“Dancing for the Devil: The 7M Cult” – dietro le quinte del successo social

“Dancing for the Devil: The 7M Cult” – dietro le quinte del successo social
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Dancing for the Devil: The 7M Cult” è la nuova interessante docuserie targata Netflix, distribuita da questo fine maggio. La serie parte dal racconto delle vicende di un gruppo di talentuosi ballerini celebri sui social network e fa emergere, attraverso interviste e la raccolta di testimonianze ed immagini inedite, la verità dietro a questo controverso successo: la presenza di una setta religiosa.

Ancora una volta il kolossal streaming statunitense “fa centro” con un nuovo prodotto che, grazie alla sua natura accattivante e quanto più attuale, sta scalando rapidamente la classifica dei più visti sulla piattaforma. Si tratta della docuserie Dancing for the Devil: The 7M Cult disponibile su Netflix dal 29 maggio 2024. La serie offre un inquietante sguardo sul dietro le quinte dello scintillante mondo di alcuni ballerini divenuti vere e proprie star su TikTok&company, rivelando una realtà fatta di manipolazione e controllo.

Diretta da Derek Doneen, Dancing for the Devil, durante i suoi tre episodi, svela le dinamiche complesse di abuso e violenza subite da un gruppo di giovani talenti, da parte dell’agenzia di intrattenimento e di produzione audiovisiva 7M Films, il cui CEO e capo è anche il pastore di una controversa religione, dai più considerata una setta.

La serie si concentra sulla figura di Robert Shinn, appunto, fondatore della 7M Films.Inc e pastore della Shekinah Church di Los Angeles. Benché la 7M Films si presenti come semplice rappresentante di influencer ed artisti, questo documentario Netflix, attraverso la testimonianza di ex membri della setta e delle loro famiglie, mira ad esplorare il lato oscuro dell’organizzazione, analizzandone gli schemi di controllo e soprusi sui suoi “incoscienti” adepti. Tra le vittime più emblematiche, c’è Miranda Wilking e indirettamente sua sorella Melanie, diventate famose su TikTok per i loro balletti e scenografie in linea con i trend del momento.

La storia di Miranda

In particolare, la narrazione parte dalla storia di Miranda, ricostruita tramite le parole dei suoi cari, i quali nonostante le molteplici difficoltà, non si sono mai veramente arresi alla sua assenza “forzata”.

Dopo essere stata avvicinata dalla famiglia di Shinn insieme al suo fidanzato James Derrick, Miranda è entrata nel roster di danzatori della 7M, iniziando a comportarsi in modo strano soprattutto nei confronti della famiglia e di quella sorella che un tempo rappresentava tutto il suo mondo. In concomitanza con questo presunto ingaggio, i video pubblicati su TikTok sono diventati meno spontanei e standardizzati, segno, forse, che questi non provengano più dalla mente creativa di Miranda ma sono in qualche modo “soggiogati” ad un particolare modus operandi che soddisfa le esigenze e il piacere della chiesa Shekinah e del suo pastore Robert Shinn.

Nel 2021, la famiglia di Miranda ha perso ogni contatto con lei: come se la giovane artista esistesse solo ed esclusivamente sui social network ma della sua personalità e della sua anima non vi era più nessuna traccia. Nel documentario si apprende che la famiglia ha deciso di raccontare tutta la sinistra vicenda in una diretta Instagram, raggiungendo così un pubblico molto vasto. Grazie all’aiuto di alcuni ex membri della 7M e della Chiesa, ha in seguito presentato denuncia alle autorità. Tuttavia, nonostante le pesanti accuse a carico del pastore Robert, Miranda e suo marito, anch’egli coinvolto con la 7M Films, hanno sempre negato pubblicamente di far parte di una setta. Ancora adesso la coppia sembra ancora asservita al culto promosso dall’agenzia e dal suo fondatore Shinn.

Cosa funziona e cosa no nella docuserie Netflix

Dal punto di vista dell’intrattenimento, Dancing for the Devil è sicuramente avvincente, ma non è esente dai difetti. La serie, con il suo montaggio sensazionalistico e la narrazione drammatica, subisce un certo tono patinato e “patetico”, tipico di molte produzioni americane. Questo stile potrebbe alienare alcuni spettatori, anche se il tema trattato è di indubbio interesse e merita un’analisi approfondita.

La docuserie solleva importanti questioni sul funzionamento delle sette e su come riescano a risucchiare individui in situazioni di vulnerabilità. Le tattiche di manipolazione utilizzate includono l‘isolamento dai familiari e amici, l’imposizione di rigide regole comportamentali, e l’uso di tecniche psicologiche per instillare un senso di dipendenza dal gruppo. Questi metodi sono particolarmente efficaci su persone in cerca di stabilità e riconoscimento, come appunto i ballerini di TikTok, protagonisti della serie Netflix, tutti artisti precari alla ricerca di un’identità forte.

Un aspetto che fa pensare è comprendere come meccanismi dei social media, e in particolare di TikTok, possano “facilitare” questo tipo di abuso. TikTok, con la sua capacità di creare celebrità istantanee e generare ingenti guadagni, sembra quasi fornire un terreno fertile per le organizzazioni senza scrupoli. Alcuni, attratti dalla promessa di successo, si dimostrano prede facili di individui che vogliono sfruttare la loro visibilità per scopi personali.

La storia delle vittime di abusi da parte di Robert Shinn mette in luce le devastanti conseguenze di tali dinamiche. L’isolamento forzato, la perdita di contatto con i propri cari, e il controllo esercitato su ogni aspetto della vita dei membri della setta sono aspetti che richiedono pertanto una seria riflessione, al di là del giudizio tecnico sul modo in cui è costruita la serie Netflix. Queste situazioni non solo distruggono le vite dei diretti interessati, ma lasciano cicatrici profonde nelle famiglie e in intere comunità.

I social media: pericoli e opportunità di un mondo in cambiamento

Dancing for the Devil: The 7M Cult evidenzia implicitamente la necessità di una maggiore regolamentazione e supervisione sul mondo dei social media, specialmente quando si tratta di persone interessate a questo tipo di realtà. La velocità con cui le piattaforme come TikTok possono trasformare un utente comune in una celebrità è straordinaria, ma comporta anche rischi significativi. I talenti emergenti si trovano a navigare in un ambiente che premia la visibilità e l’engagement, ma che non dà molte protezioni contro manifestazioni di controllo.

Le sette, come evidenziato dalla docuserie, sfruttano queste vulnerabilità. Regalano ai ragazzi e alle ragazze false promesse di fama, sicurezza economica e appartenenza, solo per poi potenzialmente intrappolarli in un ciclo di abuso e manipolazione. La pressione costante di produrre contenuti per mantenere la propria popolarità online può rendere difficile per potenziali influencer riconoscere e resistere a queste dinamiche coercitive. Quando la produzione di contenuti diventa un obbligo imposto anziché una scelta creativa, la linea tra passione e sfruttamento va così ad offuscarsi progressivamente.

Risulta cruciale, quindi, che piattaforme come TikTok realizzino misure di tutela più robuste soprattutto a favore dei più deboli, per prevenirne eventuali abusi. Ciò potrebbe includere una maggiore trasparenza sui contratti e sulle pratiche delle agenzie di talenti, nonché un supporto psicologico e legale per i potenziali artisti.

Una serie che fa riflettere

Dancing for the Devil: The 7M Cult è un prodotto che va oltre il semplice intrattenimento in quanto offre una lente critica su un fenomeno preoccupante del nostro tempo. Sebbene la sua estetica possa sembrare sensazionalistica, il messaggio fondamentale che trasmette è di grande rilevanza sociale. Esplora le dinamiche oscure che possono nascondersi dietro il glamour delle luci della ribalta, mettendo in guardia contro i pericoli di un mondo dove il successo si intreccia con una trappola a vita.

Allo stesso tempo, nella serie vengono evidenziati i motivi ricorrenti di “aggancio” tipici di una setta. Si tratta di pattern di abusi che si ripetono uguali a loro stessi a seconda del contesto di riferimento e che in questo caso, hanno inizio nella divulgazione di una religione, Shekinah appunto, ma che poi si estendono ad altri ambiti, come quello dei social.

Mentre proprio questo mondo continua a evolversi, è essenziale mantenere un equilibrio tra l’opportunità di espressione creativa e la necessità di protezione contro manipolazioni. Dancing for the Devil: The 7M Cult può diventare un valido spunto di riflessione verso la comprensione di dinamiche tossiche e può insinuare nel pubblico l’urgenza di affrontarle, affinché storie come quella di Miranda Derrick diventino l’eccezione, piuttosto che la regola.

a cura di
Noemi Didonna

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