Oscar 2022: Quale sarà la migliore colonna sonora?

Oscar 2022: Quale sarà la migliore colonna sonora?
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Gli Oscar hanno da sempre rappresentato un riconoscimento importante per le colonne sonore dei film. La musica per il cinema, infatti, ricopre il ruolo di stabilire lo stato d’animo delle sequenze. Anche quest’anno gli Academy Awards incoroneranno la migliore tra le cinque soundtrack nominate. Vediamo un po’ di quali si tratta

Quando il premio Oscar per la migliore colonna sonora venne istituito nel lontano 1935, nessuno si sarebbe immaginato un così tale ventaglio di capolavori composti di lì agli anni a seguire. La prima statuetta è stata assegnata al regista e compositore Victor Schertzinger per la commedia musicale “Una notte d’amore”.

Durante la Golden Age del cinema, i grandi classici sono stati accompagnati da altrettante colonne sonore di rilievo. Citiamo tra queste quella composta da Herbet Storhart per il cult “Il mago di Oz” e la musica creata per il cartone musicale “Dumbo” da Frank Churchill e Oliver Wallace.

Divincolatasi col tempo dal genere cinematografico del Musical, la soundtrack dei film ha iniziato ad assumere sempre di più le sembianze di una forma d’arte a sé stante. Sfruttando la capacità della musica di trasmettere messaggi e rafforzare momenti drammatici e di dialogo, il cinema ha investito di anno in anno su veri e propri compositori, in grado di elevare qualitativamente le sorti di un film. Le colonne sonore sono, di fatti, una sorta di rilevatore di emozioni.

Il tocco di classe degli italiani

Nell’ampia platea di grandi musicisti di riferimento, è impossibile non citare i nostri connazionali. Nino Rota ha composto le indimenticabili e trionfanti musiche per “Il Padrino” grazie al quale vinse l’Oscar nel 1975. Nel 1999 Nicola Piovani ottenne la statuetta per il film di Roberto Benigni “La vita è bella”.

Tra i compositori italiani più influenti è impossibile non includere Ennio Morricone. Dopo ben cinque nomination agli Oscar, solide collaborazioni con registi del calibro di Sergio Leone e Giuseppe Tornatore, un Oscar alla carriera, Ennio Morricone vince la statuetta nel 2016 per “The Heightful Height” di Quentin Tarantino. Nonostante il riconoscimento più ambito sia arrivato davvero troppo tardi per il genio Morricone, le sue colonne sonore eteree, raffinate e commoventi rimangono dei pilastri della storia della musica per il cinema.

AFP
Le candidature del 2022

Tra le candidature di quest’anno spuntano vecchie conoscenze degli Academy Awards come Hans Zimmer e Johnny Greenwood. Intanto, è possibile notare un’importante versatilità di generi e musicalità grazie all’inserimento nella cinquina di film in lingua spagnola come “Madres Paralelas” e altri dall’impronta sudamericana, ovvero “Encanto”.

“Don’t look up” propone brani che invitano a riflettere sul nostro futuro, mentre “Dune” tramite le sue lunghe tracce strumentali, trasporta il pubblico verso luoghi esotici. Proviamo ora ad analizzare e a scoprire le cinque soundtrack di questo faticoso anno, cercando di comprendere le ragioni per le quali gli Academy considerino le stesse come le migliori dell’anno. Di seguito le cinque colonne sonore originali dei rispettivi film sottoelencati:

Don’t Look Up 
Dune 
Encanto 
Madres paralelas
Il potere del cane

Don’t look up

“Don’t look up” è l’ultimo film del regista Adam Mckey, conosciuto ai più per l’Oscar alla migliore sceneggiatura per “La grande scommessa”. Si conferma come un film originale che affronta tematiche contemporanee con incredibile ironia. Quando la dottoranda in astronomia ed il suo professore scoprono che una cometa non identificata nello spazio si sta avvicinando pericolosamente alla terra avvisano subito la Casa Bianca.

La presidente rinuncia al piano di prevenzione dell’impatto per inseguire il profitto, sottovalutando, così, il problema. Infatti, secondo alcuni milionari, la cometa possederebbe importanti materiali utili per tecnologia da cui si ricaverebbero copiose somme di denaro. L’opinione pubblica, allora, si divide tra chi crede all’imminente fine e chi, invece, nega la veridicità dell’evento in puro stile negazionista.

La colonna sonora è firmata da Nicholas Brittell, compositore americano già candidato per il film “Moonlight”. Quella di “Don’t look up” non è solo una musica di accompagnamento ma costruisce pezzo dopo pezzo, scena dopo scena, la tensione drammatica, invogliando lo spettatore ad alimentare la sua sete di curiosità.

Composta da 31 brani, si caratterizza per la sua poliedricità. Il senso di catastrofe imminente si percepisce attraverso tracce incalzanti e pieni si suspense come “Discovery” e “The End”, la cui ritmicità comunica un senso di malinconia.

Due star per la musica di Don’t look up

Degne di nota sono le due canzoni non strumentali ovvero “Just look up” e “Second Nature”. La prima, cantata da Ariana Grande e Kid Cudi, rivela sonorità affini al pop blues. È un invito a non negare l’evidenza della cometa, ad abbandonare ogni tipo di remore nei confronti del futuro ed iniziare ad agire per cambiare le sorti della terra. Nel film rivolti verso un parterre gremita di persone, i due cantanti motivano gli spettatori a guardare in alto e a vedere finalmente la realtà dei fatti. Solo così si potrà sopravvivere.

Bon Iver è l’autore del brano “Second Nature”, un emozionante canto che rimanda a problematiche moderne come i cambiamenti climatici. Il film e la sua musica sono una metafora agghiacciante del presente. Comunque vada, la natura troverà il suo modo di stabilizzarsi magari sbarazzandosi di noi superflui omuncoli. Nel testo, Bon Iver si domanda “È colpa nostra?”. Ebbene sì, perché siamo così abituati ad un mondo a pezzi che non ci facciamo neanche più caso.

Encanto

Il nuovo film Disney “Encanto” racconta le vicende della speciale famiglia Madrigal e della loro Casita, abitazione custode insieme ad una candela sempre accesa, dei loro poteri. Grazie al sacrificio del nonno Pedro, ogni membro della famiglia possiede un dono. La protagonista Mirabel, l’unica tra i suoi parenti a non averlo ricevuto, è sempre in prima linea nell’aiutare i suoi amici. La magia dei Madrigal, però, è in serio pericolo e spetterà proprio alla più normale tra i suoi componenti, Mirabel, risolvere la situazione per riportare l’armonia di un tempo.

Se la storia di “Encanto” risulta un po’ priva di eventi di grande portata o di reali antagonisti, ciò che viene principalmente apprezzato del film è il messaggio. Quest’ultimo risiede nella presa di coscienza di quanto ognuno di noi è di sicuro speciale a modo suo. Non servono poteri specifici per determinare il nostro posto nel mondo.

La colonna sonora di “Encanto” è composta da Lin – Manuel Miranda e musicata da Germaine Franco. Questa è in linea con l’obbiettivo comunicativo del film: accompagna Mirabel nella scoperta di sé mentre intrattiene con motivetti orecchiabili il pubblico. Di fatti, la canzone “We don’t talk about Bruno” è salita tra i primi posti delle classifiche.

Questo grazie alla diffusione capillare del pezzo sui social, tra cui tik tok, in cui gli utenti hanno potuto ideare delle scenette. La soundtrack, realizzata in funzione del film, è un mix intelligente di sonorità folkloristiche colombiane e beat moderni e commerciali. Soluzione adottata in modo da dare un’allure contemporanea ad una colonna sonora riferita ad un periodo non ben definito.

Lin Manuel – Miranda e la sua musica

La musica che accompagna “Encanto” rafforza la personalità dei personaggi sia grazie alle linee melodiche utilizzate sia al tono che Lin-Manuel Miranda conferisce alle canzoni. Nel brano “Waiting on a Miracle” è evidente, ad esempio, sia nel testo che nel ritmo, la personalità speranzosa della protagonista interpretata da Stephanie Beatriz. Nel pezzo finale “All of you”, invece, grazie ad un emozionante canto corale, si mette in luce, con profonda onestà, il vero spirito del film: la felicità consiste in una solida unione familiare e non i pretenziosi talenti.

Ad ogni personaggio è affidata, così, una canzone, la quale dà supporto ed esplicita la natura dei protagonisti, le loro gioie e sofferenze. Il risultato di un così coerente allineamento è dovuto al coinvolgimento di Lin -Manuel Miranda. L’artista non è un novellino del mestiere. Lin Miranda, infatti, è conosciuto per aver composto le soundtrack di “Oceania” e “Mary Poppins”, oltre che per il suo straordinario debutto come regista nel film musical su Jonathan Larson “Tick Tick…Boom”.

Nei brani realizzati per “Encanto” ha mostrato una grande capacità di combinare tradizione e pop alle quali si sommano sonorità latine favorite dalla ripresa delle chitarre acustiche. Alla luce di ciò e dopo aver constatato come la bellezza del film “Encanto” soggiorni nell’uso di un immaginario fiabesco e colorato associato ad un’altrettanta variopinta musicalità, non possiamo non ipotizzare una sua possibile vincita.

Il potere del cane

“Salva l’anima dalla spada, salva il cuore dal potere del cane”. Questo versetto tratto dal libro dei Salmi sembra essere il fulcro dell’enigmatico film di Jane Campion “Il potere del cane”. Per sopperire ad una trama lacunosa, Campion offre una regia attenta, minuziosa e soprattutto estremamente simbolica. Ciò che non viene detto esplicitamente nel film, è, però, mostrato. “Il potere del cane” esaspera visivamente un messaggio omoerotico strozzato di proposito dai personaggi stessi.

Il visivo è supportato da un magnifico sonoro che lega perfettamente scene talvolta sconnesse tra loro e conferisce credibilità ed atmosfera a sequenze che altrimenti risulterebbero incomplete. La colonna sonora della pellicola, tratta dal romanzo di Savage, è composta niente di meno che da Johnny Greenwood.

Il polistrumentista britannico oltre che essere il famoso chitarrista della band Radiohead, già di sé garanzia di qualità, è un prolifico compositore di musiche per film. Di fatti, l’uomo ha spesso lavorato con registi del calibro di Paul Thomas Anderson in film quali “Il petroliere”, “The Master”, “Vizio di forma” e “Licorice Pizza”, quest’ultimo candidato agli Oscar 2022.

Breve Trama

“Il potere del cane” narra le vicende di due fratelli, proprietari del ranch di famiglia. Durante la transumanza, fanno la conoscenza della vedova Rose e di suo figlio Peter. Quando George, il fratello più gentile, si innamora di Rose, Phil, quello più rude, inizierà a rendere la vita di sua cognata molto difficile.

A causa delle angherie subite da Phil, Rose si rifugia nell’alcol. Intanto il figlio Peter, ragazzo all’apparenza fragile e sottomesso, dopo un iniziale scontro con Phil, instaura con lui un rapporto di fiducia ma che, in realtà, cela una trattenuta attrazione.

Mentre il burbero e a tratti puerile Phil manifesta pulsioni insieme sessuali e paternalistiche nei confronti di Peter, quest’ultimo pianifica per l’uomo tutt’altra sorte. Un destino tenuto nascosto, rivelato solo nel finale del film da un sadico sorriso.

La colonna sonora de “Il potere del cane” è il vero personaggio

Johnny Greenwood associa con maestria strumenti e ritmicità ad ogni personaggio e situazione. Se i paesaggi sono caratterizzati dal riverbero del corno, il pianoforte meccanico e discordante si riferisce all’indole sempre più interrotta di Rose. L’utilizzo esasperato di archi motiva momenti di tensione che altresì perderebbero di pregnanza emotiva. Il suono soffuso della chitarra acustica si adatta ad un western moderno e stabilisce il tono delle sequenze.

La soundtrack trasporta gli spettatori verso rimossi dell’inconscio sfruttando tonalità cupe, intense e nervose. Come ha dichiarato la Campion stessa, la musica è un vero e proprio personaggio a sé, vive su una dimensione parallela e complementare con il film.

Ora rivela la sua natura erotica nel momento di massima confidenza tra Phil e Peter, ora rende irrequiete scene apparentemente spente, in un cui lo spettatore ammira la meravigliosa fotografia. La quotidianità di Phil, la monotonia di un’ esistenza in solitaria viene, quindi, tradita da una musica tesa e ansiogena.

Essa svela inquietudini mai raccontate, una natura umana da sempre occultata. La musica di Greenwood ci offre la possibilità di comprendere la verità del film, la sua più intima essenza. Il bonjo, il violino, il piano frenetico e atonale dichiarano che tra Phil, Peter, Rose e George niente è mai davvero come sembra.

Dune

Il film di Dennis Villeneuve è la prima parte della trasposizione cinematografica dei sei romanzi scritti da Frank Herbert, romanzi già portati in sala e sul piccolo schermo da registi del calibro di David Lynch, John Harrison e Greg Yaitanes rispettivamente nel 1984, 200 e 2003.

La forza della versione del 2021 risiede nella storia ben nota ma soprattutto ad un cast corale composto da nuovi talenti e premi Oscar che hanno fatto dell’opera quasi una vera e propria piece teatrale: attori pluripremiati come Charlotte Rampling, Oscar Isaac e Javier Bardem dividono infatti la scena con il giovane e talentuoso Timothée Chalamet e la bravissima e iconica Zendaya, per citarne alcuni.

In un futuro molto distante dai giorni nostri, il pianeta Arrakis, chiamato anche Dune poiché completamente sabbioso, diviene estremamente importante: solo qui infatti è possibile trovare “la spezia”, sostanza che permette i viaggi interstellari e che amplifica le capacità mentali tanto da conferire il dono della premonizione.

Sul pianeta vivono gli esseri umani ma anche i Fremen, nativi del pianeta che reputano sacra la sostanza stessa che si trova sul pianeta. La storia vede la nobile famiglia Atreides a capo dell’intero pianeta, dopo averlo sottratto per mano Shaddam Corrino IV alla famiglia Harkonnen, crudele e spietata.

In una lotta per la sopravvivenza, la supremazia di una casata sull’altra e il controllo dell’estrazione della spezia, il primo capitolo è un tipico romanzo di formazione dove l’eroe, qui Paul Atreides, percorre un viaggio dentro sé stesso che lo porterà a conoscere la profezia di cui è protagonista.

Hans Zimmer, la garanzia

L’imponente pellicola di Villeneuve della durata di 2h e 35m affida la colonna sonora ad una “colonna” portante della composizione musicale per il grande schermo: Hans Zimmer.

Una carriera, quella di Zimmer, che conta capolavori in musica per Barry Levinson (“Rain Man“, 1988), per Christopher Nolan e la sua trilogia del “Cavaliere Oscuro” così come per “Inception” e “Interstellar“, per poi dedicarsi anche all’animazione con film come “Kung Fu Panda” e “The Lion King“.

Con la colonna sonora di Dune il compositore elabora un pensiero coerente con la sceneggiatura ponendo al centro il femminile e l’esoterico dominando così l’intera sonorità del film. Le ritmiche tribali vengono sostenute da voci femminili e musica elettronica che ne accentuano il carattere mistico e inquietante.

Ventidue tracce che descrivono la caratteristica ancestrale del pianeta Dune, pianeta che al tempo stesso è molto evoluto si a livello tecnologico che culturale ma che per questo è dilaniato da continue guerre per il profitto. Zimmer crea un ulteriore pianeta, un altro universo fatto di nuove musiche e colori che con l’ascolto sembra quasi di vedere.

Tracce come “Bene Gesserit” e “Dream of Arrakis” vengono pensate proprio per creare inquietudine nell’ascoltatore e collegarlo alla scena dove, il sogno e la potenza magica femminile della sorellanza Bene Gesserit si arricchisce con ritmi incalzanti, suoni e sonorità elettroniche quasi disturbanti. In “Bene Gesserit” le voci femminili in sottofondo, indistinte, creano una sorta di macabro rituale satanico che enfatizza il personaggio della madre di Paul, Lady Jessica Atreides.

Il pezzo “Leaving Caladan” è un ulteriore esempio dell’ecletticità della colonna sonora, utilizzando come base una ritmica arabeggiante e mistica che si apre sempre di più per arrivare ad un finale ad ampio respiro fino quasi a farci provare la sensazione di essere in cima ad una montagna in mezzo al deserto.

Madres Paralelas

Madres Paralelas” è un film spagnolo scritto e diretto da Pedro Almodovar che per l’occasione richiama una delle artiste con cui ha lavorato più a lungo, Penelope Cruz.

Janis, fotografa di Madrid, incontra Arturo che di mestiere fa l’antropologo forense. I due, durante la progettazione di un lavoro comune iniziano ad avvicinarsi tanto da avere una relazione che si conclude però con la gravidanza di Janis, dato che Arturo, già sposato, le ha proposto di abortire. Janis decide così di portare avanti la gravidanza da sola.

Il giorno del parto Janis si trova in stanza con una giovane futura madre, Ana, vittima di revenge porn e quindi sola. Le figlie nascono lo stesso giorno ma a causa di complicazione post parto vengono tenute entrambe sotto osservazione. Le madri diventano così amiche e si scambiano i contatti per risentirsi in futuro.

Il film, tra momenti più leggeri e situazioni di pathos e tensione, racconta la storia dello scambio delle due bambine in un crescendo di intrecci che accompagnano il pubblico fino alla fine con curiosità ed empatia. La performance di Penelope Cruz le ha anche fatto guadagnare la candidatura come miglior attrice protagonista.

Alberto Iglesias e l’orchestra al servizio dei sentimenti

Alberto Iglesias compone per questo film uno dei lavori più intensi di tutta la sua carriera giocando sulle sonorità più dolci e classiche di Ravel e Debussy assieme a tratti di musica tradizionale spagnola che fanno da contorno ad una toccante e vibrante composizione originale.

Le tracce sono incisive così come lo è il duplice, o meglio multi sfaccettato, messaggio che il regista vuole mandare. Da una parte, ammiriamo la celebrazione sobria e umana della forza e determinazione delle donne che vengono raccontati in pieno stile Almodovar: passionale, appassionato e colorato.

La colonna sonora vale però (volendo dirla proprio tutta) un pochino di più rispetto alla trama: anche in questo film compare il tema dell’omosessualità tanto caro al regista e così battuto dallo stesso, da risultare quasi ridondante e stucchevole in una narrazione che forse non ne aveva bisogno.

Il momento più alto dell’orchestrazione di Iglesias avviene con le tracce “Campo de Cultivo” e “En Procesión / La Fosa” che accompagnano i momenti più tristi, quelli sui ricordi della Guerra Civile Spagnola e il dramma dei Desaparecidos che viene raccontato proprio dal primo incontro di Janis e Arturo.

a cura di
Sara Alice Ceccarelli e
Noemi Didonna

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