Franz Campi: “L’originalità di questo album è il meticciato di stili e musicisti coinvolti”

Franz Campi: “L’originalità di questo album è il meticciato di stili e musicisti coinvolti”
Condividi su

Franz Campi pubblica “Il Sentimento Prevalente”, prodotto e arrangiato da Davide Belviso. Questo nuovo lavoro discografico dell’artista è un tuffo nell’anima e non solo. Infatti spinge l’ascoltatore a fare tutte quelle riflessioni che, più o meno inconsciamente, tutti cerchiamo di evitare.

Cantautore, presentatore, conduttore televisivo e radiofonico e ideatore di rassegne dedicate alla musica, alla poesia, al fumetto e alla letteratura, Franz Campi con questo album va oltre le aspettative. In occasione dell’uscita de “Il sentimento prevalente” abbiamo incontrato l’artista che si è raccontato nella nostra intervista.

Hai pubblicato “Il Sentimento Prevalente”, in cosa è unico questo lavoro discografico?

Bè, le circostanze in cui è nato sono le stesse di tanti altri progetti di questi ultimi due anni. Chiusi in casa e allontanati dal nostro mondo, dalle sale prove, dagli studi, dai palcoscenici… In molti siamo precipitati nello sconforto, eravamo alle corde. Ma la tecnologia ci ha permesso di rimbalzarci idee, di suonare e condividere le registrazioni del progetto che avevo in mente. L’originalità di questo album è il meticciato di stili e musicisti che sono stati coinvolti. Si va dall’intuizione di Gabriele Orsi nata dentro un bar, alla precisione delle parti scritte e spedite in giro per l’Italia da Mariano Speranza ai suoi Tango Spleen. Il tutto governato magistralmente da Davide Belviso, co-autore, strumentista in diverse tracce e arrangiatore del disco. Poi successivamente dall’apporto prezioso di Renato Droghetti della San Luca Sound. Un gioco di squadra preciso e oliato come se fossimo tutti parti di un’unica band dopo un lungo tour. E infine le canzoni. Tutte legate da un filo, tutte che parlano la stessa lingua fatta di legni e corde. E di storie di vita
vissuta.

Cosa vuoi comunicare a chi lo ascolta?

Che c’è una speranza. Ma non è una lezione. È una riflessione che condivido con i miei amici che hanno raccolto l’invito a partecipare alla realizzazione de “Il sentimento prevalente”. Il desiderio di ricordarci che non sono le emozioni negative, la paura, il dolore, le preoccupazioni… ad avere il sopravvento. Quasi sempre ci dimentichiamo quanto c’è di prezioso nelle nostre vite: l’amore per chi c’è a fianco come i figli, i compagni, gli amici…E poi le passioni che riusciamo a coltivare come quella per l’arte, lo sport, la Natura, la cultura, la musica, gli animali… E ancora: la solidarietà verso gli altri che si esprime in mille gesti e nell’associazionismo che contribuisce addirittura a tenere in piedi il nostro sistema di welfare nazionale… Insomma, una serie di bellezze, di doni e di grazia che diamo sempre per scontato ma che sono il sale della nostra esistenza.


Nell’album parli di tematiche importanti… Raccontami la nascita di “quello che non ho” e “lettera di un condannato a morte della resistenza” che trattano due temi molto forti….

Il primo mi è stato ispirato da un lavoro e scambio di opinioni con Luigi Bernardi, editore e scrittore che rimpiangiamo in tanti. La sua riflessione riguardava i delitti che si stavano moltiplicando nel nostro Paese e che avevano preso il sopravvento rispetto a quelli “classici” dovuti prevalentemente a motivi economici (furti, rapine, ricatti…). Ora sono i femminicidi, o altri fatti dai moventi apparentemente inspiegabili, a riempire le pagine delle cronache. In questo brano ho provato a raccontare come la mancata accettazione della sconfitta, dei tanti “no” che ci riserva la vita e della sua complessità possa trovare sfogo nella violenza. E spesso sono la parte più indifesa, le donne, a pagare il maggior prezzo. Nella canzone faccio parlare un assassino. Per condividere con chi ascolta l’importanza che noi padri e
madri abbiamo nell’educare i nostri figli. “Lettera di un condannato” invece ricorda cosa sia stata la ribellione alla reale mancanza di libertà. Dopo tanti deliranti richiami alla “Dittatura sanitaria” per via delle rigide misure adottate per evitare il moltiplicarsi di altri morti durante la Pandemia, mi piace rimettere al centro della memoria quello che è stato il passato, la vera dittatura. E la fine a cui sono andati incontro uomini e donne coraggiose affinché noi oggi potessimo esprimere le nostre opinioni.


La discografia italiana ha avuto tanti cambiamenti, secondo te oggi in che direzione sta andando?

Sono un uomo di altri tempi. Il mio primo lavoro discografico era un 45 giri di vinile. Sembra di parlare di dinosauri. Ora la musica è “liquida”. Non si vendono più nemmeno i CD. I negozi di musica dove si passavano le ore ad ascoltare
le novità e a discutere di band e dei loro lavori, sono scomparsi. Per noi musicisti è sempre più dura. Le multinazionali, con le loro universali piattaforme, macinano migliaia di nuovi brani ogni giorno. Prosperano alle nostre spalle restituendoci le briciole. Le canzoni spesso sono costruite su dei loop. Davanti a un computer. Ma ci sono ancora due motivi di grande speranza: da una parte la continua necessità di nuove musiche per mille utilizzi come per serie tv, per i parchi giochi, per i video games… e dall’altra l’enorme successo dei Maneskin che ha rimesso in braccio ai
ragazzi chitarre, bassi e batterie.

Oggi si presta molta attenzione alla tematica ambientale e tu conduci un programma televisivo che tratta proprio
questo argomento… cosa si potrebbe fare di più per aiutare il nostro pianeta?

Consumare meno. Ridurre gli sprechi energetici, investire sempre di più sulle fonti rinnovabili ma senza integralismi poco realistici, viste le nostre necessità. Regolare meglio la temperatura di termosifoni e condizionatori. Fare la spesa premiando le filiere produttive, la marche, che rispettano veramente l’ambiente. Più istruzione, più empatia per gli altri e per la meraviglia del Creato. Tutte belle ricette che improvvisamente sembrano carta straccia davanti alla
guerra alle nostre porte. Bombe e devastazione. Non vediamo l’ora termini questa follia. Siamo tutti angosciati.
Nei tempi bui ci vuole ancora più musica per aiutarci a superare le difficoltà. Per affrancarci dagli incubi, per
ballare e anche per ragionare. Coltivando uno spirito positivo e i propri sogni. Meglio se piccoli, per agguantarli prima.

A Cura di

Carola Piluso

Seguici anche su Instagram!
LEGGI ANCHE – Benedetto Chieffo: “Un’esperienza nuova e affascinante”
LEGGI ANCHE – La musica come input, rifugio e libertà: l’intervista dei Malamore
Condividi su

Carola Piluso

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *