Il regista inglese Alex Garland ci fa vivere gli orrori di un potenziale conflitto civile nel continente americano, raccontandocelo dal punto di vista di un gruppo di giornalisti di guerra. Prodotto dalla A24 con un budget di oltre 50 milioni di dollari, “Civil War” ci regala 109 minuti di suspense. Il film arriverà sui grandi schermi il 18 aprile e noi di The Soundcheck ve ne parliamo qui, in questo articolo. Buona lettura!
In un’America del futuro dilaniata da una seconda Guerra Civile, durante un attentato nel centro di New York City, incontriamo due fotoreporter di guerra, la giovane ed inesperta Jessie (Cailee Spaeny) e l’invece affermata Elizabeth “Lee” Miller (Kristen Dunst). Il continente statunitense sta vivendo uno dei momenti di politica interna più duri, a causa dei continui scontri tra il Governo e le forze occidentali separatiste, guidate da Texas e California. Il conflitto, però, sembra stia per terminare, data la notizia dell’imminente invasione alla Casa bianca… .
Nel mondo dei reporters di guerra, dunque, non rimane che una cosa da fare… affrontare un lungo viaggio verso Washington per intervistare il Presidente degli Stati (ormai non più così) Uniti (Nick Offerman), prima del collasso finale! Assieme ai suoi amici giornalisti, il coetaneo Joel (Wagner Moura) e l’attempato Sammy (Stephen McKinley Henderson), Lee decide di partire, trascinando con sé anche Jessie, nonostante non tutti appaiano convinti del fatto che la novellina sarà in grado di affrontare l’impresa.
Durante il viaggio, i quattro coraggiosi professionisti si imbatteranno in scenari apocalittici, assistendo ad uno scontro che – questa volta – vedrà gli americani lottare tra di loro.
Riusciranno a sopravvivere ed accaparrarsi l’intervista al Presidente? Non resta vi che correre ai ripari e scoprirlo al cinema il 18 aprile!

Il budget e la casa di produzione A24
Civil War è uno dei film più attesi del 2024 per una serie di motivi.
Tra questi vi è sicuramente l’impiego di un grande budget (di oltre 50 milioni di dollari), che lo rende il film più costoso mai prodotto dalla A24, superando anche la horror-comedy Beau ha paura (2023), prodotta con 35 milioni di dollari. L’intento della casa di produzione statunitense è evidentemente quello di inserirsi nel mercato dei film blockbuster, realizzando pellicole di grande successo sia in termini di incassi che di apprezzamento da parte del pubblico.
Fondata nel 2012, A24 si è affermata come una delle più influenti ed innovative società di produzione e distribuzione nel panorama cinematografico contemporaneo. Famosa per la sua capacità di scoprire e sostenere talenti emergenti nel mondo indipendente, come Moonlight (2016), Lady Bird (2017), Hereditary (2018), Uncut Gems (2019), Minari (2020) ed infine Everything Everywhere all at once (2022).
I conflitti armati secondo il giornalismo di guerra
Il tema dei conflitti armati all’interno del film non viene esplorato da un punto di vista politico, ma da un punto di vista prettamente giornalistico. I personaggi principali sono infatti due giornalisti, Joel e Sammy, e due fotoreporter, Lee e Jessie, che decidono di unire le forze per un obiettivo comune. Quello di registrare i disastrosi eventi bellici in diretta. La loro prospettiva non ha colore politico, non si schierano mai né dalla parte del presidente né da quella dei secessionisti.
La pellicola mostra, con sequenze di forte impatto visivo, come tale professione sia estremamente impegnativa e rischiosa. L’impegno di Joel e Sammy è infatti essenziale per mantenere il pubblico informato e per documentare le realtà dei conflitti armati in tutto il mondo, mentre le immagini scattate da Lee e Jessie giocano un ruolo fondamentale nel dar voce alle vittime della guerra.
Civil War ci tiene incollati allo schermo perché ci infonde la curiosità di scoprire una professione non particolarmente nota al grande pubblico. Inoltre, ci arricchisce dal punto di vista umano, facendoci cogliere gli stati d’animo di chi deve fronteggiare le brutalità della guerra senza parteciparvi attivamente.

L’omaggio a Elizabeth “Lee” Miller
Kirsten Dunst interpreta l’esperto fotografo di guerra Lee Smith, che viaggia negli Stati Uniti in mezzo ad una distruttiva guerra civile. Il suo personaggio ricalca la storica Elizabeth “Lee” Miller, che ha svolto un ruolo significativo come corrispondente di guerra durante la Seconda Guerra Mondiale. Uno dei suoi lavori più noti è una fotografia particolare, dove lei stessa posa nella vasca da bagno di Adolf Hitler, nella sua residenza a Monaco di Baviera. La foto è stata interpretata come un atto di ribellione e un modo per sfidare l’autorità del dittatore.
La Miller ha documentato anche gli orrori dei campi di concentramento nazisti, fornendoci testimonianze cruciali degli orrori dell’Olocausto che sono diventate parte integrante della storia di questo conflitto a livello visivo. Dopo la guerra, Lee ha continuato la sua carriera come fotografa, ma ha sofferto di gravi problemi emotivi legati alle esperienze vissute durante il periodo predente. Tuttavia, il suo lavoro rimane un contributo prezioso per la storia della fotografia di guerra e per la documentazione dei conflitti mondiali.

Kristen Dunst e lo stress post traumatico
In Civil War Kristen Dunst interpreta la protagonista in maniera impeccabile, riuscendo a gestire la spedizione e le sue emozioni, a mantenere il sangue freddo in ogni situazione e a formare al reportage di guerra la giovane Jessie, temprandone il carattere. Ciò nonostante l’attrice ha affermato di aver sofferto di un pesante stress post-traumatico per diversi giorni, in seguito alle riprese di alcune scene particolarmente impegnative.
Capita spesso di sentire notizie del genere nel mondo del Cinema, dove alcuni attori sperimentano sintomi di PTSD dopo aver interpretato ruoli delicati. Si tratta di parti che richiedono loro di immergersi emotivamente in esperienze traumatiche, come abusi sessuali, violenza, guerra o tragedie personali. E anche se questi eventi non sono realmente accaduti all’attore, l’esperienza può essere abbastanza intensa da provocare elevato stress psicologico.
“Ricordo di aver sentito il resto della troupe esercitarsi per una scena di esplosione. Ero nella roulette, al trucco, molto lontano dal set. E all’improvviso ha iniziato a tremare tutto. È stato spaventoso! Anche perché oggi sappiamo benissimo qual è la situazione. Leggi il giornale, guardi le notizie e si parla di colpi d’arma da fuoco o di qualcuno che ha sparato in una scuola”.
Kristen Dunst
Un punto di vista neutrale
Quando pensiamo ad un film di guerra americano, immaginiamo una situazione ben precisa: una pellicola densa di scontri mossi da determinati intenti politici, portati avanti da specifiche coalizioni.
In Civil War, invece, assistiamo ad una neutralità che ci disarma.
Non veniamo infatti mai a conoscenza del motivo scatenante questa guerra e perciò non possiamo realmente simpatizzare per una fazione o per l’altra.
Il film sottolinea l’importanza del giornalismo e dell’interazione sociale con l’informazione, rispondendo a domande più etiche che politiche.
Se fossimo noi i reporter di guerra, cosa faremmo di fronte a certe situazioni?
Preferiremmo salvare un innocente o riprendere fedelmente ciò che sta avvenendo senza intervenire? Ciò fa sicuramente riflettere.

La sceneggiatura e la fotografia
La sceneggiatura di Garland si dimostra magistrale ed è in grado di farci apprezzare anche un evento che dovrebbe suscitare in noi orrore. Si tratta di una vera e propria spettacolarizzazione della guerra, messa in atto dall’indiscutibile abilità tecnica di Garland dietro la cinepresa. Ottimo è anche il lavoro di ripresa del direttore della fotografia Rob Hardy, che ci delizia con inquadrature estremamente precise.
Gli attentati, i passaggi dei carri armati, le battaglie aeree con elicotteri d’attacco: anche il viaggio è reso più affascinante. E lo spettatore si perde tra zone distrutte e splendidi paesaggi, che lasciano senza fiato poiché privi di popolazione.
La colonna sonora
La colonna sonora è a cura di Ben Salisbury e Geoff Barrow. La loro scelta include vivaci canzoni popolari americane, tra pizzicate di chitarra acustica e divagazioni strumentali in stile country. Il tutto mentre i giornalisti attraversano un Paese distrutto.
Di grande impatto è sicuramente la scelta di stoppare volutamente l’audio durante gli scatti fotografici delle uccisioni: ciò fa calare drasticamente lo spettatore all’interno della situazione, facendogli vivere in prima persona e con i suoi occhi ciò che un giornalista di viaggio vede di fronte a sé. Parliamo purtroppo di uccisioni collettive, torture a sciacalli, spari ed esplosioni.
Il nostro punto di vista
Possiamo considerare Civil War al pari di un romanzo di formazione. Per alcuni è prevista un’evoluzione personale e professionale. Per altri, un declino.
Per noi è un film che funziona, sia dal punto di vista tecnico che per i contenuti.
Le inquadrature del variopinto paesaggio americano, gli orrori della guerra, il passaggio da una musica country all’assenza del sonoro, gli inseguimenti e gli attacchi, tutto questo ha perfettamente senso all’interno della pellicola.
Ma ciò che funziona di più è tutto il non detto. Ciò che si cela dietro la macchina fotografica del reporter.
Non si tratta di comprendere le scelte del politico, del soldato o dell’innocente. Qui possiamo esplorare la mente del fotografo, del giornalista, del reporter. In questo, Lee Smith di Kristen Dunst riesce a regalarci un punto di vista alternativo.
Rispetto agli altri protagonisti intrisi di individualismo, infatti, Lee appare diversa. È stanca di tutte le atrocità ed il trauma d’immortalare situazioni devastanti l’ha fatta ricredere sul suo lavoro.
Inizialmente la donna pensava di poter cambiare il mondo con i suoi scatti, aiutando più persone possibili e cercando di sensibilizzare l’opinione pubblica. Ma forse è arrivato il momento di mettere un punto a quell’amata carriera che l’ha resa celebre.
Lee si sente come un cecchino. Solo che, invece di un fucile, usa una macchina fotografica per catturare i crimini di guerra e le loro conseguenze più orribili. E noi non possiamo che empatizzare con lei.
Civil War vi aspetta al cinema dal 18 aprile.
Buona visione!
a cura di
Tommy Ippolito
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