Il quadro rubato: la recensione in anteprima del film di Pascal Bonitzer

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Pascal Bonitzer firma il suo nono lungometraggio, Il quadro rubato, ispirato alla storia vera del ritrovamento del famoso dipinto “I Girasoli” di Egon Schiele. Il film – interpretato da Alex Lutz, Léa Drucker, Arcadi Radeff e Louise Chevillotte – arriverà nelle sale italiane a partire dal prossimo 8 maggio.

Ispirato a fatti realmente accaduti, Il quadro rubato (presentato all’ultima edizione del Bif&st) narra dell’incredibile ritrovamento de I Girasoli di Egon Schiele, pittore espressionista che, nonostante la sua breve vita (muore a 28 anni per influenza spagnola), realizza circa 340 dipinti e altre 2800 opere, tra acquerelli e disegni. Disperso nel corso della Seconda Guerra Mondiale, il quadro viene localizzato a Mulhouse, nella casa del giovane Martin Keller, inizialmente ignaro dell’inestimabile valore dell’opera.

È un gioco di sguardi quello che si sviluppa ne Il quadro rubato (Le tableau volé, il titolo originale). C’è lo sguardo di Martin (Arcadi Radeff), umile e semplice operaio di una piccola cittadina, che dell’opera avrebbe per sempre ignorato il valore se non fosse stato per un suo amico, che ne ammira per caso un’immagine all’interno di una rivista d’arte. Un dipinto andato perduto nel 1939, ritenuto distrutto in virtù della politica nazista della cosiddetta “Arte degenerata”: termine con cui si indicavano le opere che non riflettevano i valori della razza ariana. Un altro esempio della paura e dell’ignoranza dell’impero nazista.

André (Alex Lutz) e Bertina (Léa Drucker)

Ma c’è anche lo sguardo di André Masson (Alex Lutz, Vortex), battitore della casa d’asta Scottiie’s che, insieme alla sua collega ed ex moglie Bertina (Léa Drucker, Close), si reca dal giovane convinto di trovarsi davanti ad un falso. Quando entrano in casa e si dirigono nella stanza dov’è ubicato il quadro, i loro volti contratti e dubbiosi si sciolgono in una risata imbarazzata, isterica e ricca di tensione emotiva. Il quadro è autentico e può valere anche dodici milioni.

L’aspetto lucroso delle opere d’arte

Attraverso i toni leggeri della commedia, Pascal Bonitzer ci svela la faccia più cinica e imprenditoriale del mondo dell’arte. Un ambiente dove si indossa costantemente una maschera per sedurre il cliente, affinché quest’ultimo si fidi ciecamente. “Un banditore d’asta è come un chirurgo estetico, bisogna fidarsi di lui”, dice un’anziana signora in uno dei primissimi dialoghi del film.

Un’affermazione che sa tanto di dichiarazione d’intenti, quasi come se il regista volesse subito evidenziare l’aspetto più ambiguo e sfuggente di un mondo che noi spettatori non potremmo mai conoscere fino in fondo. Un habitat fatto di tese relazioni professionali, di sottile ironia e di raggiri.

Una realtà che non appartiene affatto a Martin e alla sua famiglia. Il giovane operaio all’inizio vuole addirittura disfarsi del quadro senza trarne alcun tipo di profitto, permettendo agli eredi del pittore di riappropriarsene a distanza di decenni. Una scelta che lo mette quasi in cattiva luce agli occhi degli amici, che non ne comprendono la scelta. La sua è un’esistenza semplice, umile, che mal si accosta a quella frenetica e imprevedibile del mondo delle aste d’arte.

Aurore (Louise Chevillotte) e André (Alex Lutz)

Pesce fuor d’acqua appare anche Aurore (Louise Chevillotte, L’Événement), stagista alle dipendenze di André, che non si sente tagliata per un lavoro dove si recita costantemente un ruolo. Dove si deve essere disposti a tutto pur di vendere, altrimenti l’oggetto passa alla concorrenza. “È magnifico questo lavoro, quando ti imbatti in qualcosa di veramente raro. Allora sei davvero Indiana Jones. Ma il resto del tempo, flirtiamo. Facciamo le puttane”, le dice André in una conversazione in macchina.

Conclusioni

Attraverso una regia essenziale e rispettosa della storia che vuole portare in scena, Pascal Bonitzer mostra l’aspetto lucroso che muove il mercato dell’arte. La commozione di André e Bertina di fronte al dipinto è infatti solo un fugace momento di sincera ed intensa emozione, che lascia subito spazio alla mercificazione dell’opera.

Altra nota positiva, la prova del cast: Alex Lutz, Léa Drucker e Louise Chevillotte sono perfetti nel dare vita a mercanti cinici e senza scrupoli. Persone interessate più al profitto che a una vera e propria scoperta artistica.

Tra i vari personaggi messi in scena dal regista parigino, quello meno interessante appare però Aurore. Utile alla sceneggiatura per spiegare allo spettatore come funziona il mondo delle aste d’arte, è nei fatti il personaggio maggiormente sacrificato in fase di scrittura, manchevole di un vero e proprio approfondimento. La diatriba familiare col padre è solo accennata e mai davvero sviscerata, risultando superflua a fini della storia.

Un aspetto che, però, non rovina la visione del film. Il quadro rubato vi aspetta in sala a partire dal prossimo 8 maggio.

a cura di
Alessandro Michelozzi

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