Non c’è fair play in Qatar

Non c’è fair play in Qatar
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Pochi giorni fa è stato ufficialmente inaugurato il campionato mondiale di calcio 2022 del Qatar, l’evento sportivo della FIFA che vanta milioni di spettatori. Da settimane, però, continuano a riecheggiare negli “spogliatoi” del globo rumors sulle presunte irregolarità dell’evento.

La Nazionale tedesca ai Mondiali di Calcio in Qatar che protesta contro la censura FIFA
Mandatory Credit: Photo by Javier Garcia/Shutterstock 13626471f German players cover there mouths in protest as they pose for a team photo Germany v Japan, FIFA World Cup, WM, Weltmeisterschaft, Fussball 2022, Group E, Football, Khalifa International Stadium, Ar-Rayyan, Qatar – 23 Nov 2022 Editorial Use Only Germany v Japan, FIFA World Cup 2022, Group E, Football, Khalifa International Stadium, Ar-Rayyan, Qatar – 23 Nov 2022 Editorial Use Only PUBLICATIONxINxGERxSUIxAUTXHUNxGRExMLTxCYPxROMxBULxUAExKSAxONLY Copyright: xJavierxGarcia/Shutterstockx 13626471f
I giochi sporchi

Accuse di brogli durante le elezioni della sede ospitante, condizioni disumane per gli operai addetti alla costruzione degli stadi e avvertimenti omotransfobici macchiano il “pre-partita” del Mondiale di Calcio 2022.

Uno degli eventi più attesi del mondo sportivo sembra aver scritto la propria storia in un bazar di crimini. Le irregolarità e disumanità qatariote hanno addirittura spinto alcune nazioni a ripensare circa la propria partecipazione o boicottare i giochi in segno di protesta.

Ma cosa ha fatto arrabbiare tanto le confederazioni ed i governi europei?

Le irregolarità nella candidatura

Tutto inizia nel gennaio 2009, quando nella sede svizzera della FIFA, la federazione elegge il Qatar host dell’edizione dei mondiali 2022 con 14 voti favorevoli. Pochi anni dopo salgono a galla le prime accuse mosse dal The Sunday Times contro Mohamed Bin Hammam (presidente AFC) a proposito di presunte tangenti. Secondo il settimanale inglese, il dirigente sportivo avrebbe cercato di corrompere i presidenti delle Federazioni con tangenti da 5 milioni di dollari affinché venisse scelto il Qatar come sede dell’evento. Bin Hammam viene radiato a vita dalla FIFA.

La “mamma” del calcio mondiale si è vista costretta ad aprire dei fascicoli interni sul caso corruzione concludendo le indagini, però, con un’assoluzione. Ebbene, la FIFA conclude: nessuna irregolarità nella scelta del paese ospitante.

Lo schiavismo operaio

Dicembre 2010, Zurigo.
Un febbricitante Joseph S. Blatter (allora presidente FIFA) invita sul palco la delegazione del Qatar per festeggiare la loro vittoria. Il giovane, affascinante e poliglotta sceicco Mohammed bin Hamad Al-Thani pronuncia un discorso di riconoscenza ricco di passione; [in distinte occasioni] racconta degli anni di sofferenza del suo Paese e come il calcio fosse l’anello che congiunge tutti i suoi fratelli del Medio Oriente, mano nella mano nella costruzione dell’impresa.

Peccato che Al-Thani abbia fratelli e fratellastri, visto che il valore delle vite dei (presunti) 6500 operai immigrati morti in Qatar non conti poi tanto.

L’imponente progetto della penisola araba prevedeva la costruzione di 6 impianti completamente nuovi (e la riqualifica di altri 2 esistenti). Al-Khor, Lusail, Doha, Al Wakrah e Ar Rayyan le città che ospitano i palazzetti con capienze fino ad 80.000 spettatori, da far invidia ai più importanti stadi del globo. Insomma, il Qatar sogna in grande e richiede una colossale mano d’opera che solletica l’interesse di migliaia di immigrati da India, Pakistan, Nepal, Bangladesh e Sri Lanka.

Ingenti tasse da pagare, stipendi arretrati, critiche condizioni igieniche e di sovraffollamento, sicurezza e l’impossibilità di lasciare il paese. Sono solo alcune delle criticità a cui è stato sottoposto il miliardo di lavoratori immigrati in Qatar.

Il The Guardian indaga sulle condizioni di vita e salute degli operai e le cifre fanno spavento. Il quotidiano britannico denuncia la scomparsa di 6500 persone decedute durante i lavori di preparazione al mondiale di calcio.

Giugno 2014, l’Organizzazione internazionale del lavoro delle Nazioni Unite apre un fascicolo sulla questione. Inchiesta archiviata nel 2017 dopo che il governo qatariota decide di introdurre una legislazione per proteggere i lavoratori e si impegna a collaborare tecnicamente con l’Agenzia delle Nazioni Unite. Visto l’impegno preso, l’ONU decide di non istituire una commissione d’inchiesta sul presunto sfruttamento nel Qatar.

Tutti fratelli, tranne i migranti, e la comunità LGBTQI+, e gli israeliani, e i giornalisti d’inchiesta

I Paesi del Golfo, si sa, non sono il simbolo del progresso e dell’apertura mentale. Sotto le rigide leggi della Shariʿah le donne hanno conquistato il diritto alla guida solo nel 2018. Contemporaneamente, la democratica Germania festeggiava il quarto mandato affidato ad una cancelliera. Mentre i Paesi Bassi celebrano i quasi 22 anni di unioni civili omosessuali, il Qatar penalizza ancora la comunità queer e lo fa con orgoglio.

In un’intervista per l’emittente tedesca ZDF, l’Ambasciatore dei Mondiali Salman ha invitato i tifosi queer a visitare il Qatar, a patto accettino le loro “regole”. Ha poi proseguito l’ex calciatore «[…] l’omosessualità è haram […] è un danneggiamento della mente», mostrando preoccupazione per i bambini qatarioti che avrebbero dovuto assistere a qualcosa che «non va bene»

Non sono mancate, tantomeno, le discriminazioni nei confronti di giornalisti stranieri. Una troupe della BBC, ed una della norvegese NRK sono state arrestate durante le riprese di un reportage sulle condizioni dei lavoratori migranti. Ad evento iniziato, invece, spopolano sul web video in cui fan qatarioti e sauditi esprimono dissenso nell’ospitare giornalisti israeliani.

Chi dice no

A supporto dei diritti umani e della vera fratellanza nominata invano dagli Al-Thani si sono schierate diverse nazioni e nazionali. Comuni francesi annullano gli eventi pubblici per la visione dell’evento, maglie nere di protesta dalla Danimarca e la nazionale tedesca che si ammutolisce dopo che le è stato impedito di indossare una fascia raimbow.

Il fair play è il pilastro di questi mondiali. Peccato solo nel campo da gioco. Quel campo costruito col sudore e col sangue.

a cura di
Enzo Celani

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Enzo Celani

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