L’Europa in modalità “risparmio energetico”

L’Europa in modalità “risparmio energetico”
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La questione energetica, divenuta un vero e proprio “dilemma energetico”, ritorna in cima alle priorità delle agende politiche dei paesi europei.

Il 24 febbraio inizia una nuova era per l’Europa: l’invasione russa dell’Ucraina riporta lo spettro della guerra nel cuore dell’Europa. Città distrutte, spari, esplosioni e persone in fuga, sono immagini e suoni che pensavamo lontani e che mai avremmo voluto rivivere in un continente di pace come il nostro.

L’Europa energetico-dipendente

Il conflitto sul campo nei territori dell’Unione Europea risulta ad oggi altamente improbabile. Nonostante ciò, la frenetica attenzione agli sviluppi della guerra è giustificata dal nostro inscindibile legame di dipendenza energetica con la Russia. La guerra scoppiata nel cuore del nostro continente, infatti, ipotizza un’immediata chiusura dei rubinetti del gas russo. Questa prospettiva costringe inesorabilmente i leader europei a rivedere i loro piani energetici in tempi brevi, al fine di dare una risposta incisiva all’incertezza energetica che si è generata.

L’energia è da sempre un nodo delicato da affrontare per l’UE. La sua carenza di materie prime, in particolare del gas naturale, ha creato sempre più forti legami di subordinazione a paesi terzi. Le statistiche mostrano due tendenze correlate: la produzione di energia dell’UE è calata drasticamente nell’ultimo decennio, causando di conseguenza un aumento delle importazioni di fonti primarie. Nel 2020, ad esempio, il fabbisogno europeo di gas naturale viene soddisfatto per l’83% da importazioni provenienti principalmente dalla Russia (46%). Ad oggi, nessuno dei 27 paesi dell’UE è indipendente sul piano energetico.

Fonte: Voxeurop.eu
Solo carbone per l’Italia

L’informativa del premier Draghi alla Camera dei deputati il 25 febbraio, in merito agli sviluppi del conflitto in Ucraina, evidenzia il difficile periodo che l’Italia si troverà ad affrontare. Le pesanti sanzioni approvate in sede europea contro la Russia, sostenute amaramente anche dal nostro paese, avranno indubbiamente ripercussioni sull’intero assetto energetico nazionale, andando a colpire in modo particolare le forniture di gas. Si apre perciò una nuova sfida: ripianificare un settore energetico gas-dipendente in tempi brevissimi.

Potrebbe essere necessaria la riapertura delle centrali a carbone

Una dichiarazione di enorme peso del nostro Primo Ministro che testimonia il ritardo dell’Italia nel processo di transizione energetica. Scarsi investimenti sulle fonti rinnovabili, tempi biblici per la concessione di appalti e infiltrazioni criminali mai contrastate hanno nel tempo alimentato l’arretratezza strutturale nel campo energetico del nostro paese. Siamo costretti a ritornare al carbone per evitare il blackout nazionale. Una cruda realtà che infrange anche le speranze delle nuove generazioni. Da anni infatti i giovani denunciano la necessità di un cambio di passo sul piano dell’energia per meglio superare i ridondanti periodi di crisi. Di fronte all’incertezza scatenatasi dal conflitto russo-ucraino, ad ora, siamo stati capaci di rispondere solo con un pezzo di carbone.

Il rigore energetico francese

Chi sembra non aver accusato il colpo è la Francia. Le preoccupazioni in merito agli sviluppi del conflitto sono ovviamente presenti negli ambienti politici d’oltralpe, ma rimangono ad ora circoscritte alle future implicazioni geopolitiche che lo scontro in Ucraina potrebbe avere sul continente. Forte della presidenza al Consiglio dell’Unione Europea, Macron tesse le fila della risposta europea all’aggressione russa, quasi noncurante delle conseguenze che le pesanti sanzioni imposte avranno sul delicato settore energetico dei paesi europei. Scellerata ingenuità o consapevole tranquillità?

Le strategie energetiche della Francia hanno seguito binari alternativi rispetto al resto del continente europeo. Il paese ha infatti largamente investito sulla controversa energia nucleare, puntando sul basso costo di produzione e l’apparente basso impatto ambientale. Una strategia che fino ad ora si è rivelata vincente. La scarsa dipendenza del paese da fonti fossili ha difatti permesso alla Francia di costruirsi negli anni una forte autonomia energetica, divenuta strategica in questa fase di grande incertezza per l’energia europea. La Francia detiene ad oggi una posizione di forza rispetto agli altri paesi dell’UE, dimostrando che non è necessario il gas russo per tenere accesa la ville lumière e diventando così potenziale leader delle future politiche energetiche dell’Unione Europea.

New Green Dilemma: quale futuro energetico per l’Europa?

Lo scoppio della guerra russo-ucraina rappresenta l’ennesimo spartiacque per il futuro dell’Unione Europea, mettendo seriamente in discussione la tenuta economica del continente. L’ondata crescente di dubbi e timori travolge i piani di rilancio economico europei, in particolare il New Green Deal riguardante il futuro energetico dell’Unione. I finanziamenti per la prima fase di transizione energetica sono previsti sia per l’energia nucleare sia per il gas naturale, ma il conflitto rimescola le carte in gioco, mettendo in seria discussione la possibilità di investire su una materia prima alla quale potremmo non avere più largamente accesso nei prossimi mesi. 

Il virtuosismo francese sembra alimentare una speranza, pesantemente condizionata però dai lunghi tempi di decadimento dell’uranio usato nella produzione di energia nucleare. Una strada tortuosa, forse troppo pericolosa, da intraprendere in momenti così delicati per il nostro pianeta. Siamo davanti ad un vero e proprio rompicapo difficile da risolvere che indubbiamente condizionerà il nostro avvenire. L’auspicio è che si possa trovare il bandolo per sbrogliare questa matassa, adottando politiche più coraggiose ed incisive che garantiranno concretamente la sicurezza energetica alle nuove generazioni.

a cura di
Luca Chieti

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