Material fields pubblica il suo primo omonimo album

Material fields pubblica il suo primo omonimo album
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Il 22 aprile 2022 è uscito il primo omonimo album di Material fields Si tratta del progetto solista di Lorenzo Pasini, familiare ai più come chitarrista dei Pinguini Tattici Nucleari.

L’album unisce il prog rock moderno di Steven Wilson e Porcupine Tree ai Nine Inch Nails, contamina Jeff Buckley con le atmosfere scure di James Blake, prende le esperienze rock e grunge degli anni ’90 e le mescola al pop contemporaneo e ai paesaggi sonori degli ultimi lavori dei Leprous. Noi lo abbiamo intervistato!

Ciao Lorenzo, benvenuto su The Soundcheck! Partiamo diretti col chiederti del tuo nuovo album omonimo Material Fields, qual è l’immagine che accompagna secondo te tutto il disco?

È un disco piuttosto vario, non è semplice racchiuderlo in un concetto solo, ma dovendo provare direi che la sensazione più trasversale è un filtro di malinconia che permea le varie canzoni. Questo filtro si aggiunge alle altre emozioni presenti nel disco, siano esse felicità, rabbia, innamoramento, tristezza o qualsiasi altra, quindi non lo considero un disco propriamente malinconico, ma è probabilmente l’elemento che lega i pezzi più di ogni altro.

Può essere considerato come un album autobiografico oppure si riferisce ad uno stato d’animo generale?

Entrambi credo. In questo disco ho cercato di espormi, di esprimere sia a livello musicale che lirico i miei stati d’animo, le mie emozioni e le mie opinioni, quindi l’elemento autobiografico c’è eccome. D’altra parte credo che molto di quello che tratto nell’album possa relazionarsi direttamente con le esperienze di chi lo ascolta. Nei testi parlo di come l’amore possa lenire la paura della morte, o del desiderio di potersi prendere una pausa da sé stessi per interrompere un pensiero ossessivo, o ancora di come a volte non sia chiaro capire come ci sentiamo nei confronti di noi stessi, se ci collochiamo nei “buoni” o nei “caIvi”, e di molte altre riflessioni che possono riguardare la vita di chiunque.

Qual è la traccia che secondo te condensa al meglio il senso di tuo il disco?

Come dicevo è veramente difficile per me racchiudere il disco in una sola immagine, e lo è altrettanto farlo con una sola canzone. Uno dei pezzi a cui sono più legato è “Sew“, il brano che chiude il disco: è una canzone d’amore che esprime qualcosa a cui tengo molto, e credo riesca a farlo molto bene. Ha sia l’intimità di alcune canzoni, sia il colore e lo spazio di altre, quindi forse “Sew” può essere una buona risposta.

la copertina di Material Fields

Lorenzo, sei stato parte del gruppo prog rock, Marsyas, e sei tutt’oggi il chitarrista dei Pinguini Tattici Nucleari: come e quando nasce l’idea di iniziare il tuo progetto solista?

Durante il primo lockdown ho trovato il tempo di lavorare ad alcune idee che avevo raccolto, e da lì è partito il processo creativo che ha portato alla scrittura di tutti i pezzi. Mi sono ritrovato con molte canzoni scritte, diverse delle quali avevano uno stile e un filo conduttore comune per me, ma che non sentivo potessero essere rappresentate in nessuno dei progetti che avevo già in essere. L’idea di creare un progetto ad hoc è venuta di conseguenza, e avendo scritto e prodotto tutti i brani aveva senso fosse un progetto solista.

Quali sono gli artisti, immaginiamo prog rock, a cui ti sei ispirato per la creazione del tuo album?

C’è sì tanto prog rock, sono un grande fan di Steven Wilson e Porcupine Tree ad esempio, ma in realtà credo che nel progetto sia confluito tutto quello che ascolto e apprezzo, come i Nine Inch Nails, il rock e il grunge anni ’90, Jeff Buckley o i Talking Heads giusto per citare le prime influenze che mi vengono in mente.
Uno degli aspetti che stimo del percorso di Wilson, e che credo mi abbia guidato in questo disco, è la libertà dai generi, il rifiuto di limitare il proprio output artistico per farlo aderire a dei canoni stilistici riconosciuti e “impacchettarlo” per una specifica scena musicale.
Non è una scelta semplice, specialmente in un mondo sempre più orientato verso correlazioni e playlist, ma può valerne la pena se credi nella bontà di ciò che scrivi.

Anche la copertina è molto interessante: qual è l’idea che c’è dietro?

Quando è arrivato il momento di pensare alla copertina ho riflettuto su cosa potesse veicolare al meglio l’idea dei “Campi Materiali” invisibili nei quali siamo immersi, come ad esempio le onde radio.
Mi è venuto in mente il classico esperimento, fatto solitamente alle scuole elementari o medie, dove si usano delle calamite per modellare la polvere di ferro, che quindi si muove e si dispone seguendo il campo magnetico, qualcosa di per sé invisibile, ma con degli effetti evidenti. Ho quindi contattato il fotografo e amico MaIa Lazzari, che ha lavorato spesso con la macrofotografia, per realizzare l’immagine partendo appunto dalla limatura di ferro. La particolarità che mi affascina della macrofotografia è il modo così spesso alieno con cui restituisce immagini solitamente familiari, e mi è sembrato quindi il veicolo ideale per ritrarre qualcosa che c’è, è ovunque, ma non notiamo quasi mai.

Credi che il prog così come c’è stato in Italia negli anni 70 possa ritornare in auge e magari essere apprezzato come dovrebbe?

Prevedere cosa succederà nei prossimi anni a livello musicale è piuttosto complesso, ma credo ci sia spazio per un’idea di musica che ignori i limiti stilistici e con la voglia di provare qualcosa di nuovo, ovvero quello che rappresentava il prog quando è nato. Ciò che secondo me ha quasi ucciso il progressive è stato proprio il cristallizzarsi in una forma definita e prevedibile, perdere quell’elemento di innovazione e sorpresa che ne era stato il motore. Certo non è semplice capire se e quando un tale grado di sperimentazione incontrerà nuovamente il gusto di un pubblico così ampio, ma quando succederà allora avremo le condizioni per la nascita di una nuova, florida scena prog, qualsiasi cosa significherà “prog” quando questo accadrà.

a cura di
Staff

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Valentina Vitrani

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