I maledetti e i dimenticati della canzone italiana
Il numero Sette, simbolo per eccellenza della ricerca mistica, rappresenta ogni forma di scoperta e conoscenza. Con il numero Sette andiamo all’esplorazione delle parti più intrinseche dell’esistenza fino a giungere alla scoperta, non solo del suo scopo, ma anche del suo significato può profondo. Il Sette è considerato il numero della filosofia e dell’analisi, ma anche della solitudine e della completezza
È con questa descrizione, presa dalla materia legata alla numerologia, che andiamo a presentare il libro La morte mi fa ridere, la vita no (edizioni Arcana). Sette artisti maledetti insieme a sette artisti dimenticati analizzati e raccontati da Elisa Giobbi.
Questa descrizione del sette calza a pennello, sorprendentemente, coi personaggi rappresentati. Perchè quello che li accomuna è la ricerca di significati esistenziali più profondi, un’espressività mai scontata ma anche il non voler venire a compromessi con le leggi del mercato discografico.
L’autrice ha pubblicato diversi libri a tema musicale oltre a romanzi.
Citiamo, fra gli altri Firenze suona – la scena musicale e artistica raccontata dai protagonisti (Zona), a cui è seguito Rock’n’roll noir – I misteri, le relazioni e gli amori del Club 27 (Arcana, 2016), da cui il collettivo Project-To ha tratto l’opera multimediale Club 27 per Seeyousound. Quest’ultimo titolo descriveva le vite, i tormenti e la sensibilità non ordinari di artisti che avevano in comune l’eta (il famoso club dei 27) e un rapporto burrascoso con la vita.
Allo stesso modo La morte mi fa ridere analizza la carriera di artisti italiani che hanno saputo lasciare un’impronta stilistica non comune. Molti di loro non hanno veri e propri eredi ed alcuni, addrittura, sono stati innovativi.
La descrizione degli artisi citati è una sorta di viaggio nella nostra cultura e nelle città da cui provengono.
La Livorno amata e decantata da Piero Ciampi. La Torino di barriera dove ha mosso i primi passi Fred Buscaglione, città che si andava sviluppando proprio in quegli anni di boom economico. Ma anche la Roma tradizionale e popolana descritta con spirito sagace da Gabriella Ferri o quella spaccona e vissuta a muso duro con Franco Califano. Il legame affettuoso col Sud che ha sempre accompagnato Mia Martini e Rino Gaetano e l’influenza di Tenco nella scuola dei cantautori genovesi.
Ognuno di questi personaggi rimane maudit perchè ha dovuto affrontare pettegolezzi maligni, insuccessi e il dover fare i conti con un sistema che accettavano a fatica.
Non solo maledetti ma anche dimenticati come Franco Fanigliulo, estroso e originale come pochi. Enzo Del Re che coniugava teatro, musica e coerenza d’artista, uno dei maestri del blues in Italia come Guido Toffoletti o il fratello minore di Vasco Rossi che è stato (e sarà sempre) Massimo Riva.
Un lavoro, quello della Giobbi, che non è solo pura descrizione cronologica di opere e vita d’artista ma anche una ricerca più dettagliata delle loro inquietudini o della loro originalità. Un libro che va al di là della descrizione di personaggi della canzone italiana, ma vuole essere un modo per riscoprire la loro eredità, mai a lungo approfondita e insegnata sopratutto alle nuove generazioni.
La morte mi fa ridere, la vita no quindi è un punto di arrivo e di inizio, un affresco dell’arte pura vissuta sulla pelle degli artisti descritti.
Oltre alle descrizioni dell’autrice la sezione dei maledetti è arricchita da interviste di personaggi che avevano conosciuto o approfondito la figura dell’artista in questione. I dimenticati sono descritti direttamente dalla penna di chi li ha conosciuti come ad esempio la struggente e autentica descrizione di Claudia Riva nei confronti del fratello.
L’autrice è riuscita così nell’intento di far rivivere le emozioni direttamente da chi è riuscito meglio di altri a descrivere la grandezza dei personaggi.
a cura di
Beppe Ardito
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