“Paris Milonga” di Paolo Conte #discottanta

“Paris Milonga” di Paolo Conte #discottanta
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Non piace a nessuno invecchiare e io non faccio eccezione. Tuttavia non temo la vecchiaia. Forse è perché sono sempre stato un po’ vecchio. I solitari come me, tendenzialmente malinconici, sempre un po’ esitanti, che hanno difficoltà a vivere la superficialità delle cose, sono sempre “già un po’ vecchi”.
L’importante è restare belli dentro.

Paolo Conte

Paris Milonga è il quarto disco realizzato da Paolo Conte. Se l’avvocato – cantautore di Asti è considerato un artista di culto lo si deve sopratutto a questo disco. Non solo, rimane ancora oggi uno dei lavori discografici più alti della musica d’autore in Italia.

Realizzato il 31 maggio 1981 dalla Rca Italiana, Paris Milonga è prodotto da Italo “Lilli” Greco che aveva curato i suoi primi due album. Tra i musicisti chiamati abbiamo il chitarrista Jimmy Villotti e Bruno Astesana alla batteria, due “ragazzi scimmia del jazz”, per citare un’altra canzone di Conte.

Fuori dalla provincia

Insieme a loro una sezione di fiati di tutto rispetto sta a dimostrare che Paolo Conte ora fa sul serio. Esce dalle immagini di provincia dei primi dischi per presentare un ritratto che guarda la Francia ( dove diventerà una celebrità) e il Sudamerica. Con Paris Milonga Paolo Conte è pronto per emigrare in altre lande ( il disco sarà il primo a uscire all’estero) ma lo fa a modo suo, con un’inglese maccheronico condito da malinconia ed esotismo. Estasi e esaltazione, sempre a ritmo di swing, lui curvo su di un piano a bofonchiare parole, opere e omissioni.

Da Paris Milonga in poi Conte trova il magico connubio che unisce le parole alla musica. Egli ha dichiarato infatti: “Il primo problema che mi pongo è semplicemente quello di riempire la metrica necessaria alla musica. Poi può succedere a posteriori che le parole corrispondano a qualcosa di vero, di reale”. In Boogie sembra di trovarsi in un fumoso locale con l’orchestra di Duke Ellington in tutto il suo splendore o nell’albergo così accogliente dove va a morir d’amor la gente” descritto nel brano Parigi.

Le canzoni dell’album

Ad aprire le danze tocca a Alle prese con una verde Milonga. La milonga è una genere musicale tipico dell’Argentina e dell’Uruguay. L’origine è non solo africana (come canta Conte) ma anche creola, un connubio di influenze che va dall’Europa all’Africa approdando fino all’Argentina.

Ma il termine milonga significa anche litigio, un sentimento espresso pienamente nella danza da cui deriva, dove passione, odio e amore sembrano manifestarsi. E proprio come in una danza Conte descrive il suo rapporto con la musica quasi fosse una donna. Questo connubio rende ancora più fascinoso questo brano e il suo lento incedere, con gli strumenti a fare da sfondo, quasi leggeri e impalpabili.

Nel brano viene citato anche il chitarrista argentino Atahualpa Yupanqui (e non l’ultimo regnante dell’impero Inca come erroneamente è stato scritto) che Conte conobbe durante un’esibizione al premio Tenco.

L’ultima donna è un dono di sintesi poetica e musicale. Spiazza l’incipit solenne, condito da tastiere accennate e vento di sottofondo. Fino all’apertura “Aeronautico il cielo, vuoto abissale sarà”. L’ultima donna intesa come l’isola salvifica (“l’ultimo approdo di terra”) narrata in un’altra sua canzone-opera come Onda su onda. Poi parte l’attacco in stile manouche mentre Conte descrive la goduria e l’estasi della donna, insieme al suo mistero e alla sua capacità di rendere la vita leggera e complicata ma quasi necessaria.

Con Blue Haways siede al pianoforte in un affresco tipicamente contiano. Cercavo una donna e ho trovato la commedia ed è un mondo che si apre fra camicie hawaiane e le piogge d’Europa, come a descrivere due incompatibili mondi con un ritornello quasi inglese. Siamo a questo punto catapultati nel suo mondo fatto di affreschi chiaro scuri, di parole non dette, di un mondo visto alla sua maniera, così unico e inimitabile.

Anche con La vera musica Paolo Conte ancora una volta riesce in tre minuti, a ritmo di rumba dal fare leggero e sornione, a dare una descrizione della magia della musica. Del resto basta già una frase come “la vera musica, che sa far ridere e all’improvviso ti aiuta a piangere, la grande musica frequenta l’anima” a rendere l’idea dell’uso sapiente delle parole usate e mai abusate da Conte.

Via con me

Incipit con accordi di piano e si parte subito con Via con me. La canzone più celebre di Conte e non basterebbe un altro articolo per descrivere in quanti film l’abbiamo sentita. Anche qui pochi e sobri elementi: la fuga da fiori azzurri e tempo grigio, da uomini per approdare ad un amore buio, uno spettacolo d’arte varia che è l’amore stesso.

Intro arpeggiato solenne al piano ed ecco Madeleine. Una sorta di amore di esportazione, vissuto negli umori e nei sapori della Francia. “Tutto il meglio è già qui” come una sorte di ode a vivere un momento d’amore prima che il tempo e il vento porti tutto via. L’incidere vaudeville degli strumenti fino a un finale accennato che rimanda alle gesta di Sidney Bechet.

Immagini in musica

Un’altra vita vede Paolo Conte in solitaria al pianoforte con una delle più belle composizioni. Nel testo si contemplano le immagini a cui Conte fa spesso ricorso: il leone che aspetta sulla strada, il signore a pranzo con gli amici. Ancora una volta Conte gioca con le immagini e la musica, crea delle fotografie senza appesantire con spiegazioni ma lasciando la mente libera di entrare nel suo mondo.

Invece Boogie è il momento più solenne dell’album, con la big band in pieno spolvero. E anche qui è un tripudio di immagini e suoni, Conte ci accompagna nel bel mezzo di un locale, fra amanti in estasi e orchestra che suona uno swing travolgente ( “l’orchestra era partita, decollava”). Negli intermezzi delle strofe Conte ci delizia col suo pianismo alla Jerry Roll Morton e accenni canori da jazzista consumato.

Si ritorna alle atmosfere fumose e sognanti con Parigi. Due amanti e la loro incomunicabilità che ricorda quella di Ultimo tango a Parigi di Bertolucci, Un albergo rifugio e una storia di passione “mentre tutto intorno e solo pioggia e Francia”.

L’album si conclude con Pretend pretend pretend. A differenza degli altri brani, qui Conte introduce e il resto della canzone è cantato in inglese dalle coriste. Sembra di entrare in un musical con le coriste e i ballerini, immaginando di intravedere lui nascosto dietro un piano. Ma lo spettacolo di Paris Milonga è il suo, ed è lui quello che invita ad essere spettatori della propria vita e non di quelle altrui.

a cura di
Beppe Ardito

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Beppe Ardito

Da sempre la musica è stata la mia "way of life". Cantata, suonata, scritta, elemento vitale per ridare lustro a una vita mediocre. Non solo. Anche il cinema accompagna la mia vita da quando, già da bambino, mi avventuravo nelle sale cinematografiche. Cerco di scrivere, con passione e trasporto, spinto dall'eternità illusione che un mondo di bellezza è possibile.

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