Il Cinema Ritrovato, giorno 1 – non solo Wim Wenders!

Il Cinema Ritrovato, giorno 1 – non solo Wim Wenders!
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22 Giugno 2024: la prima giornata de Il Cinema Ritrovato 2024 volge al termine. È tempo di un recap delle opere in proiezione, con analisi, approfondimenti e racconti della giornata.

“Tokyo Drifter” di Seijun Suzuki, 1966 (82′)

Tokyo Drifter (titolo originale Tôkyô nagaremono) pare essere il racconto di un nonno Yakuza al nipotino nei suoi ultimi attimi di vita: è un viaggio positivamente confusionario, che trasporta lo spettatore attraverso ambientazioni diametralmente differenti, spaziando dal vibrante centro di Tokyo, a bar grottescamente minimalisti, fino a templi in mezzo alla neve. Tutto accompagnato da trama e personaggi iconici nel loro stile, esagerati, spinti all’assurdo.

Still di una delle scene finali della pellicola

La violenza è rappresentata in modo ilare, con personaggi che risultano essere vere e proprie macchiette, ognuno legato ad un soprannome che ne racconta l’importanza nella pellicola. Il più iconico è sicuramente quello del protagonista, Tetsu – detto la Fenice perché non muore mai, o quasi. 

La colonna sonora Tôkyô nagaremono risuona per tutta la durata del film, avvolgendo le situazioni più disparate e contribuendo a creare un’atmosfera unica (sul finale, soltanto il rispetto per Suzuki ha evitato che l’intero pubblico del Cinema Arlecchino ritmasse con applausi le note della melodia).

Come The Warriors (1979), questa pellicola negli anni è riuscita a diventare un cult, ispirando cineasti moderni e contemporanei di genere. L’impatto enorme sull’animazione giapponese e la rivoluzione nel gangster (anche in Occidente) hanno avvalorato il suo posto nella storia del cinema.

Insomma, se la trama sembra essere “quella classica da film gangster asiatico”, è perché Tokyo Drifter ne ha dettato le regole.

“The Amazing Dr. Clitterhouse”

Cinema Jolly, ore 14.00. The Amazing Dr. Clitterhouse (Il sapore del delitto) apre la rassegna dedicata ad Anatole Litvak, con un’introduzione di Ehsan Khoshbakht (co-direttore del Cinema Ritrovato). Molti potrebbero chiedersi chi sia questo regista e, se anche voi fate parte di questa maggioranza, non preoccupatevi: nemmeno io lo conoscevo, ma vi posso assicurare che vale la pena di scoprirlo.

Nato a Kiev da una famiglia ebrea, Litvak ama raccontare le storie di protagonisti imperfetti che riflettono la crisi della Rivoluzione Russa e del dopoguerra. Il tema centrale della sua filmografia, infatti, è proprio il confronto con i traumi del mondo a seguito della guerra. Questi spesso si traducono sul piano della psicoanalisi (come in questo caso) e, più precisamente, sull’osservazione del disturbo post-traumatico nei soldati.

Tratto da una commedia di Barre Lyndon, The Amazing Dr. Clitterhouse (1938) si propone come un insolito gangster movie che mescola una trama noir a brillanti giochi di parole. Insomma, una versione innovativa di un genere ben noto alla Warner Bros!
Il protagonista della pellicola è uno psichiatra (Edward G. Robinson) che, affascinato dalla psicologia dei criminali, decide di condurre un esperimento in prima persona. Clitterhouse si trova presto invischiato in una banda di criminali, tra i quali spicca un inconfondibile Humphrey Bogart. Arrivato a questo punto, allo spettatore non rimane che da chiedersi quale parte del protagonista sia la vera finzione: il suo lato criminale o la sua facciata da dottore?

“The amazing dr Clitterhouse”

Se ancora non sono riuscita a convincervi, vi riporto anche i nove punti chiave della regia di Litvak, presentati da Ehsan Khoshbakht.

  1. Lo spazio è più importante della storia e, quindi, bisogna dare più importanza
    all’atmosfera.
  2. La telecamera è uno strumento musicale, un microscopio, che serve per raggiungere
    l’armonia del film.
  3. Nei film devono esserci identità femminili forti e personaggi maschili con
    insicurezze.
  4. Bisogna includere sequenze con musica e balli, in contrasto a momenti di
    solitudine. Questi ultimi permettono un’analisi più interessante del personaggio.
  5. Bisogna cercare di rappresentare i dilemmi interiori di ciascun personaggio
    all’interno di un contesto storico ben definito. In questo modo anche il pubblico
    riesce ad immedesimarsi nei personaggi.
  6. La relazione uomo-donna è un gioco e, in quanto tale, libera.
  7. Quando possibile bisogna usare il complesso di Edipo o quello di Elettra. Non è
    importante sapere quale sia quale, basta che siano termini greci. Ciò che è greco
    funziona sempre bene nella rappresentazione.
  8. Servono anche le riprese notturne. La notte è bellissima e, avere dei riferimenti ad
    essa nel titolo, è sempre affascinante.
  9. Anche quando la sceneggiatura è orribile, un lieto fine sorprendente e moderno può
    far avere successo alla pellicola.

In sintesi, citando le parole del protagonista di questo film, l’arte di Anatole Litvak è “Amazing”.

“A Trick of the Light” di Wim Wenders, 1995 (79′)

“Se dovesse rimanere una sola sala, che sia il Modernissimo”.

Così Wim Wenders si introduce al pubblico de Il Cinema Ritrovato, presente in sala per A Trick of the Light (titolo originale Die Gebrüder Skladanowsky), pellicola girata dal regista tedesco insieme ai suoi allievi di scuola di cinema.

Parlando proprio di queste ultime, Wenders ricorda la sua esperienza da studente nel 1967: “Il cinema non si insegna tutto a scuola. Devi imparare sul campo, e soprattutto non dai professori: bisogna fare film insieme, tra studenti. Questo è l’obiettivo dello studiare insieme.

Quando andai io a scuola, questa non era assolutamente pronta ad insegnare. Eravamo 20 studenti e neanche una telecamera. Così ci arrabbiammo e nell’attesa di ottenerla lì, girammo un nostro film

Farinelli e Wenders, durante l’introduzione alla pellicola

Ritornando a A Trick of the Light, Wenders ne narra la creazione: un collage di cortometraggi e di storie che si intrecciano. Ogni anno, infatti, si cercava di aggiungere qualcosa. All’inizio la prima parte, poi una seconda, e così via. Unendoli, ne venne fuori un lungometraggio di 70 minuti, ma lo standard minimo era 76. Come coprire quei minuti rimanenti? “Ecco a voi la più lunga striscia di titoli di coda della storia, ben sette minuti, più lunga di quella di Avatar!” ha annunciato il regista, fra le risate e gli applausi. 

Un grande saluto è stato dedicato agli studenti che aiutarono nella produzione del film. Uno di questi, presente in sala, lavora in Argentina e tuttora vive di cinema. Prendendo come esempio quest’ultimo (che seguì il regista in vari lavori), il mitico cineasta tedesco ha sottolineato quanto la perseveranza ripaghi, soprattutto se unita alla passione

E l’ex-studente, a proposito di ciò, racconta un breve aneddoto sul lavoro con Wenders: in produzione, il protagonista di una scena non era disponibile ad apparire nella seconda parte di riprese perché non chiamato abbastanza presto. I fondi, al tempo, erano quelli che erano, così Wenders disse, “Ok, dobbiamo sfruttare questa situazione al meglio.” e decise di cambiare le inquadrature, realizzandole tutte dal punto di vista del protagonista, in modo da poter incastrare il senso e la possibilità della giornata

Il genio, d’altronde, vince sul denaro e le circostanze.

La proiezione è stata accompagnata dall’interpretazione live di Laurent Petitgand, che musicò il film originariamente. Al tempo fu pescato da Wenders, grande ammiratore della sua band, che lo volle a tutti i costi. Un’interpretazione mastodontica, con cinque minuti di standing ovation e danze di felicità sul palco.

Wenders e Petitgand, applauditi per vari minuti dall’intero pubblico del Modernissimo
“The body snatcher”

Cinema Europa, ore 17.15.
In una sala dalle dimensioni decisamente ridotte proiettano The Body Snatcher (La jena). Questo film horror del 1945 rientra nella rassegna “Ritrovati e restaurati”. Un Robert Wise (West Side Story) agli esordi dirige questa pellicola, tratta da un racconto di Robert Louis Stevenson e, in effetti, si percepisce un’atmosfera alla Lo strano caso del dottor Jekyll e Mr. Hyde.

Cosa mi è rimasto impresso? Innanzitutto l’atmosfera cupa, accentuata da giochi di luci e ombre. Questo aspetto tecnico – così tipico del genere horror – gioca in questo caso anche un ruolo nella narrazione. Il contrasto tra luce e oscurità è infatti il tema centrale dell’interiorità dei protagonisti. La trama si rifà dunque ad un fatto di cronaca nera del 1828: ad Edinburgo due uomini, Burke e Hare, ammazzavano persone per vendere i corpi al dottor Knox.

The Body Snatcher parte dalla leggenda e la trasforma in realtà, facendo prendere forma sullo schermo a questi due inquietanti personaggi. Uno dei due, però, spicca in particolar modo, dal momento che ad interpretarlo non è altri che Boris Karloff, anche noto al mondo come il mostro di Frankenstein. Se nel suo ruolo più famoso il silenzio era una delle sue caratteristiche principali, qui le parole non gli mancano. Il suo è un personaggio ambiguo e demoniaco e, in quanto tale, deve avere un grande controllo della lingua.

Ma Karloff non è l’unico nome di spicco della pellicola. Al suo fianco, in un ruolo minore, troviamo un altro grande “mostro” del cinema: Bela Lugosi o, per intenderci meglio, Dracula. La presenza di due capisaldi del genere horror del tempo sicuramente aggiunge fascino ad un film già di per sé magnetico. In altre parole, The Body Snatcher è un’opera che va riscoperta e, certamente, una scelta interessante nella programmazione del Cinema Ritrovato.

“The body snatcher”
“The Sugarland Express” di Steven Spielberg, 1974 (110′)

Chiude la giornata The Sugarland Express, ispirato alla vera storia di Lou Jean Poplin, interpretata da Goldie Hawn. In questo dramma avvincente, una madre disperata rapisce un agente di polizia texano, Maxwell Slide (Michael Sacks), coinvolgendo le forze dell’ordine in un inseguimento frenetico nel tentativo di impedire che il figlio le venga sottratto definitivamente. Al suo fianco c’è il marito Clovis Michael Poplin (William Atherton), che Lou Jean riesce a far evadere di prigione per l’avventura, nonostante il poco tempo rimasto da scontare.

Basato su eventi reali, il film porta all’analisi degli affascinanti personaggi. I protagonisti, guidati unicamente dall’amore per il figlio, si immergono in una spirale di crimini, ignari delle conseguenze delle loro azioni. Lou Jean e Clovis commettono reati su reati, spinti solo dal desiderio di riunirsi al loro bambino. Personaggi stolti dagli obiettivi dolci, persone comuni, nel disperato tentativo di fare ciò che ritengono giusto – e che eticamente, forse lo è davvero.

Spielberg dipinge i due con una profonda umanità, esplorando le loro motivazioni e le loro debolezze. La storia si sviluppa in un crescendo di tensione, creando una narrativa avvincente che mantiene lo spettatore con il fiato sospeso. Una pellicola che non solo racconta una storia drammatica e coinvolgente, ma offre anche uno sguardo critico e compassionevole sui limiti a cui può spingersi l’amore di una madre e di un padre, oltre alla situazione socio-politica statunitense degli anni.

Da vicenda criminale a racconto di amore e disperazione, un’opera di spessore che chiude la prima giornata de Il Cinema Ritrovato con una nota di riflessione profonda e commovente.

a cura di
Francesco Pasquinelli e Claudia Camarda

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Francesco Pasquinelli

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