#Sanremo2020: le pagelle della prima serata

#Sanremo2020: le pagelle della prima serata
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Scopriamo insieme le pagelle della prima serata!

Febbraio significa Festival di Sanremo, da ormai 70 anni. Una grande festa della musica italiana. Uno spettacolo che dura cinque giorni ma che fa parlare di sé per almeno un mesetto, fra prima-Festival e dopo-Festival.

E non poteva di certo The Soundcheck non dire la sua sullo spettacolo dell’Ariston che, nonostante tutte le polemiche (talvolta sproporzionate) che lo accompagnano, è prima di tutto una competizione fra grandi artisti del panorama musicale italiano.

E allora ce lo vogliamo godere e vogliamo divertirci a dare i nostri voti. Fateci sapere che ne pensate, se siete d’accordo con noi o se la pensate all’esatto contrario. Questo è il bello della musica: alla fine abbiamo tutti ragione!

EUGENIO IN VIA DI GIOIA: 6 ½ 

La band torinese ci ha abituato a questi frullati di gioia e carica. Il pezzo non è fra i migliori scritti da Eugenio e soci, soprattutto per quanto riguarda il ritornello, ma non si può non venire trascinare dalla carica e dall’entusiasmo con cui viene interpretata. La risentiremo senza dubbio in radio!

TECLA: 5 

Un brano che sa di già sentito. Una voce che sa di poco originale. Senza dubbio le capacità ci sono, ma manca un’anima che la renda unica. Niente di più, niente di meno.

FADI: 7+

A un’artista come Fadi gli vuoi bene forse ancora di più quando lo senti parlare piuttosto che quando canta. Accento romagnolo, un vero “patacca”. Già dalle selezioni di Sanremo Giovani era evidente che la tensione di essere su quel palco si mischiava alla meraviglia con la gioia di essere lì. Un bambino a Disneyland. Il pezzo, seppur molto ripetitivo, rimane in testa e suona bene cantato da Fadi. Se avesse sfidato qualcun altro forse avrebbe superato la prima fase. 

LEO GASSMANN: 7

Se ti presenti con quel cognome sai che dovrai combattere contro tanti pregiudizi e qualche battutina. Ma Leo sembra essere pronto a farlo. Un ragazzo molto riservato (e un pelino timido) ma con un bel timbro vocale. La canzone non è straordinariamente innovativa, ma quanto basta per essere un buon biglietto da visita, che permette a Leo Gassman di passare il turno.

IRENE GRANDI: 7/8

Grinta, grinta e ancora grinta. Irene Grandi riesce a trasmettere una grande carica quando è sul palco e a dimostrare che il rock non è certo di proprietà esclusiva del genere maschile. “Finalmente io” è un brano scritto bene. D’altronde a quel V. Rossi qualche canzoncina carina gli è capitato di scriverla…

MARCO MASINI: 6

Mi aspettavo sinceramente di più da Marco Masini. Il brano non sa di nuovo, seppur ovviamente la “pennellata” della voce di Masini lo rende piacevole all’orecchio, in particolare nel ritornello più “urlato”. Forse riascoltarlo più volte porterà ad apprezzarlo maggiormente.

RITA PAVONE: 8

Lo confesso: ero molto prevenuto sulla partecipazione di Rita Pavone al Festival. Sono invece rimasto piacevolmente sorpreso. Il pezzo è ben scritto e con un arrangiamento ben strutturato. Rita Pavone ci ha aggiunto la grinta necessaria per renderlo gradevole. E poi da un’artista di 74 anni ti aspetti imprecisioni vocali e note calanti che invece non si sono palesate per nulla nell’esibizione della Pavone. Brava! 

ACHILLE LAURO: 8 ½

Giudicare il brano di Achille Lauro tralasciando l’esibizione fuori dagli schemi di ieri sera è difficilissimo. Anzi, è impossibile. Davanti allo schermo sono rimasto a bocca aperta davanti alla follia di un’artista che su un palco, per molti versi ingessato, come quello dell’Ariston, si spoglia completamente rimanendo con una tutina aderente color carne, finendo per seguire quasi a fatica il brano. Ma riascoltato anche oggi ho ritrovato un bel brano con cui senza dubbio tutte le radio ci bombarderanno per settimane. Achille Lauro è eccentrico ma è tutt’altro che stupido. Chi sa andare oltre l’estetica del suo apparire non può che apprezzare le doti di un bravo compositore e un capace interprete. Il rischio forse è che il personaggio finisca per oscurare l’artista. 

DIODATO: 9

Il brano che mi ha colpito senza dubbio di più in questa prima serata. Trovo la voce di Diodato una di quelle più interessanti e emozionanti nel panorama musicale italiano. Capace di emozionare nelle note basse e di raddrizzare i peli del braccio quando sfoga in ritornelli acuti. Il testo fa il resto: “…Ma fai rumore sì, che non lo posso sopportare questo silenzio innaturale tra me e te.”. Non c’è altro da aggiungere. Si candida alla vittoria? Purtroppo non credo.

LE VIBRAZIONI: 6+ 

Quando Francesco Sarcina e la band sono saliti sul palco ho alzato il volume del televisore, pronto a sentire riecheggiare il distorto delle chitarre elettriche. Ma niente da fare. Un brano molto pop, che però non sa né di carne né di pesce. Trovarli primi in classifica per la giuria demoscopica mi ha colpito molto. Se lo meritano per la loro storia artistica e per il coraggio di fare (in tanti altri casi) rock in Italia. Ma non certo per questo brano.

ANASTASIO: 7 ½

Che Anastasio sia uno degli artisti più promettenti nella scena rap italiana non è più una notizia. Che affianchi il suo abile flow a basi rock già un po’ di più. E il risultato non è niente male. Un bel testo, ben interpretato!

ELODIE: 6/7

C’è tanto di Dardust nell’arrangiamento del brano. C’è tantissimo di Mahmood nella composizione e nella melodia. Poi arriva Elodie con la voce a fare il resto. In alcuni casi gli artisti famosi che affidano propri brani ad altri cantanti riescono a non invadere la scena con la propria personalità. Stavolta il tentativo è fallito. C’è troppo Mahmood in questa Elodie. E l’effetto finale non è dei migliori!

BUGO E MORGAN: 6

Un’accoppiata che non riesco ad inquadrare. Si erano annunciati come Mick Jagger e David Bowie. Ma sembrano la loro pallida imitazione. Il brano mischia il pop, la musica elettronica e le melodie vocali sopra citate a cui i due si ispirano. Per ora ci limitiamo ad un 6 politico. Riascoltato potrebbe guadagnare qualcosina di più.

ALBERTO URSO: 4

Non c’è nulla di peggio che vedere un giovane artista nei panni di un’artista anziano e consumato. Avevo già avuto questa impressione nelle sue esibizioni ad Amici, ma a salvarlo era sempre stata la sua indubbia capacità vocale nell’interpretare cover famose. Ma il nodo è venuto ovviamente al pettine nell’interpretare un brano inedito. Per essere un tenore nel 2020 ci vuole il giusto fisico e la giusta personalità. Per Alberto c’è ancora molto da lavorare.

RIKI: 5

Il brano fatica a decollare e l’esibizione di Riki con esso. Le doti ci sarebbero anche, ma questa sua partecipazione al Festival sembra più un estremo tentativo di nuova ribalta più che una effettiva ripartenza. Peccato.

RAPHAEL GUALAZZI: 6+

Una scelta, quella “carioca”, da parte di Gualazzi che sorprende ma non colpisce. Sembra più un tentativo non riuscito di uscire dagli schemi del suo genere. Poi c’è l’artista, l’indubbio estro compositivo e l’evidente capacità di fare faville con il pianoforte. E quindi ci si guadagna una sufficienza appena risicata. Il ragazzo ha delle capacità, ma stavolta si è applicato malino!

FUORI GARA
AMADEUS: 8

La sua spontaneità e la sua abilità di condurre il Festival come se fosse un programma del sabato sera qualunque è la giusta ricompensa per chi ventilava una sua ipotetica inadeguatezza al ruolo. A me è piaciuto: Bravo Ama!

FIORELLO: 6

Quando Cristiano Ronaldo è davanti alla porta ti aspetti che faccia sempre un goal in rovesciata. Se sbaglia un goal, seppur difficile, ti disperi. Beh, sarà che da un gigante della comicità e della TV come Rosario Fiorello mi aspettavo tantissimo, ma ieri sera a mio parere non ha bucato. Forse quel palco mette in difficoltà e in suggestione anche i più grandi o forse il copione a cui si doveva attenere gli stava troppo stretto. Con il passare delle serate senza dubbio andrà molto meglio!

DILETTA LEOTTA: 5 ½

La sua bellezza è indiscutibile e, tutto sommato, sa stare bene sul palco. Ma il suo monologo fra il retorico e il nazional popolare è una grossa caduta di stile. Sembra uno spezzone tratto da una puntata di “Boris”. Anche no, grazie!

RULA JEBREAL: 9

All’inizio sembra quasi infastidita dal dover vestire il ruolo di co-conduttrice in quel meraviglioso vestito con cui scende le scale dell’Ariston. Ma quando le viene data la possibilità di raccontare la sua storia e quella di molte (troppe) donne che hanno subito, a parole o a gesti, ignobili molestie, regala un momento di immensa commozione e di grande televisione a migliaia di italiani incollati allo schermo. Parole che trafiggono come lame. Bravissima!

TIZIANO FERRO: 8

Un grande artista, ma questo si sapeva, che interpreta con il cuore due brani della storia dell’Ariston. Le sue lacrime e l’immenso dispiacere di avere “rovinato”, a suo dire, il brano di Mia Martini per la troppa emozione rendono la sua esibizione commovente. 

A cura di
Francesco Malferrari

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