La libertà è partecipazione – Chi è Giorgio Gaber?

La libertà è partecipazione – Chi è Giorgio Gaber?
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Forse il più rock fra i cantautori italiani, non soltanto per la musica ma sicuramente per le idee, esplicitate in testi che racchiudono preziosi tasselli della storia del nostro paese

Gli esordi milanesi
Foto di Luigi Ciminaghi

Giorgio Gaberscik, in arte Gaber, nasce il 25 gennaio 1939 a Milano. E’ figlio del jazz e del rock’n’roll, quel rock che arriva in Italia al Palazzo del Ghiaccio di Milano il 18 maggio 1957, dove si svolge il Primo Festival Nazionale del Rock and Roll: una serata travolgente a cui partecipano molti artisti, fra cui spiccano Adriano Celentano e Giorgio Gaber.

Nel video i due ricordano con ironia la genesi di “Ciao ti dirò” nel 2008

Gaber comincia proprio così, suonando la chitarra nei locali milanesi alla fine degli anni 50, nel particolare al Santa Tecla. La chitarra è all’inizio per lui un esercizio salutare, poiché a causa della poliomielite cui fu soggetto da bambino, gli fu consigliato d’esercitare attivamente le dita delle mani, e diventa poi col tempo una vera e propria passione che lo porta infine a suonare nei locali milanesi. E’ in queste notti di musica e applausi che il giovane chitarrista viene notato da Mogol, un incontro cruciale che dà inizio alla sua carriera. Raggiunge il grande pubblico però dopo la pubblicazione di canzoni che, in breve tempo, diventano successi, come La ballata del Cerutti, Goganga e Porta Romana. Inizia in parallelo anche una carriera televisiva come presentatore/mattatore che lo consacra rendendolo un personaggio noto al pubblico italiano.

Gli anni 70: la nascita del teatro canzone

Con l’arrivo degli anni 70 Gaber inizia a cambiare rotta, pubblicando altre canzoni che riscuotono molto successo e che cominciano ad essere socialmente e politicamente impegnate, come Suona chitarra, Maria Giovanna, La chiesa si rinnova. Dalla necessità di trovare una nuova sede a questi brani, che sia un luogo altro rispetto alla televisione, nasce l’incontro della canzone con il teatro, tutto figlio della nuova concezione artistico-musicale di Giorgio Gaber. La parola chiave, per comprendere il genere del teatro canzone, è infatti “impegno“.

Foto scattata durante le tournée teatrali del ’69 e ’70 con Mina

Sarà Paolo Grassi, figura fondamentale del Piccolo Teatro di Milano, ad invitare Gaber a lavorare ad una serie di spettacoli. Ottobre, novembre e dicembre in provincia (in linea con l’idea di “decentramento” che Il Piccolo porta avanti) e finalmente, dal 12 gennaio del 1971, tredici giorni filati nella storica sala milanese di via Rovello.

Il Signor G, la svolta

Nasce così Il Signor G , spettacolo teatrale in due atti, alterna parti monologanti a sezioni cantate, in cui la musica ricopre sempre un ruolo fondamentale, trasformandosi spesso e volentieri in musica imitativa, caratteristica che sarà poi presente anche in Dialogo tra un impegnato e un non so, basti pensare a brani come L’ingranaggio – il pelo – l’ingranaggio.

Talvolta la voce si inserisce perfettamente all’interno di un coro, che sottolinea i momenti cruciali, accompagnamento perfetto alle parole come ad esempio avviene in I borghesi, brano presente in Il Signor G:

(…) i gesti preparati degli attori attori consumati 
che dicono la battuta e ascoltano l’effetto 
e io ero li come una comparsa vivevo la commedia 
anzi no la farsa.

Giorgio Gaber

Canzoni, quelle di Giorgio Gaber che sono lucide fotografie di un’Italia in movimento, come lo sono i giovani intellettuali che a cavallo fra gli anni 60 e gli anni 70 covano la speranza di un reale cambiamento, di una rivoluzione, che però non arriverà mai.

Autentica analisi di una classe dirigente che ha perso ogni slancio, si è assopita e si trascina il peso di consunte idee, che non possono attecchire in una generazione pronta a cantare che Dio è morto per le strade. Gaber ce l’ha ben presente e con ironia afferma: La Chiesa si rinnova!

E se in qualche parte del mondo c’è un dramma
il papa è sempre pronto e manda un telegramma
nel testo si commuove depreca è solidale
insomma gli dispiace come a uno normale

La Chiesa si rinnova – Giorgio Gaber

Registrazione dello spettacolo teatrale, presente su Spotify!

Una generazione che è pronta ad agire, carica di buoni propositi ma priva di unità e compattezza, come solo il triste epilogo degli anni 70 potrà svelare.

Dialogo tra un impegnato e un non so, l’intellettuale lungimirante

La lungimiranza di Giorgio Gaber però sta tutta nell’evoluzione della forma del teatro canzone, che avviene con Dialogo tra un impegnato e un non so (1972-73). Spettacolo in due atti, che ha un impatto ancora maggiore rispetto al precedente, i cui testi scritti da Gaber possono essere stati all’epoca ciò che sono per noi oggi: cosciente analisi d’un epoca, con la sottile ironia che sempre caratterizza il genio.

La forma qui si evolve, diviene più prosaica ma svela spesso il suo poetico rivolgimento nell’alternanza fra Dialoghi e Canzoni, che si presentano talvolta con una forma ibrida, quella della canzone-prosa, come ed esempio succede in Gli Intellettuali. Una scissione che sottolinea la contraddizione che c’era nelle posizioni politiche di certi intellettuali italiani e l’abisso che separa sempre il dire dal fare, nel brano Gli intellettuali, egli dà voce ad uno di loro:

Gli operai, oh intendiamoci, io sono più a sinistra di loro, è che tanto non si può far niente. Toh, un po’ di vento, questa foglia che mi batte su un occhio? Agire dicono, bisogna agire, che fastidio questa foglia, bisogna vedere come si agisce e se si può agire, intanto batte eh, cosa posso fare? Niente, non c’è niente da fare.”

Giorgio Gaber

Registrazione dello spettacolo teatrale, presente anch’essa su Spotify!

Una ricercatezza ed una pretenziosità, criticate da Gaber, che con lucidità percepisce la vuotezza delle loro idee e dei loro ideali “di sinistra”, una posizione politica la loro, che sopravvive solo se è in opposizione con una “destra” o meglio, con l’idea della destra consunta e anti-realistica, che ripudiano con orgoglio. Mai banale, nel 1994 canterà, in Destra-sinistra (traccia in E pensare che c’era il pensiero), con ironia e disincanto:

“La patata per natura è di sinistra
spappolata nel purè è di destra
la pisciata in compagnia é di sinistra
il cesso é sempre in fondo a destra.

Ma cos’é la destra, cos’é la sinistra?”

Giorgio Gaber

Disegnando così una perfetta parabola del suo modo di guardare la classe dirigente italiana.

Purificarsi di dentro: lo shampoo

Nei dialoghi Gaber interpreta la parte del non so, sottoponendo le certezze dell’impegnato, a vera e propria vivisezione. Con feroce satira rivolge poi lo sguardo allo Stato, in quello che è diventato negli anni il suo cavallo di battaglia: Lo shampoo.

Poche parole possono rendere realmente ciò che abbiamo bisogno di vedere con gli occhi: un artista vero e proprio, che di sera in sera varia la sua performance, concedendo sempre ai suoi spettatori momenti di autocoscienza e sano umorismo.

La libertà non è star sopra un albero

E’ fondamentale, per capire l’uomo Gaber, comprendere che il suo interesse primario sta in ciò che è umano e dunque nell’esistenza stessa degli esseri in quanto tali. Basti pensare a La libertà, di cui quasi tutti ricordano il ritornello preceduto da versi chiari, che si esprimono su ciò che la libertà “non” è.

La libertà
non è star sopra un albero
non è neanche avere un’opinione
la libertà non è uno spazio libero
libertà è partecipazione

Giorgio Gaber

In totale La libertà risuona ben tre volte durante lo spettacolo di Dialogo tra un impegnato e un non so, ma se in Dialogo I ha una funzione introduttiva, che invita lo spettatore a ricercare il tema della canzone nei brani seguenti, qui si presta invece ad una interpretazione lirica e potente che è quella che Gaber dona al suo pubblico in quegli anni.

L’ultima volta, al contrario il ritornello della canzone suona più amaro, riempiendo di nuovo significato i versi, con una voce, quella di Gaber, che si fa coro immergendosi via via in esso. Tutto ciò sottende una consapevolezza da parte dell’artista, quella di essere parte della borghesia che critica con ferocia, parte degli intellettuali di sinistra contro i quali si schiera. Eppure tutto questo per lui non esclude la possibilità di un cambiamento che deve avvenire dall’interno.

“È cambiarsi davvero, è cambiarsi di dentro che è un’altra cosa

Un’idea – Giorgio Gaber

Chi è Giorgio Gaber?

E’ stato un artista autentico, come ne sono esistiti pochi in Italia. La sua testimonianza è quella, di una “generazione che ha perso”, come lui stesso sottolinea, che non ha fatto la rivoluzione. Una generazione che ha visto i sogni e le speranze crollare pian piano.
Gaber lascia a noi giovani che ascoltiamo le sue canzoni la voglia di agire, di cambiare il presente per rendere il futuro un posto migliore, più umano e a nostra portata.

I suoi testi ci insegnano che per cambiare le cose bisogna avere il coraggio di “muoversi”, di scendere per le strade, urlare le proprie idee: con tutta la rabbia e con tutto l’amore (parafrasando Il Signor G dalla parte di chi). Affinché l’urlo delle generazioni che ci hanno preceduto non resti inascoltato, ma si fonda a quello delle generazioni presenti e future.

Lo intuisce Giorgio Gaber, che parla ad ogni generazione, in una di quelle interpretazioni che non possono lasciarvi indifferenti di C’è solo la strada, da Anche per oggi non si vola.

a cura di
Letizia De Mase

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