“Captain America: Brave New World” – La recensione in anteprima dell’ultima fatica targata Marvel

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Siamo arrivati alla penultima pellicola della “fase cinque” del Marvel Cinematic Univers, che tra alti (tanti) e bassi (più di qualcuno) ci sta accompagnando ormai da 17 anni. Questo Captain America si dimostrerà degno erede di Chris Evans o rimarrà incastrato nel ruolo della spalla del suo predecessore? Scopriamolo insieme!

Sembra ieri quando sugli schermi dei cinema di tutto il mondo, nel finale di un film che segnò l’inizio del Marvel Cinematic Univers, riecheggiarono le parole: “Io sono Ironman”. Da allora sono passati quasi 17 anni e 35 film (incluso questo Captain America) che ci hanno trascinato letteralmente sulle montagne russe tra alti e bassi, soprattutto nelle ultime fasi.

Il personaggio di Captain America è chiamato a risollevare definitivamente un universo che ha tirato già una boccata di aria fresca con Deadpool & Wolverine, dopo il flop clamoroso di The Marvels. Al tempo stesso, cerca di cancellare dagli occhi dei fan l’interpretazione di Chris Evans (cosa quasi impossibile) per rendere giustizia a quella di Anthony Mackie, bravissima spalla, ma non protagonista assoluto (nonostante la Marvel ci stia provando).

Era il 10 novembre 2024 quando Disney distribuì il primo trailer di Captain America: Brave New World: da quel primo momento dentro di me si insinuarono parecchi dubbi su quello che sarebbe stato il film. Due minuti creati ad hoc per infondere interesse nello spettatore e far capire sin da subito l’antagonista, o forse no?

Una V digitale

A differenza di molti film d’azione, qui partiamo subito a mille! Captain America deve recuperare un cilindro rubato, all’interno del quale si trova un oggetto preziosissimo che il Governo non può lasciare in mano “ai cattivi”. Ma, grazie alle sue ali di vibranio – benedetti siano i wakandiani! – e l’aiuto della sua spalla Joaquin Torres (Danny Ramirez), l’antico vaso… ehm, il cilindro, viene portato in salvo.

Per festeggiare questo successo il Presidente Ross (Harrison Ford) – si proprio l’ex comandante che ha dato la caccia a Hulk! – invita l’eroe alla Casa Bianca per l’incontrare i potenti del mondo. Qui finalmente scopriamo che nel cilindo era presente l’adamantio, il materiale che soppianterà il vibrano, dato che i wakandiani non hanno intenzione di condividerlo.

Ma durante la cerimonia succede qualcosa: un attentato al Presidente andato male darà il via ad un valzer di eventi che susciterà teorie e pensieri su chi sarà il cattivo e per quale motivo agirà. Fino alla verità dei fatti e alla comparsa di quell’Hulk rosso, che tutti coloro che vanno al cinema aspettano e che vedranno per circa 10 minuti su due ore di film. Forse un po’ pochino, ma è solo un mio parere personale.

Tra camei che esaltano più di gran parte dell’azione e un finale forse troppo scontato, con una scena dopo i titoli di coda tra il deludente e il sorriso tirato, si esce dalla sala con quel leggero amaro in bocca di chi si rende conto che Captain America: Brave New World non sia un brutto film, ma di come potesse osare decisamente di più.

Una regia da compitino

La regia ha il solito atavico problema di molti film Marvel: è sbrigativa e abbozza molti personaggi che meriterebbero più spessore, a partire dall’antagonista che, per quanto interessante, non viene minimamente approfondito, ridotto all’ombra di ciò che potrebbe essere realmente.

La sceneggiatura propone una spy story, che però si scontra con la necessità di azione tipica dei film Marvel, portando il film ad assumere un andamento a V: partenza col botto, appiattitasi nella parte centrale per culminare poi in un finale scoppiettante – ma forse troppo telefonato, anche a causa dei trailer che “parlano” troppo.

L’interpretazione di Anthony Mackie rimane oscurata da quella del Cap di Chris Evans (come del resto già visto nella miniserie The Falcon and the Winter Soldier), facendo storcere il naso a più di uno spettatore e alimentando il desiderio del ritorno sullo schermo di Steve Rogers – anche solo da vecchio! – per risollevare il brand.

Per contro, Harrison Ford fa se stesso, con un’interpretazione all’altezza che non ci fa rimpiangere il compianto William Hurt nella parte dell’ex generale Ross, ma che comunque instilla nello spettatore la necessità di voler vedere qualcosa di più.

Per quanto riguarda la colonna sonora, ci troviamo davanti ai soliti livelli Marvel. Essa supporta lo scorrere del film quasi come quell’amico che ti tiene la fronte dopo una serata particolarmente alcolica, senza essere mai invadente. Insomma, il giusto mix per uscire dal cinema dopo due ore senza pensare di aver perso del tempo, come capitato con altre pellicole MCU.

Un bel 18

Ma, in definitiva, Captain America: Brave New World è un bel film?

La risposta a questa domanda è: per il genere, .
La pellicola riesce a risollevare un MCU scricchiolante (escludendo la perla Deadpool & Wolverine), nonostante un protagonista ancora troppo debole rispetto al predecessore.

Un film da vedere con leggerezza e senza pretese, arricchita da due camei che fanno saltare sulla sedia, accompagnati dal tipico “Daaaaamn”. Era da tempo che non si vedeva una pellicola iniziare così tanto col botto, senza poi perdersi per strada come spesso accade.

Il perfetto incipit per gli Avengers che verranno (perché d’altronde questo Cap dovrà ricostruirli) e un primo sipario che si chiude su una quinta fase Marvel tutt’altro che memorabile, con la speranza che il futuro sia di nuovo luminoso come all’inizio di quest’avventura.

Captain America: Brave New World è un film che vi farà tornare la voglia di andare al cinema in compagnia, non solo per l’incredibile linea di prodotti a tema che troverete, ma soprattutto per gettare uno sguardo sul futuro di alcuni amati personaggi e per confrontarsi insieme su ciò che è accaduto, un po’ come ai vecchi tempi.

La Marvel è tornata?
Forse sì, certamente si è risollevata dopo un periodo difficile, lanciando la sfida alla rinnovata DC che, con James Gunn al comando, duellerà con lei nei prossimi anni a venire.

Buona visione.

a cura di
Andrea Munaretto

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di Andrea Munaretto

Nato nell'84 e fin da quando avevo 4 anni la macchina fotografica è diventata un'estensione della mia mano destra. Appassionato di Viaggi, Musica e Fotografia; dopo aver visitato mezzo mondo adesso faccio foto a concerti ed eventi musicali (perché se cantassi non mi ascolterebbe nessuno) e recensisco le pellicole cinematografiche esprimendo il mio pensiero come il famoso filtro blu di Schopenhauer

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