Diario di una Band – Capitolo Quattordici

Diario di una Band – Capitolo Quattordici
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“Non provo vergogna
se mi date del pezzente
certo io non ho il cash
ma di essere attraente
circondato da idioti
non me ne frega niente”

The Zen Circus

Ci sarà sempre, sarà ovunque, qualsiasi cosa farai o deciderai. Qualsiasi scelta dedicherai alla tua vita lui sarà sempre in agguato e scaltro come una faina che attende la sua vittima, sguscerà dal nulla e ti farà presente che il suo lavoro, operato e intuito è assolutamente più ferrato, sopraffino ed efficiente del tuo.

Lui è lo specchio del frustrato dei nostri tempi: il “rancoroso\competitivo”, e verrà ad elencarti la sua epica lista di successi senza che tu per giunta glie l’abbia mai chiesta.

Si perché il peccato capitale numero tre, l’invidia, è una bestia delle peggiori da domare in ambito musicale. La frustrazione del bene altrui vissuta sulla propria pelle, come se fosse un male proprio. Una patologia forse, ma anche un tangibile influsso di negatività pronta a saltarti sulle spalle.

Pesante e fastidiosa per chi la subisce, devastante e logorante per chi ne è affetto. Perchè raccontarsela forse è l’unica scappatoia. Borioso, consapevole e inerme dinnanzi alla plateale menzogna auto inflitta, sotto lo sguardo del mondo intero.

Sentirsi giustificato nell’esasperare le proprie prodezze, spesso inesistenti per colmare l’astio nella felicità altrui. Nella vita cosi come nella musica ne possiamo trovare parecchi, una giungla variopinta di personaggi che in assenza di un riconoscimento cercano di salvaguardare la propria figura, sempre più sbiadita e incerta, tentando di demolire quella di qualcun altro, non essendo capaci di valorizzare minimamente se stessi.

Cosi di conseguenza si rovinano amicizie e relazioni, si sfocia nel pettegolezzo, e a volte si arriva a soluzioni drastiche ed inevitabili.

E fa male, perché il mondo è grande, personalizzabile, adattabile e malleabile senza la necessità di andare al risparmio. Questi personaggi però lo riducono a un monolocale senza finestre. L’invidia e la cattiveria tendono a comprimere in un barattolo le possibilità infinite a disposizione, e tracciano in maniera inderogabile una sola strada sulla quale affrontare il problemi e la felicità, che di conseguenza diviene anch’essa un caso difficile di confronto. Il tempo che si spende nello scrutare gli errori altrui e tramutarli in input positivi per la propria grandezza è l’emblema di una patologia che trova probabilmente responsabilità nella società e nei meccanismi in cui viviamo.

Una ricerca costante del successo non è più uno standard da agguantare, l’arrivo non deve essere solo il compimento di un percorso. Ci hanno abituato all’eccellenza anche quando è evidente che è ben lontana dalle possibilità, in questo modo il desiderio supera la logica e di conseguenza quello per cui dovresti andare ampiamente fiero non è un approdo su cui costruire, rilassarsi o gongolarsi, ma diviene la caricatura di ciò che si desidera e mai si potrà avere.

L’invidia vuole scoprire negli altri qualcosa che manca non appena si inizia a gioire di qualcosa. Qui lo scatto con la perfidia è breve, l’aggiunta di cattiveria alla persona invidiosa genera un alchimia oscura di prepotenza, si sfocia nella cattiveria ed è molto pericoloso.

Fare musica per il gusto di farla non prevede questo, cosi dico con certezza e convinzione, senza buonismo di circostanza, ch’è meglio godere del pentagramma a tasche vuote se il soldo deve far morire la passione, ch’è un bene grande e una fortuna avere amici più preparati, imparare da loro anziché crepare di risentimento, stilando una soap opera degna del miglior Beautiful, creando un clima teso e nervoso fatto di ostacoli e vociferazioni acide del tutto insensate e gratuite. Rimboccarsi le maniche se l’attitudine e la tecnica non soddisfano, perché non è colpa di nessuno se la tua vita ti fa schifo. Certo e convinto che nella gente è ancora possibile trovare conforto e parole buone, senza erigere muri d’invidia e male lingue.

Arriva poi l’altro “fenomeno” di turno che spesso va a braccetto con l’invidioso, il Superbo.

Si perché questo personaggio non è altro che un invidioso che ha un’ esagerata necessità di riconoscimenti imminenti, convinto ed innamorato della sua vera o presunta superiorità, ma senza l’ausilio di un briciolo di pazienza per collegare il pensiero alle corde vocali, esente dal ponderare ogni minima conseguenza di azioni e parole.

E forse in una società che giustamente ci vuole sullo stesso piano, la superbia e l’invidia trovano terreno fertile su cui proliferare. La forma totale di uguaglianza lancia la sfida a questi individui, dando loro uno stimolo dedito alla lotta, a una guerra per il riconoscimento che li possa elevare ad un gradino superiore.

A me personalmente viene da dire che in realtà come mescoli i numeri, l’equazione darà sempre lo stesso risultato. Ci sarà sempre l’insoddisfazione momentanea e ci sarà sempre qualcuno da spiare perché sta ottenendo risultati a suo avviso più soddisfacenti. Non vuole intendere ragione, non tollera alcuna contraddizione ed ama la compagnia di adulatori e reietti di stampo ruffiano. La contraddizione non esiste in materia.

In questa capatina, in questo piccolo girone all’inferno che abbiamo fatto è bene tenere a mente che la personalità e la lucidità d’intenti spesso sono più importanti della tecnica. Lunga vita a chi studia sia chiaro, però mescolare la musica alla vita goduta è un fattore non cosi scontato. Scrivere i propri brani non è più un meccanismo automatico se alla base dei pensieri vige l’assillo verso terzi. La psicologia umana è un labirinto che apre e chiude porte a piacimento e non regala nulla se l’anima vive di rancore. Lo stress ha indubbiamente generato il rock’n’roll ma è comunque un disagio personale e una disapprovazione individuale che non mettono l’uomo in competizione con i propri simili. Quindi anche chi può essere portato ad intuizioni geniali perderà in partenza, combattendo una crociata solitaria verso se stesso e non verso gli altri, questa è la prigione che li condanna.

L’importante è comunque riuscire a sviare da certe persone, aiutarle se la compassione tocca picchi tanto grandi (anche se come ho scritto prima certe persone non vogliono intendere ragione), ma non  fatevi coinvolgere e convincere che voi non siete abbastanza perché non è cosi.

Rendi conto alla tua fatica e al tuo impegno, ai tuoi mezzi e alle persone che credono nel tuo sforzo e sacrificio, perché come scrissi in un pezzo di qualche anno fa “il marcio non sta nella merda ma sta nelle mosche”.

E le varianti inaspettate sono quelle che prediligo, perché il colpo di scena rende tutto più epico, essere in grado di sostenere un disagio lo reputo una conquista, tramutare il disagio in una canzone o perché no in uno stile lo ritengo un prodigio. Il modo più controverso per fottere la vita che ti sta mostrando il dito medio da troppo tempo e capovolgere gli schemi, rendendo gradevole un periodo di affanno, mettendolo in congelatore la paranoia e tramutando quel peso sullo stomaco in parole, grida e saliva sul microfono, oltre alla tanto ricercata (altrui) approvazione della gente.

Esempi pratici ce ne sono tanti e le tossine umane che ho cercato di decifrare in precedenza sono troppo presi da loro stessi per ammettere di avere bisogno di guide, loro non credono di aver bisogno di imparare e infatti fanno terra bruciata intorno a loro rimanendo ancorati nella loro mediocrità come incastrati nel cemento armato.

Invero da imparare abbiamo tutti tanto, e l’esempio lo si può scorgere in ogni ambito, da ogni cosa che può servirci ad alzare l’asticella della nostra voglia di migliorare, basta essere vigili e curiosi.

Perchè è bellissimo condividere, ma è necessario e altrettanto appagante mantenere un’indipendenza morale, etica, artistica ed intellettuale con le quali fare i conti.

Il solo pensiero di essere per qualcuno un riferimento, trasmettere un buon esempio, regalare gesti sani senza chiedere niente in cambio.

La compassione verso gli altri e la stima per stessi, similitudine che dimostra la convivenza del bene in questo mondo.

Ma occhio, perché non c’è peggiore individuo del vigliacco mascherato da cattivo.

a cura di

Vasco Bartowski Abbondanza

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Vasco Bartowski Abbondanza

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