ABBA, “Voyage”, ovvero: come fregarsene del tempo che passa

ABBA, “Voyage”, ovvero: come fregarsene del tempo che passa
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Dopo quarant’anni taciturni, tornano gli ABBA. Il combo svedese è scomparso dalle scene nel 1982 e ora compare nuovamente nel panorama musicale. Un’operazione criogenica riuscita

La prima puntata di Futurama vedeva Fray cadere e rimanere chiuso in una capsula criogenica nel 1999 per poi essere scongelato e risvegliato nel 3000. Gli ABBA hanno subito grossomodo la stessa operazione, con una distanza temporale che, nella realtà musicale, ha grossomodo la stessa portata.

Solo che loro sono gli ABBA, loro sono i padroni della dance-pop, i master delle pailette e dei glitter, gli imperatori della sala da ballo e dei pantaloni a zampa. Cosa volete che gli importi loro che non sia più il 1981, anno del loro ultimo album in studio?

L’eterea cover
Marcia indietro e avanti tutta

“Voyage” è davvero un viaggio verso mondi lontani. Musicalmente e attitudinalmente. Il combo svedese prende gli ultimi quarant’anni di evoluzione musicale, li guarda con interesse e li getta nel cestino con grazia e disinvoltura. Degli ultimi quattro decenni prendono solo la tecnologia di registrazione, ma la utilizzano alla vecchia maniera.

Ecco dunque che i suoni sono chiari, cristallini, saranno stati stupefatti nell’ascoltare esattamente quello che avevano in mente un secondo dopo aver registrato, senza sudare e imprecare Odino per ottenere un suono decente. “Don’t Shut Me Down” e “When You Danced With Me” sono delle hit dimenticate in chissà quale cassetto di rovere, l’opener “I Still Have Faith In You” e “No Doubt About It” sono moderne per i loro standard, sembrano un viaggio in fast foward (o fast rewind) verso il 1992.

Classe senza tempo…

… nel senso che, per l’appunto, agli ABBA non importa di essere nel 2021. Non importa loro aggiornarsi per forza, ma con forza ribadiscono ciò che meglio riesce loro: catapultare tutti indietro di quaranta, cinquant’anni e convincere quasi che è ancora tutto come allora. La cosa sorprendente – a tratti inquietante – è che ci riescono. Dannatamente bene, per giunta.

“Voyage” non è un disco anacronistico: è letteralmente un album senza tempo. Se fosse stato concepito nel 1987, nel 1998 o nel 2010, il risultato sarebbe stato lo stesso. Un viaggio a ritroso a bordo della ABBA time machine, verso lande che le nuove generazioni conoscono solo attraverso i party revival (nemmeno, dato che “revival” ora sono gli Anni ’90), verso orizzonti che i più vegliardi tornano ad ammirare con commozione e che tengono a sé stretti, per far sì che non vadano perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia.

Questa cosa del ringiovanimento in computer grafica fotorealistica è inquietante

In un periodo di casse dritte, di compressione, di rime alla velocità della luce, di tentativi di finta trasgressione, gli ABBA sono l’ultimo Bastione di Orione non in fiamme, sono il Fray che nel futuro risulta strano, particolare, un paradosso dei nostri tempi, ma che non risulta poi così fuori posto.

“Voyage” non è revival, non è voglia di tornare ai tempi che furono. È imposizione di ciò che si è, di ciò che gli ABBA sono: classe che non guarda in faccia l’incedere delle decadi. E va bene così.

a cura di
Andrea Mariano

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Andrea Mariano

Andrea nasce in un non meglio precisato giorno di febbraio, in una non meglio precisata seconda metà degli Anni ’80. È stata l’unica volta che è arrivato con estremo anticipo a un appuntamento. Sin da piccolo ha avuto il pallino per la scrittura e la musica. Pallino che nel corso degli anni è diventato un pallone aerostatico di dimensioni ragguardevoli. Da qualche tempo ha creato e cura (almeno, cerca) Perle ai Porci, un podcast dove parla a vanvera di dischi e artisti da riscoprire. La musica non è tuttavia il suo unico interesse: si definisce nerd voyeur, nel senso che è appassionato di tecnologia e videogiochi, rimane aggiornato su tutto, ma le ultime console che ha avuto sono il Super Nintendo nel 1995 e il GameBoy pocket nel 1996. Ogni tanto si ricorda di essere serio. Ma tranquilli, capita di rado. Note particolari: crede di vivere ancora negli Anni ’90.

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