Pride – storia di solidarietà e alleanza

Pride – storia di solidarietà e alleanza
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La prima parata del Gay Pride fu organizzata il 27 giugno 1970 a Chicago, a un anno di distanza dai moti di Stonewall – scontri violenti tra gruppi di omosessuali e polizia di New York, che diedero simbolicamente il via al movimento LGBT. 

A quella, seguirono numerose altre parate con l’intento di smuovere il più gran numero di persone possibili e di occupare le strade, per protestare in nome dell’uguaglianza e dei diritti della comunità LGBTQI+. Sono manifestazioni che tutt’ora continuano ad attraversare le nostre città. 

Oggi, 29 giugno 2022, cade la trentasettesima ricorrenza esatta di un’importante manifestazione che avvenne in Galles nel 1985, a cui presero parte gli attivisti di LGSM (Lesbians and Gays Support the Miners), sostenuti dai minatori scioperanti. 
È proprio della storia di questa parata che ci parla Pride, film del 2014, diretto da Matthew Warchus per Calamity Films, vincitore della Queer Palm al Festival di Cannes 2014. 

I ragazzi dell’LGSM
Pride

Pride è un film che riesce a trattare una ricchissima quantità di tematiche importanti tramite episodi tratti dalla storia vera senza appesantirsi; ha anzi la capacità di farci ridere e riflettere al contempo.  

Il film si apre con il personaggio di Mark Ashton, interpretato da Ben Schnetzer, che partecipa alla manifestazione londinese del gay pride del 1984, dove prende parte anche Joe Cooper, interpretato da George MacKay, figlio gay di una coppia di genitori bigotti e iperprotettivi. Per Mark questa parata è l’occasione di iniziare a diffondere la sua idea: vuole fondare un’associazione, l’LGSM – che sta per Lesbians and Gays Support the Miners – per sostenere i minatori in sciopero nel Galles tramite una raccolta fondi. Qual è l’elemento unificante? Perché scegliere di sostenere proprio i minatori? Perché chi odia i minatori sono “la Thatcher (allora primo ministro britannico), la polizia e i tabloid. Gli stessi che sono contro di noi”, spiega Mark. 

E sono proprio i minatori, nel 1984, ad attraversare un anno particolarmente difficile: decidono di scioperare per 12 interi mesi al fine di evitare la chiusura di 20 miniere, che avrebbe avuto la grave conseguenza di licenziare un altissimo numero di operai; tutto ciò a costo di non ricevere alcuno stipendio per tutta la durata dello sciopero.  

In questo contesto, la solidarietà dimostrata dall’LGSM risulta di fondamentale rilievo. I due gruppi, le due minoranze, uniscono le loro forze e lottano insieme, ognuna per il proprio obiettivo – che diventa un po’ anche l’obiettivo dell’altro – come una famiglia. 

I minatori che aderiscono all’unione con l’LGSM
Dai tabù e dagli stereotipi di una società chiusa e bigotta

Per sostenere i minatori, gli attivisti dell’LGSM si recano nella cittadina di Onllwynn, in Galles. Qui i due gruppi fanno conoscenza e stringono ufficialmente la loro alleanza. Sia qui che a Londra, però, i personaggi devono fare i conti con una società chiusa e bigotta

In particolar modo, la madre di Joe è rappresentativa di quella fetta di società che rimane ancorata alle sue religiose convinzioni e alla sua stereotipica concezione di omosessuale. A tal punto che, non appena scopre che anche suo figlio fa parte dell’LGSM, reagisce in maniera estremamente drammatica e costringe Joe a stare chiuso in casa, privandolo di qualsiasi incontro sociale che non fosse da lei approvato. Significativo è il suo discorso nel tentativo di “riportarlo nella retta via”: gli dice che quella è una vita difficile, solitaria e senza famiglia; dovrebbe passarla a nascondersi. 

…al disprezzo e alla violenza

È tanto sconcertante l’idea che il disprezzo dilagasse così ampio nella società quanto vera: sono numerose le scene che ce lo dimostrano, a partire da ciò che accade durante il discorso di ringraziamento di Mark di fronte ai minatori: silenzio indignato e pubblico che abbandona la sala. 

Questa indignazione è spesso fonte di divisione anche all’interno delle famiglie, com’è stato per Gethin, ragazzo gay dell’LGSM che dichiara di non parlare con sua madre da 16 anni, ovvero dal giorno del suo coming out. Questo stesso personaggio, inoltre, sarà vittima di violenza, per cui sarà costretto in un letto d’ospedale per parecchi mesi.

Le manifestazioni di odio e le minacce costellano diverse scene del film, e il disprezzo è rappresentato anche in vari e numerosi discorsi tra i cittadini; ad esempio, il regista decide di intercettare tra una scena e l’altra la conversazione che avviene tra tre donne a passeggio, preoccupate per la presenza di quel gruppo di omosessuali in paese: potrebbero essere, a detta loro, cattivo esempio per i bambini in quanto “contro natura. Un grande classico, parole che capita di sentire ancora oggi, purtroppo. 

Il tema dell’Aids 

Ciò che non può mancare in un film che rappresenta la tematica LGBT degli anni ‘80 è il dilagare dell’Aids, al tempo erroneamente considerata “la malattia dei gay”. La convinzione è così radicata da essere causa di ulteriori divisioni: una signora, moglie di un minatore, decide di non accogliere gli ospiti dell’LGSM arrivati a sostenerli perché spaventata dalla possibile presenza di quella malattia. Una paura da un lato comprensibile, viste le false credenze che si erano diffuse e vista l’assenza di una cura. E non mancavano di certo le campagne pubblicitarie allarmiste: ad esempio, in una scena vediamo un poster con su scritto: “Hai fatto il test? L’Aids uccide”. 

Inoltre, nel corso della storia, scopriamo che tra i personaggi sono due quelli ad aver contratto questa malattia, tra cui Jonathan Blake, paziente inglese sieropositivo numero 2 – ovvero il secondo al quale è stata diagnosticato l’Aids – ancora miracolosamente vivo. 

Jonathan Blake che balla con alcune donne del Galles, sostenitrici dell’LGSM
La rappresentazione del sesso, la caduta dei tabù 

Pride, tra le altre cose, ripropone e dà uno sguardo alternativo a tabù e stereotipi. Avviene così per i ruoli familiari, ad esempio quando Jonathan incoraggia Sian, signora gallese che prende parte alla lotta, a non limitarsi ad essere moglie e madre, ma ad iscriversi al college e a far valere se stessa in quanto persona in primis, a dare importanza alla propria intelligenza.  

Anche per quanto riguarda il sesso, Pride propone il punto di vista più aperto e contemporaneo sostenuto dagli attivisti, in contrasto alla mentalità chiusa del tempo; il tutto anche attraverso scene leggere, in grado di divertire oltre che far pensare. 

L’evoluzione dei personaggi 

In aggiunta all’evoluzione dei protagonisti, in particolare di Joe che diventa più sicuro di sé e pronto a lottare per la causa, anche alcuni personaggi secondari vedono un’evoluzione significativa e fondamentale. 

Un momento rappresentativo è quello in cui un minatore, inizialmente scettico e contrario all’alleanza con questo gruppo di attivisti, afferma che la festa organizzata con loro “è andata bene in fin dei conti”, aggiungendo che “a volte le persone possono sorprendere”. Sorpresa che risiede nell’aver capito quanto l’essere omosessuali non significhi essere diversi, contrariamente a quanto prima pensasse. 

È bello anche vedere come tra le prime persone a familiarizzare con i membri dell’LGSM ci siano le anziane del paese che, con apertura mentale, empatia e umanità, capiscono le esigenze e il punto di vista degli attivisti, imparando a sostenerli e a volergli bene senza pregiudizio alcuno. 

La rappresentazione mediatica 

Pride ci dimostra, ad ulteriore conferma del disprezzo che la società del tempo riversava nei confronti degli omosessuali, come questi fossero rappresentati in malo modo mediaticamente. Allo scoprire che i minatori del Galles avevano stretto alleanza con l’LGSM, i giornali iniziano a pubblicare articoli che recitano frasi quali “minatori supportati da una banda di pervertiti. Sapevamo che i minatori erano disperati, ora abbiamo la conferma”. 

Una rappresentazione che non fa altro che alimentare il problema della discriminazione. 

Mark Ashton alla parata del 1985
La stretta di mano: solidarietà, unione e fratellanza 

Ciò che più conta in Pride è il sentimento di solidarietà che si è creato tra il gruppo di attivisti e i minatori, senza il quale non sarebbe stata possibile né la vittoria dei lavoratori in sciopero, né una maggiore visibilità all’LGSM

Simbolo della loro unione e fratellanza è la stretta di mano che, come ci viene spiegato nel film, nel mondo dei minatori ha proprio il significato di alleanza; infatti, il film si conclude con le immagini della parata dell’85, sul cui sfondo vi è uno striscione con questo simbolo, e sulle note del brano “There is power in a union” di Billy Bragg; tutto per sottolineare quanto le vittorie raggiunte siano state possibili grazie a questa unione fraterna, grazie a queste numerosissime e diverse voci che si sono alzate forti e all’unisono in nome dell’uguaglianza. 

a cura di
Gaia Barbiero

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Gaia Barbiero

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