“No Other Choice” di Park Chan-wook debutta in anteprima in concorso alla 82ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Ecco la recensione in anteprima.
Tra i film in concorso alla 82ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia spicca No Other Choice, il nuovo film di Park Chan-wook. Il regista coreano, già noto per titoli come Old Boy e Lady Vendetta, torna sugli schermi con un thriller dalla forte componente comica. La pellicola raggiungerà le sale italiane a gennaio 2026, distribuita da Lucky Red.
“No Other Choice”
Il film segue le vicende di Man-su, un lavoratore nell’industria della carta che si trova improvvisamente licenziato. Divorato dalla consapevolezza di non riuscire più a mantenere la propria famiglia e pagare la propria casa, l’uomo cerca disperatamente lavoro. Un colloquio andato male presso l’azienda Moon Paper lo porta, infine, a maturare una consapevolezza: se non c’è un posto, allora se lo dovrà creare da solo.
Al momento il film sembra riscuotere recensioni positive sia dal pubblico che dalla critica e, personalmente, mi trovo totalmente d’accordo. Ecco, dunque, di seguito per voi la recensione in anteprima!

Non c’è altra scelta
No Other Choice usa come sfondo per raccontare la sua storia il precariato, causato della crisi dei settori industriali. Quello della carta in cui lavora il protagonista si trova in un momento di declino e, di conseguenza, i datori di lavoro delle varie aziende sono costretti a licenziare i propri dipendenti. L’aspetto interessante di questa situazione estremamente comune è che la giustificazione usata da tutti è: “non c’è altra scelta”. Questa frase diventa una spiegazione inattaccabile, una verità spietata che annulla completamente il lato umano dell’industria.
No Other Choice compie, però, un’operazione molto interessante, dal momento che cerca di traslare questo concetto di assenza di scelta anche in altri contesti. I personaggi del film si trovano così a compiere azioni spaventose in nome di questa inevitabilitá. Man-su, nello specifico, sentendosi con le spalle al muro nella sua ricerca di lavoro, usa questa frase come mantra, mentre compie azioni criminali.
Questo parallelismo tra l’industria e l’umano crea un contrasto ironico ed efficace, mettendo in luce le controversie della questione. Che le industrie non abbiano particolare cura dei propri dipendenti è un dato di fatto di cui, tendenzialmente, la popolazione è consapevole. Il merito della pellicola è però problematizzare l’inevitabilitá delle azioni dei datori di lavoro, spesso considerata un male necessario.

La parte peggiore di sé
Il rovescio della medaglia è, invece, l’abbruttimento dei personaggi che, pur di rimanere a galla, sono veramente disposti a tutto. Questo è particolarmente vero se si prende in considerazione il protagonista. Man-su parte come un uomo dai saldi valori tradizionali: un marito premuroso, padre amorevole e instancabile lavoratore. Il licenziamento, però, lo porta presto a fare i conti con il suo lato più oscuro, soprattutto quando viene messa in dubbio la sua capacità di provvedere alla propria famiglia.
Tralasciando gli estremi che non ha paura di raggiungere, la caduta valoriale di Man-su assume principalmente due rappresentazioni metaforiche. Da un lato c’è l’alcol, la tentazione da cui il protagonista non sembra mai liberarsi e a cui, nonostante lo neghi, rischia di abbandonarsi. Dall’altro c’è la carie ai denti, un dolore basso ma costante che, di tanto in tanto, raggiunge dei picchi difficili da gestire. Nonostante ciò, l’uomo rifiuta di andare dal dentista per svariate ragioni concrete e simboliche. Sicuramente, evitare un dottore significa anche ignorare quel lato oscuro che rischia di consumarlo.
Una commedia consigliata
Pur toccando tematiche tanto delicate, No Other Choice si configura in primis come una commedia. I personaggi e le situazioni sono portate all’estremo, creando così una distanza emotiva che permette allo spettatore di farsi una risata. Indubbiamente si tratta di una pellicola da vedere e apprezzare, possibilmente sul grande schermo.
a cura di
Claudia Camarda
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