I Gazebo Penguins dicono “Quanto”, noi rispondiamo: tanto

I Gazebo Penguins dicono “Quanto”, noi rispondiamo: tanto
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Tornano i Gazebo Penguins con Quanto, le urla romantiche che aspettavamo da anni

Oggi, a mezzanotte, è uscito il nuovo disco dei Gazebo Penguins per Garrincha Dischi e To Lose La Track. Si chiama QuantoChe sia pronome, avverbio o aggettivo, la risposta è “tanto”, a giudicare da tutte le persone che li stavano aspettando da cinque anni.  

Il disco è stato anticipato dai singoli “Nubifragio” e “CPR14”. Non solo: anche da quattro concerti. 

Il primo è stato domenica 4 dicembre: alle 21.30 il Monk Club di Roma era pieno. Sold out il primo live di presentazione di Quanto. “In anteprima mondiale”, come ha ironicamente ripetuto più volte Gabriele Malavasi dal palco. Chi era lì ha ascoltato Quanto, per la prima volta, suonato dal vivo. Mi riesce difficile pensare ad un modo migliore.

Gazebo Penguins live al Monk Club, Roma.
Fonte dell’immagine: pagina Instagram dei Gazebo Penguins

Una scelta colma di significato: per ascoltare ed acquistare in anticipo Quanto bisognava andare ad un concerto. Non uno sterile clic su un link. Uscire di casa, incontrare persone, emozionarsi con loro, sudare tutti insieme. Farsi travolgere dal muro di chitarre, batteria, distorsioni, urla, contro cui ci hanno fatto schiantare i Gazebo Penguins.

Una scelta romantica, almeno per chi come me ritiene che la musica più bella, che ti rapisce davvero, si scopra solo quando ti viene sparata sulle guance fino a fartele arrossare. Una scelta politica, in questo momento storico.

Proprio da questo indissolubile nodo tra i pinguini, il disco e i concerti, è nata l’idea di farne un racconto con-fuso tra recensione e live.

Salgono sul palco, Pietro Cottafavi, Gabriele Malavasi, Andrea Sologni e Riccardo Rossi. Vengono accolti dagli applausi sinceramente emozionati. La prima canzone è anche la prima del disco: Nubifragio. Il pubblico è in un silenzioso ascolto che si protrae per tutta la prima parte del live.

Senza dire una parola i Gazebo Penguins, un pezzo dopo l’altro, ci fanno ascoltare “tutto Quanto” il nuovo disco. Le am-abili mani di Andrea Sologni sul sintetizzatore ci trasportano da una canzone all’altra, in un viaggio di musica in cui non ci lasciano nemmeno un istante soli col silenzio. 

Prima che iniziasse il concerto avevo sentito dire, al banchetto del merchandising, “se ti è piaciuto Nebbia, ti piacerà”. Ed effettivamente il disco sembra la naturale continuazione del precedente, come fosse passato un giorno e come fossero passati cento anni. Proprio Nubifragio” mette tutto in connessione: riprende le fila e i suoni che avevamo lasciato e, dopo un intermezzo dub distorto, elettronico e avanguardista, ci porta nel nuovo lavoro dei pinguini

La canzone dice “togliamo gli angoli dal mondo, facciamo un cerchio” ed ascoltando il disco la cosa più lampante è che quei cerchi della grafica che si muovono e s’intersecano, fluidi, siano la perfetta rappresentazione anche di quello che ci propongono musicalmente. 

Tra post-punk, emo-core, hardcore: un unico flusso musicale lungo poco più di ventisette minuti. 

Cover di “Quanto”, Gazebo Penguins

Se non esiste il vuoto, FayerabendErwin, Cpr14, Cosa fai domani, Uscire. Sono tutte le canzoni di Quanto: alcune più forti, altre leggermente più lente. Io, quando sento “ad esempio penso di amarti adesso, ad esempio penso di odiarti adesso, alla fine penso che sia lo stesso”, non posso fare a meno di sentirmi capita e le labbra aprirsi in un sorriso.

Dal palco arrivava tutta l’urgenza che avevano nel suonare quelle nuove canzoni. Arrivava anche la tipica emozione da prima volta assoluta. Davanti alle casse, il suono fortissimo non bastava a nascondere quell’emozione nei loro occhi, negli sguardi che si scambiavano sul palco. Una specie di soggezione che poi si è totalmente sciolta da quando hanno suonato Finito il caffè in poi: Il tram delle 6, Nebbia, Atlantide, Scomparire, Difetto, Nevica.

È stato semplicemente pogo di ossa sbattute a destra e manca su quelle che sono alcune delle canzoni più conosciute. Tornano le loro ripetizioni continue a martellarci insistentemente, quella forza di portarci all’esasperazione e farci urlare con loro.  

Scendono dal palco, ma in sala tutti intonano un coro spassionato: “senza di te ho perso un po’ di ilarità”, frase assolutamente iconica. I pinguini tornano per altri 4 pezzi: Bismantova, Cinghiale, Correggio, e per finire Senza di te.

Vedo la loro gratitudine, non solo perché più volte ci ringraziano per essere lì. Grato è anche il pubblico, di poter essere lì, di nuovo ad un vero live dei Gazebo Penguins.

Un concerto che sembra velocissimo, forse lo è: alle undici e dieci è già tutto finito e, nonostante le orecchie fischianti, tutti ne vorremmo ancora. O almeno io. 

Gazebo Penguins, foto di Stefano Bazzano

Se dicembre è il mese dei regali, i Gazebo Penguins ce ne hanno fatto uno grande con questo disco e quattro concerti liberatori e bellissimi. 

Se ci fosse una rubrica “consigli per gli acquisti” adesso direi: fatevi un regalo ascoltando Quanto, o fatelo a chi volete bene. Prendetevi un po’ più di mezzo secondo per arrivare fino all’ultima, “Uscire”. Ai suoni di questa canzone che ricordano le ruote di un treno sulle rotaie ghiacciate. 

Quanto mi sembra il disco adatto da mettere la notte di Natale, dopo parenti, panettoni e cioccolate, in macchina. Da soli, guidando, per riprendere fiato e farsi travolgere fisicamente. 

La musica è densa, non sono solo onde sonore passeggere, è materia. Per quanto possibile, scende nel profondo del corpo, dello spazio, del tempo. Attraversa il vuoto, i buchi neri. Ne esce con gli occhi sfocati e abbagliati, urlando disperatamente.

In conclusione c’è poco da dire. Quanto ci piace? Tanto.

a cura di
Lara Melchionda

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