Il grande temporale: esce il nuovo lavoro di Stefano Barotti

Il grande temporale: esce il nuovo lavoro di Stefano Barotti
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Probabilmente Stefano Barotti, mentre, fra giugno e dicembre del 2019, registrava il suo ultimo album Il grande temporale non si aspettava quello che, al momento, è un anno cruciale per tutti. Le canzoni – racconta Barotti – respirano in modo diverso, come se la mia musica fosse stata investita da un autentico “cambiamento climatico”. Ecco, quel cambiamento c’è stato, ma sentiamo di dire che era necessario.

Le canzoni del disco, interpretate in questo periodo di paura e incertezza che colpisce tutti, sono come un balsamo o, se vogliamo, una scossa che restutuisce vita che chiede di riemergere ad ogni costo. Perché ogni disco di Stefano Barotti è un viaggio che ci riporta dentro noi stessi, a riaprire i cassetti dimenticati, a togliere la polvere dagli scaffali dei ricordi.

Ma quello che rende Barotti un artista speciale è la sua scelta a lavorare sulla sua musica come un artigiano antico, a cesellare suoni e parole senza preoccuparsi della vanità che vuole l’artista arrivare dritto al successo ad ogni costo. Lasciamo quindi a lui la parole per descrivere questo lavoro prezioso, ricco di suoni e sfumature che lasciano il segno.

Il grande temporale mi sembra un disco dove hai voluto osare rispetto ai precedenti nella produzione e negli arrangiamenti pur conservando il tuo stile. Che gestazione hanno avuto i brani, usciti di getto o lasciati decantare come il vino?

L’idea di un nuovo disco è nata a primavera 2019, riprendendo in mano Quando racconterò, canzone del 2007 scritta a Berlino. Canzone alla quale ho cambiato alcune parole nel testo e il titolo. Ho inserito nuove linee di una voce femminile (Laura Bassani) in risposta al mio cantato, influenzato dal mondo di Lucio Battisti.

Oltre a questo avevo in studio Vittorio Alinari per registrare dell’altro, finita la sua session c’era ancora un po’ di tempo e l’ho fatto suonare su questo brano. Sax soprano e clarinetto basso. Da qui ho capito che era tempo di un nuovo disco, e che avevo voglia di farlo sperimentando “dell’altro”. Uscendo dal mio solito mondo pur mantenendomi dentro il songwriting. Altri brani sono più recenti come Tra il cielo e il prato o Spatola e spugna. Diciamo che ho deciso di fare un disco avendo con me 13/14 buone canzoni. Poi ne ho messe 11 in formazione.

Sei uno dei pochi cantautori che riesce a descrivere realmente la realtà quotidiana dei lavoratori (Painter Loser, Spatole e spugna) anche per tua esperienza diretta come imbianchino. In un Paese come l’Italia molti artisti sono costretti a vivere d’altro. Credi che si possa coniugare passione per l’arte e fatica del lavoro?

Fare dell’altro mi aiuta a tenermi amico il frigorifero di casa e a poter progettare un po’ di futuro. Ma soprattutto mi rende libero artisticamente. Invecchiando ho deciso che quello che conta sono le mie canzoni. Registrarle, dedicargli attenzione, mettergli addosso vestiti buoni, cantarle in pubblico, senza dovermi preoccupare di altro.

Se penso alla title track che apre il disco che somma quasi 5 minuti di durata la vedo come un grande respiro di libertà artistica. La stessa “Painter loser” che arriva per seconda supera i 4 minuti, durate impensabili per il mercato discografico. Il mondo del lavoro lo vivo quotidianamente sia in studio che su un palco che in un cantiere quando imbianco case. Per me non c’è grande differenza, in tutti e tre i casi sono un pignolo che si dà da fare. Oltre a questo… riguardo l’imbiancare case, è un qualcosa che mi da la possibilità di conoscere persone e la loro vita, attraversarla per un breve periodo, ed è di grande ispirazione. Non hai idea di quante canzoni ho trovato nelle case, nelle vite degli altri.

Anche in questo disco c’è il contributo di Jono Manson, presente in tutti i tuoi dischi. Quanto è determinante il suo lavoro e quanto è importante il gusto dei musicisti americani presnti nei tuoi dischi ? (Ricordiamo anche Joe e Mark Pisapia, Mark Clark e James Haggerty)

Jono è un fratello ormai. Credo che fare un disco sia anche un’occasione per festeggiare e invitare gli amici al proprio banchetto, amici che sai che quella festa la renderanno viva. Ho avuto la fortuna di lavorare con musicisti americani eccezionali e per me è un onore avere il loro suonare nelle mie canzoni. Jono è stato straordinario in Painter Loser. Joe Pisapia è uno dei miei eroi da sempre, avere le sue chitarre in una mia canzone è fantastico. Stessa cosa per suofratello Marc e non posso non citare James Haggerty bassista di classe e sostanza. che nel disco suona in tre canzoni. Mark Clark e John Egenes stessa cosa… una sicurezza.

In Stanotte ho fatto un sogno sembra tu abbia tirato fuori il tuo vestito buono dall’armadio anche grazie al prezioso contributo di Roberto Martinelli alla direzione archi. Quanto è importante per te questacanzone? Ce lo vedresti questo brano in una competizione come quella di Sanremo?

Al momento è la canzone del disco che preferisco. Una di quelle canzoni che ti arrivano ogni dieci anni. Rispecchia il mio scrivere, il mio cantare, il mio fare canzoni. E con estrema leggerezza le parole sono macigni sulla melodia.

Una volta registrate le mie chitarre, basso, batteria e l’intervento del mio amico Roberto Ortolan (Slide e chitarra elettrica) mi mancava qualcosa che facesse volare il brano e ho pensato a Roberto Martinelli. Lavorare con lui e le ragazze della sezione archi è stata per me un’esperienza artisticamente educativa e inebriante. Adoro gli archi, specialmente se le parti le scrive un maestro come Roberto.

In molti la pensano una canzone Sanremese, a volte capita anche a me. Sì, ce la vedrei. Mi avevano proposto di lasciarla fuori dal disco per poterla presentare al festival. Ma non potevo lasciarla fuori. Poi al festival mica ci voglio andare. Meglio averla in formazione. Tu lo lasceresti fuori Pirlo? La reputo una di quelle che canzoni che potrebbe starsene anche in un vicolo in mutande e avrebbe comunque la sua da dire.

Stefano Barotti
Ecco, avrei altre mille domande da farti..ad esempio chiederti come sei
riuscito a dare un tocco progressive ai tuoi brani pur mantenendo la rotta nei cieli barottiani, chiedendoti quindi del lavoro svolto da Fabrizio Sisti.

Con Fabrizio è stato un matrimonio a distanza. Nel senso che gli ho dato un paio di canzoni su cui lavorare. Ha lavorato in solitudine inviandomi i suoi interventi. Mi sono piaciuti, e ho capito la sua grande capacità di “orchestrazione” coi tasti. Per non parlare della scelta dei suoni. Il suo suonare da arrangiatore e non da tastierista. Ha rispettato le canzoni dandogli però colore e movimento ritmico. Su Mi ha telefonato Tom Waits o Marta ha lavorato con un gusto e un’intenzione invidiabili. In alcuni casi ha dato suggerimenti preziosi sulle strutture, gli interventi della voce, il tagliare questo o quell’intervento.

Per questo ho deciso di inserire Fabrizio PROG Sisti tra i produttori artistici. Quello che mi piace di questo disco è che i musicisti hanno avuto spazio pur entrando in punta di piedi nelle mie canzoni. Li ho scelti a seconda dei brani e a ho lasciato loro il cancello aperto.

Per rendere l’intervista attuale,e a proposito della canzone Enzo secondo te che canzone avrebbe cantato Enzo Jannacci a proposito di lockdown?

Jannacci avrebbe cantato una roba alla Se me lo dicevi prima: “Bisognava saperlo prima che arrivava il virus… quanto sei alto? Fatto il tampone? Che mascherina hai? Non va bène non vai bène…”. Mi manca tanto Enzo.

a cura di
Beppe Ardito

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Beppe Ardito

Da sempre la musica è stata la mia "way of life". Cantata, suonata, scritta, elemento vitale per ridare lustro a una vita mediocre. Non solo. Anche il cinema accompagna la mia vita da quando, già da bambino, mi avventuravo nelle sale cinematografiche. Cerco di scrivere, con passione e trasporto, spinto dall'eternità illusione che un mondo di bellezza è possibile.

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