Dostoevskij: la serie che non dimenticherete
Dostoevskij, la prima serie dei fratelli D’Innocenzo composta da 6 episodi, è interamente disponibile in esclusiva su Sky e in streaming su Now. Un crime che va aldilà del genere, con aspetti psicologici che vi lasceranno turbati. Ma possiamo considerarla un’esperienza (quasi) necessaria.
Dopo l’anteprima mondiale allo scorso Festival di Berlino, è finalmente disponibile su Sky e Now Dostoevskij dei fratelli D’Innocenzo (Favolacce, America Latina), un crime fatto, ideato e realizzato a modo loro. Perché tutto si può dire di loro, tranne che non abbiano uno stile unico. Un’idea stilistica che, per certi versi, si può accostare a quella di grandi registi come Lanthimos, Haneke, Kaufman, Von Trier.
Registi che non fanno compromessi con produttori e pubblico, lucidi e visionari, perfettamente inseriti in un millennio di incertezza e confusione come quello attuale.
La trama
Una serie di barattoli vuoti, una lettera di addio e un uomo steso per terra, in attesa della morte. E’ questo l’incipit di apertura di Dostoevskij. L’uomo disteso è Enzo Vitello, valido investigatore con un passato di fallimenti umani, allietati da psicofarmaci. E sullo sfondo c’è un serial killer da lui ribattezzato Dostoevskij per le lettere che lascia dopo ogni omicidio.
Lentamente, il vuoto che fa parte della vita di Vitello trova in quelle lettere una sorta di condivisione. Solo lui sembra in grado così di entrare nella mente del serial killer, nella sua spirale di morte e desolazione. La ricerca porterà entrambi in una discesa nell’inferno delle loro anime perdute.
Un crime-noir in salsa…D’Innocenzo
In Dostoevskij i fratelli D’Innocenzo rinnovano il genere crime e noir secondo il loro stile. La desolazione di paesaggi, il senso di sporcizia e di abbandono che è un tutt’uno con un’umanità senza più riferimenti. Oltre all’angoscia degli avvenimenti, si aggiungono i rapporti non risolti come quello di Vitello con sua figlia Ambra (Carlotta Gamba), abbandonata dal padre e destinata ad una vita tossica. Antonio Bonomolo (Federico Vanni) capo dell’avamposto di Polizia, forse l’unico in grado di provare compassione e persino empatia per lui. Anche lui, uomo legato alla sua famiglia più per dovere e incapace di tenere unita la squadra investigativa, con lacune notevoli nel caso Dostoevskij.
“Le estreme conseguenze dell’essere vivi. Di questo narra la serie. Un uomo che ha perso tutto in una terra di uomini che hanno perso quasi tutto. Un uomo che ha scelto di perdere anche se stesso. O forse no. C’è da risolvere un caso. Un caso che entra di diritto nelle cose che ti appartengono.”
Fratelli D’Innocenzo
Cura dei dettagli
Lo stile dei fratelli D’Innocenzo non si limita solo a descrivere la desolazione di luoghi e sentimenti. Le ambientazioni scarne, come ha dichiarato lo sceneggiatore Roberto de Angelis, hanno richiesto un maniacale lavoro di scouting attraverso la Bassa Tuscia, l’Agro Pontino.
Il risultato è stata una costante (s)composizione di ambienti talvolta molto distanti, ma accomunati da una natura obliqua che accompagna il viaggio discensionale verso gli inferi della trama. “Plasmare l’ambientazione di ‘Dostoevskij’, per come io possa intendere la scenografia, è stato un traguardo!”
Altro dettaglio importante della realizzazione è la fotografia. Dai toni horror con scene spesso girate quasi al buio (e la fatica di renderle più naturali possibili). In rari momenti, invece, la luce sembra quasi salvifica e accecante, come una sorta di riconciliazione col mondo. Ma soprattutto non è mai scontata.
I movimenti di Vitello sembrano simili a quelli di Jack Torrance in Shining, con una serie di carrellate a seguire. Sembra come se in quel movimento frenetico Vitello ci porti con se, fino al plot twist finale e rivelatore.
Indizi
A degno completamento di questa opera è uscito il libro Indizi (La Nave di Teseo), sempre a firma fratelli D’Innocenzo. Un approfondimento del loro metodo di lavoro e dell’esperienza del loro set. Nel libro ogni episodio ha uno storyboard disegnato, ciò testimonia alcune scene della serie sospese come tavole di fumetti. “Indizi” è un viaggio nel mondo di Dostoevskij mentre Dostoevskij veniva fatto, pensato, interrogato, discusso, ripensato, sbagliato, ascoltato, corretto, colto.
In definitiva, non è sicuramente una serie fatta per il grande pubblico. Ma i fratelli D’Innocenzo sono registi che dimostrano tutta la loro maestria e il loro amore per il cinema. Uno stile che si è consolidato negli anni e Dostoevskij ne è pregno. Una visione che lascia sconcertati grazie anche alla cura dei dettagli vivisezionati, analizzati e raccolti.
Le citazioni ai grandi maestri del cinema (ad esempio “il contenitore che rimanda alla Blu Box di “Mulholland Drive” di David Lynch). E ancora luoghi sospesi senza tempo, dove non esistono riferimenti. La scena di Bonomolo in un bar isolato col giovane barista potrebbe essere girata in una landa desolata dell’Arizona.
In conclusione vogliamo citare l’interpretazione intensa di Filippo Timi che interpreta l’investigatore Vitello. Un lavoro durato nove mesi, girato in inverno, di notte. L’attore ha perso 12 chili per rendere credibile il personaggio. E ancora Carlotta Gamba che aveva preso parte in America Latina. Federico Vanni nella parte di Antonio Bonomolo. Gabriel Montesi, già comparso nel film Favolacce e ora impegnato nella parte di Fabio Buonocore, giovane e ambizioso poliziotto entrato nella squadra di ricerca.
a cura di
Beppe Ardito
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