LA TUA TESTA! Non seguire dei valori solo perché ti sono stati insegnanti o ( come succede più spesso) imposti. Bisogna fare attenzione alle influenze esterne e interne. I media, i social, i film e anche le canzoni ci bombardano il cervello di informazioni, è una violenza.

Il mondo ti dice di essere il migliore in tutto ma quanti peggiori ci vogliono perché emerga un migliore? E tutti gli altri che dovrebbero fare? Noi ci dobbiamo sentire infelici e incompleti perché se ti senti completo non ti si può vendere nulla…

Abbiamo a disposizione molti più mezzi delle generazioni passate ma anche molte meno occasioni.

In più ci preoccupa quanto poco si insegni a usare la mente. So che suona assurdo ma la mente è uno strumento incredibile, tutto ciò che è stato costruito è stato prima pensato. In quest’epoca in cui la mente è costretta a lavorare a ritmi proibitivi (noi ragioniamo in termini di minuti, i nostri nonni e genitori ragionavano in giornate o addirittura mesi) bisogna imparare a gestirla bene, a capire quando un pensiero negativo è frutto dell’ambiente esterno o un risultato dello stress emotivo con il quale siamo costretti a convivere.

Ci potremmo dilungare per delle ore, ci sono tante cose che non ci piacciono del mondo, cerchiamo di metterle nei dischi.

Siamo in attesa dell’uscita del vostro ultimo album “Riserve” già disponibile dal 24 marzo 2023, cosa ci dovremmo aspettare da quest’album? Continuerete a sperimentare sonorità diverse? 

Il giorno in cui smetteremo di sperimentare sonorità sarà il giorno in cui smetteremo di suonare. Per noi non esiste l’uno senza l’altro. “Riserve” è il risultato di un lungo, avvincente e faticoso lavoro di ricerca sonora che è iniziato nel primo lockdown del 2020 quando ci siamo chiusi in sala e abbiamo scritto e suonato tutti i giorni come mai prima d’ora.  Forse la quarantena ci ha obbligati ad andare più a fondo nel processo creativo e siamo entusiasti del risultato. Ci siamo allontanati dalle nostre influenze italiane ispirandoci a quello che è il rock moderno canadese, statunitense e inglese. Per quanto riguarda i testi abbiamo cercato uno stile che fosse solo nostro  provando ad essere il più diretti possibile. Il nostro obiettivo era dare nuova linfa al rock underground, speriamo di esserci riusciti.

a cura di
Staff

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Elisa Manzini

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