“Il campo della vita e della morte”, la natura fragile del corpo femminile raccontata da Xiao Hong

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Il campo della vita e della morte è l’opera più conosciuta della scrittrice cinese Xiao Hong. Pubblicata nel 1935 grazie all’aiuto del padre della scrittura cinese moderna Lu Xun, Il campo della vita e della morte porta la fama di Xiao Hong nel circolo letterario modernista di Shanghai. All’epoca, lo stesso Lu Xun definì l’opera: “un’osservazione meticolosa di una scrittrice e una scrittura straordinaria”

Il campo della vita e della morte (生死场) è un romanzo controverso e realista capace di dar voce agli strati sociali più disagiati e oppressi della Cina nei primi anni del Novecento. Le vite spezzate di giovani combattenti dalle sanguinose rivolte contro l’occupazione giapponese, e le condizioni socioeconomiche pessime della gente comune diventano i temi principali del racconto.

In particolare, la sua voglia di denunciare pubblicamente tutti i soprusi vissuti in prima persona spinge l’autrice a concentrarsi sulla condizione femminile. Le donne cinesi dei primi del Novecento erano sottoposte a torture disumane, vittime sia delle battaglie cruenti contro i giapponesi sia della loro stessa famiglia. Xiao Hong affronta con estrema accuratezza la rappresentazione della crudeltà quotidiana al fine di ritrarre al meglio l’umanità e la disumanità dell’individuo.

La violenta miseria di una piccola comunità rurale

Il campo della vita e della morte racconta alcuni episodi della quotidianità di una comunità contadina del nordest cinese martoriata dalla miseria della vita rurale durante l’invasione giapponese. Uno dei personaggi più ricorrenti e significativi del racconto è una giovane contadina chiamata Ramo d’Oro. A seguito di una serie di nottate trascorse con un ragazzo del paese, la giovane rimane incinta. Il ragazzo controvoglia sposa Ramo d’Oro, ma provoca per pura insensibilità e noncuranza la morte della piccola figlia.

Passano i giorni e l’esercito giapponese avanza sempre di più costringendo tutti gli uomini cinesi ad impugnare le armi, uno tra questi è il marito di Ramo d’Oro che muore in battaglia. Rimasta vedova, cerca di fuggire in città nel timore di subire le violenze sistematiche dei soldati giapponesi perpetrate nella piccola comunità. Rimaste sole, le donne della comunità si ritrovano indifese e fragili di fronte alle macerie e alla furia omicida degli invasori giapponesi.

Con il desiderio di costruirsi finalmente una vita più dignitosa in città, Ramo d’Oro corre verso la libertà scontrandosi però con la truce realtà. Paradossalmente proprio nella fuga, la giovane subisce la brutalità di una violenza sessuale di cui è responsabile un suo stesso concittadino. Come le altre contadine del romanzo, Ramo d’Oro è vittima di un destino crudele a cui non è possibile ribellarsi.

Fonte: AnyLang, Il campo della vita e della morte, Xiao Hong
La rappresentazione cruenta dell’universo femminile

Con estrema sincerità, Xiao Hong rappresenta la figura femminile così come appare nella società cinese della prima metà del Novecento. Perennemente vittima di un’ esistenziale vulnerabilità, la donna viene identificata come un corpo povero di anima afflitto da tutte le crudeltà del mondo. Maternità non desiderate, violenze, rapporti sessuali brutali, fardelli sociali e malattie si scagliano contro le donne.

Una semplice farfalla gettata nell’acqua da una delle anziane del villaggio ha la stessa debole consistenza della salma di una giovane contadina, il cui corpo è stato dilaniato da malattie e incurie del violento marito. La metonimia corpo-donna-fantasma di Xiao Hong è estrema, ma ben rappresenta la scarsa considerazione e il totale disprezzo di una società utilitaristica.

Nello scenario di una guerra che sconvolge il popolo cinese, la scrittrice sceglie di dedicare la propria scrittura agli emarginati, ai senza tetto in cui lei si identifica. Senza né giudicare né compiangere la sorte scellerata delle sue protagoniste, Xiao Hong offre a loro un tetto dove poter sfogare le proprie frustrazioni. Attraverso i suoi racconti, la scrittrice annienta non solo il popolo nemico ma anche la retrograda e dannosa cultura confuciana.

“Il bianco dei suoi occhi è ormai verdastro così come la schiera regolare dei denti davanti; i capelli le si appiccicano alla pelle come bruciati. Sembra un gatta malata, sola e senza speranza. Le sue gambe bianche come pali di bambù giacciono inerti davanti a lei; il busto forma un angolo retto con il letto di mattoni, una figura fatta di pure linee“.

Una meta simbolica alla fuga perenne

Filo conduttore di Il campo della vita e della morte è la fuga. La protagonista cerca invano di scappare dalle angherie dei colonizzatori stranieri in città senza però trovare la serenità tanto desiderata. La fuga dal paese natale viene rivissuta in molti altri romanzi di Xiao Hong, che trasfigura il proprio tragico vissuto nelle vicende di donne molto diverse da lei. Le descrizioni così crude e precise riescono a catturare l’attenzione del lettore, che viene spinto in una realtà piena di creature sofferenti. L’unica via di uscita dalla precarietà esistenziale è la fuga, una sorta di esilio perenne per la sopravvivenza.

Vittime non solo del nemico giapponese ma anche degli abusi della società rurale patriarcale in cui vivono, i personaggi di Xiao Hong rendono l’autrice libera. Insofferente dalle imposizioni sociali e ideologiche della Cina confuciana e delle nuove forze politiche di stampo comunista, l’autrice trova nella sua scrittura l’unica via di fuga verso quella emancipazione spirituale che la vita fatica a concederle.

L’approccio descrittivo originale che rimanda alla tecnica del suo maestro Lu Xun, eleva la narrativa di Xiao Hong a una miscela dolorosa di soggettività e straniante oggettività. La scrittura scomoda e anticonformista dell’autrice regala al lettore una fotografia poetica e della sua terra, restando perennemente in fuga dalla realtà politica che la Cina del Novecento stava vivendo.  

a cura di
Elisa Manzini

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