Signorini e l’opinione non richiesta

Signorini e l’opinione non richiesta
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Qualche sera fa, durante uno degli ultimi blocchi del programma televisivo Grande Fratello VIP, il conduttore, Alfonso Signorini se ne è uscito con una frase che ha a dir poco dell’agghiacciante.

Non riesco, da donna, a giustificare la battuta come giocosa, nonostante fosse detta in riferimento a uno scherzo nei riguardi di uno dei concorrenti avente come protagonista un cane.

Il conduttore, da pene munito quale è non ha, evidentemente, idea di quello che hanno subito le donne che hanno lottato affinché l’aborto divenisse legale.

Dal 1978 ad oggi non abbiamo fatto passi in avanti

Prima del 1978 le donne che rimanevano incinta erano costrette a portare avanti la gravidanza, a prescindere se la gravidanza fosse o meno voluta, o fosse un atto di violenza. L’alternativa era rivolgersi a chi, illegalmente e con strumenti poco ortodossi (spesso al limite della pulizia), poteva interrompere quella gravidanza indesiderata.

Probabilmente Signorini, non ha idea di cosa significhi per una donna prendere e assumersi la responsabilità di una scelta che, in un modo o nell’altro, sarà una macchiolina nera nell’animo.

Prima del 1978 il numero delle donne morte a causa delle complicazioni da strumenti chirurgici non sterilizzati o strumenti di fortuna come pezzi di ferro evidentemente sono un numero irrilevante per chi ricerca uno share sparando anche baggianate da puro patriarcato old style.

Foto Guberti / Rasero / LaPresse 31-10-2016 Roma spettacolo Grande Fratello Vip – diretta

nella foto: alfonso signorini

L’aborto oggi

Sto cercando di essere quanto più diplomatica possibile, un po’ come l’Endemol che si è dissociata dal commento di Signorini. Io non mi dissocio, io invoco la dittatura di pensiero e parola per chi non potrà mai capire cosa significhi abortire in Italia oggi.

Chi è uomo non deve permettersi di avere una opinione o di esternarla, soprattutto se, come il conduttore citato, spara a zero su un numero esoso di morti e di donne che hanno lottato per avere un diritto che spesso e volentieri ancora viene negato.

Non siamo la Polonia in cui ogni forma di aborto è illegale, ma ci andiamo vicino. Secondo un recente studio il numero di medici obiettori sta salendo in maniera assurda. Un ritorno al patriarcato e al medioevo. Tanto che, prima di essere distesa sulla sedia in attesa del raschiamento, ti tocca sorbire commenti, battutine e sguardi di disappunto.

L’iter per arrivare è veramente un Inferno. Ci sono donne che hanno dovuto farsi 100 km per poter abortire, perché negli ospedali sono tutti obiettori. Un diritto inalienabile, come molte altre cose che riguardano le donne, pare essere facilmente modificabile.

L’opinione pubblica

Molte donne che hanno subito o hanno accompagnato un’amica in ambulatorio sanno quanto è difficile tutto. Dal ginecologo che ti fa sentire il battito e ti mostra l’ecografia, nonostante la donna di turno gli abbia detto che non vuole proseguire la gravidanza.

Il dolore quando la scelta nasce perché si è subito un abbandono o una violenza fisica. Il dolore di dover fare tutto in day hospital. Gli sguardi bassi degli accompagnatori. Il dolore e le lacrime provocate dall’anestesia. Il sangue che scorre e nessuno ti dice che gli assorbenti normali non sono adatti.

O peggio ancora quelle donne che si sono ritrovate in un ospedale su una sedia e di fianco una donna intenta a partorire. La stanza in comune con i bimbi appena nati e la consapevolezza concreta di quello che hai fatto per una scelta, spesso necessaria.

Una scelta che va rispettata

Qualunque sia il motivo che spinge una donna a interrompere una gravidanza resta sacrosanto e lecito. Non deve riguardare un presentatore che, tra l’altro, non ha nemmeno supportato la comunità LGBTQI+ alla quale appartiene quando al Senato hanno affossato il DDL Zan, così come non deve importare a chi non ha organi riproduttivi femminili.

Farsi gli affari propri se l’argomento di discussione non ti appartiene e non ti apparterrà mai è il primo passo per il rispetto dell’altro. Persino la comunità LGBTQI ha preso le distanze da queste affermazioni.

Quindi non mi venite a dire che è lecito avere una opinione se questa opinione viene sciorinata in televisione durante un programma televisivo seguito da molti. Non è corretto trasmettere determinati messaggi, prima di aprire la bocca si dovrebbe pensare, vivere e capire determinate cose cosi delicate.

Nemmeno la contestualizzazione può essere d’aiuto. Usare il pronome personale NOI è stato sbagliato. Noi chi? Bene, evidentemente non hai avuto amiche violentate, minorenni o senza un lavoro col quale campare un altra pancia da riempire.

La superficialità nel 2021 non è più accettata. Personalmente speravo nell’allontanamento del soggetto dalle reti televisive, ma se determinati politici hanno espresso oggi approvazione e sostegno nei suoi riguardi non posso che farmi cadere le braccia e incazzarmi per la pochezza presente.

a cura di
Iolanda Pompilio

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