“Liliana”, il nuovo documentario sulla vita della senatrice Liliana Segre diretto da Ruggero Gabbai, sarà al cinema nelle giornate del 20-21-22 gennaio.
Il documentario Liliana si pone due obiettivi ben specifici: descrivere la vita e la personalità della sua protagonista e raccontare in modo nitido e chiaro quella che al giorno d’oggi è una delle ultime testimonianze dirette di una sopravvissuta alla Shoah. Attraverso due interviste svolte in un diverso periodo della sua vita (una negli anni 90 e una nel 2024), il regista Ruggero Gabbai riesce a rendere onore alla forza e alla determinazione di Liliana Segre. Una donna che, grazie alla sua volontà di narrare l’orrore che ha vissuto, continua a ricordare l’Olocausto in modo nitido.
La storia di Liliana Segre
Nata a Milano il 10 settembre 1930 da una famiglia ebrea laica e non praticante, Liliana Segre subisce a soli 13 anni le pressioni delle leggi razziali fasciste, che la obbligarono a lasciare la scuola. Dopo essere stati respinti dalle autorità svizzere a seguito di un tentativo di fuga, lei e il padre furono portati in carcere e successivamente trasportati nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau. All’interno del quale sarà costretta ai lavori forzati presso la fabbrica di munizioni Union, sopravvivendo a tre selezioni e alla marcia della morte, fino alla sua liberazione il 1° maggio 1945. Al contrario di suo padre e dei suoi nonni paterni, che morirono invece all’interno del campo.
“L’indifferenza è più colpevole della violenza stessa. È l’apatia morale di chi si volta dall’altra parte: succede anche oggi verso il razzismo e altri orrori del mondo. La memoria vale proprio come vaccino contro l’indifferenza.“
Liliana Segre
Decenni dopo l’accaduto, Liliana decise di rendere pubblica la sua esperienza e divenne una delle figure di sensibilizzazione più rappresentative in Italia, impegnandosi a raccontare alle generazioni più giovani gli orrori dell’Olocausto. Nel 2018, Sergio Mattarella la nominò senatrice a vita grazie al suo impegno nel sociale.
Già nel 1997 Ruggero Gabbai firmò un’importante documentario sull’Olocausto intitolato Memoria, contenente diverse testimonianze, tra cui quella della Segre. Occupandosi del resoconto di un solo soggetto, con Liliana il regista riesce a concentrarsi non solo sugli eventi all’interno del campo, ma anche sui successivi traumi che un sopravvissuto porta con sé. All’interno del documentario, più volte la senatrice racconta di aver trascorso un periodo di depressione che la portò a non uscire più di casa. Si sofferma sulla sua iniziale difficoltà nel condividere l’orrore con i figli e altresì nell’essere una “normale madre”.
Le testimonianze dei figli
Importantissime all’interno del documentario le testimonianze dei tre figli Alberto, Luciano e Federica. Ognuno dei tre (ma soprattutto Alberto e Federica, che subirono le “stranezze” della madre) sentiva di dover rendere felice quella donna il cui passato era adombrato di morti. Il primogenito racconta come percepisse attorno a Liliana la presenza di quell’ombra e di come, solo a seguito di una discussione con il genitore di un amico sul numero tatuato sul braccio della donna, scoprì la verità. Federica narra invece del divieto di intrattenere rapporti di amicizia con persone tedesche o avere prodotti di provenienza tedesca.
Molto particolare il modo in cui Liliana confidò alla figlia l’esperienza ad Auschwitz, leggendole i diari che lei stessa scrisse durante la prigionia. Episodio che non venne mai più ripreso e riesumato da nessuna delle due.
Oltre alle loro, sono presenti anche le interviste dei nipoti, con cui Segre riesce ad avere un rapporto nonna-nipote più equilibrato. Sono presenti anche gli interventi di diverse personalità facenti parte di varie associazioni benefiche o attinenti alle vittime della Shoah che hanno interagito con Liliana. Infine, il documentario dà voce anche a personalità della televisione o del mondo politico che hanno avuto modo d’interagire e stimare la figura della senatrice. Tra questi ci sono Fabio Fazio, Enrico Mentana, Geppi Cucciari e Mario Monti.
La forza di Liliana Segre
Grazie a questo film è impossibile non provare ammirazione per Liliana Segre. Nonostante la sua paura che il tempo trasformi l’Olocausto in una piccola riga nei libri di storia, la donna dimostra un’energia e una forza incredibili per una persona di 94 anni. Incredibilmente determinata a mandare avanti la sua campagna di sensibilizzazione, in modo che non si ripeta mai più un tale episodio d’indifferenza di fronte ad un massacro e alla persecuzione di persone aventi come unica colpa quella di essere nate ebree.
Per sua stessa ammissione Liliana non vuole dimenticare o ignorare quello che le è successo, perché quel numero sul braccio – nel bene e nel male – fa parte di lei e della persona che ha scelto di essere.
In conclusione
Liliana centra entrambi gli obiettivi suddetti. Durante la visione del documentario, un brivido scorre lungo schiena, accompagnato da quel senso di morte che questa donna ha provato sulla sua pelle all’età di soli 13 anni, durante l’anno e mezzo di prigionia. Il film riesce così nella sua campagna di sensibilizzazione sul tema della Shoah. Uscito dalla sala, ne ammiri la forza, nutrendo stima e rispetto per un’eroina del tempo presente.
a cura di
Andrea Rizzuto
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