“L’esorcismo – Ultimo Atto” – la recensione in anteprima

“L’esorcismo – Ultimo Atto” – la recensione in anteprima
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Non ci eravamo ancora ripresi dalle gesta di Russell Crowe nei panni di padre Gabriele Amorth, che quest’ultimo torna oggi, giovedì 30 maggio, al cinema con “L’esorcismo – Ultimo Atto”. Cerchiamo di capire assieme se ne vale la pena oppure no.

Nell’anno dell’uscita de Il Gladiatore 2, sequel del film che ha portato alla ribalta Russell Crowe, l’attore neozelandese si cimenta per il secondo anno di fila in uno dei generi più caratteristici di Hollywood: quello horror, con L’esorcismo – Ultimo Atto.

I presupposti per un buon film ci sono tutti: a partire dal regista Joshua John Miller, figlio di Jason Miller (iconico attore, ricordato per il suo ruolo come Padre Damien Karras nel capostipite L’esorcista), passando poi per la star, quel Russell Crowe che si è già cimentata nel genere con L’esorcista del Papa, risultando piuttosto convincente nel ruolo.

Per contro la pellicola può portare uno spettatore meno attento a chiedersi se l’opera faccia parte di una saga o meno, visto il titolo. Il poco mordente presente nel trailer fa pensare a più riprese, inoltre, che il film possa risultare poco interessante, ed il misero Rating R degli USA sembra confermare ciò.

Ma – come dico sempre – una possibilità la si deve dare a qualsiasi pellicola. Quindi, cercando di svuotare la mente da ogni pregiudizio e ancora alla ricerca di un horror degno di questo nome, mi sono diretto all’anteprima de L’esorcismo – Ultimo Atto, film prodotto da Miramax e distribuito da Eagle Pictures, in uscita nelle sale oggi, giovedì 30 maggio.

Tutto succede per un motivo

Buio, prima scena: dall’auto scende un uomo con un copione in mano. Presto comprendiamo di trovarci all’interno di un set cinematografico, di fronte ad una prima ripresa. Ma qualcosa non va come previsto, poiché la luce salta e l’uomo muore.

Questo è il preludio che porterà Anthony Miller (Russell Crowe) ad essere chiamato per fare il provino per quella parte rimasta misteriosamente libera. Scopriremo successivamente che il nostro protagonista è un attore caduto in disgrazia a causa dell’abuso di alcool e droga e che sta cercando la redenzione e il riavvicinamento con la figlia. Quale migliore occasione, dunque, di un nuovo ruolo, per di più come protagonista?

Sembra tutto perfetto, ma in realtà il Male è dietro l’angolo pronto a colpirlo. Una serie di avvenimenti – dalla cattiveria del regista Peter (interpretato da un ottimo Adam Goldberg) al rapporto con la chiesa rappresentata da Padre Conor (un David Hyde Pierce ai livelli del miglior Frasier) – riportano a galla tutte le fratture dell’animo di Anthony.

Tra uno sbadiglio e un buco di trama, il film scorre via. Con l’occhio dello spettatore sempre fisso sull’orologio, nella speranza che si arrivi presto alla fine, vista la totale assenza della componente horror.

Una croce per salvarsi

Se la sceneggiatura risulta debole in quasi tutti i suoi aspetti (tanto da presentare veri e propri buchi di trama capaci di far esclamare allo spettatore: “Ma che diamine!!!”), per quanto riguarda la fotografia ci troviamo davanti senza alcun dubbio ad uno degli elementi positivi della pellicola, in grado di sorreggere le carenze del film. Ogni scelta intrapresa riesce a distrarre sapientemente il pubblico, attraverso un’estetica sublime e un’alternanza di tonalità cupe e luminose.

Altro aspetto positivo risiede nella colonna sonora, in grado di creare quel minimo di tensione che consente al pubblico di mantenere l’attenzione fissa sullo schermo, con gli occhi attenti grazie al ritmo alternato tra adagio e archi grevi.

A livello tecnico l’idea di un film dentro il film poteva rappresentare un crack, che però si spegne dopo poco. Il luogo fisico come estremizzazione del luogo metafisico esternante una tragedia interiore poteva essere interessante, ma la storia non sboccia mai e si spegne come un film dell’Asylum qualsiasi.

Anche il rapporto padre-figlia non viene mai approfondito, risultando anzi abbozzato, come tanti altri argomenti che finiscono nel calderone senza mai far capire allo spettatore dove il regista voglia andare a parare.

Salvate il soldato Russell

In conclusione possiamo considerare questo film come un maldestro tentativo di film horror: alla fine della visione avremo quasi l’impressione di aver visto un B-Movie su un “dietro le quinte” delle riprese dell’”Esorcista”, ma venuto male.

Tante idee che, mal gestite, portano ad un surplus di carne al fuoco che si spegne molto velocemente, lasciando con l’amaro in bocca lo spettatore. Quasi come se il regista (forse condizionato dal confronto col padre) si fosse perso nella realizzazione della pellicola.

Il consiglio è di dargli comunque una possibilità, ma senza nessuna aspettativa. Sicuramente senza pretendere di vedere un horror, ma semplicemente un film con un’ottima fotografia e una colonna sonora perfetta per il genere.
Una pellicola che vi potrebbe far chiudere gli occhi (citando Christian De Sica, prorompendo col più classico: “Ma che è sta cafonata?”), o magari semplicemente ripensare a quel preciso momento in cui avete deciso di andare al cinema a vedere L’esorcismo – Ultimo Atto.

Buona Visione!

a cura di
Andrea Munaretto

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Andrea Munaretto

Nato nell'84 e fin da quando avevo 4 anni la macchina fotografica è diventata un'estensione della mia mano destra. Appassionato di Viaggi, Musica e Fotografia; dopo aver visitato mezzo mondo adesso faccio foto a concerti ed eventi musicali (perché se cantassi non mi ascolterebbe nessuno) e recensisco le pellicole cinematografiche esprimendo il mio pensiero come il famoso filtro blu di Schopenhauer

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