Frankenstein (A Love Story) – Teatro Galli, Rimini – 2 marzo 2024

Frankenstein (A Love Story) – Teatro Galli, Rimini – 2 marzo 2024
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I Motus portano in scena il celebre romanzo di Mary Wollstonecraft Shelley, Frankenstein, al Teatro Galli di Rimini.

I Motus, la compagnia teatrale romagnola di Enrico Casagrande e Daniela Nicolò, ritorna sul palcoscenico con una nuova opera: Frankenstein (A Love Story). Lo spettacolo, che ha debuttato alla fine dello scorso anno, è andato velocemente sold out in questa data riminese. Frankenstein fa parte di un dittico, nel 2024 dovrebbe infatti arrivare la seconda parte: Frankenstein (A History of Hate).

Riprendendo il famoso romanzo di Mary Shelley, il racconto segue tre linee narrative: quella della scrittrice diciannovenne, quella dello scienziato Victor Frankenstein e infine quella della Creatura. Il “mostro” quindi non è uno solo, ma tre. Ognuno dei protagonisti di questa storia incarna una parte di mostruosità.

Mary Shelley, durante una strana estate fredda e piovosa, attraversa una profonda solitudine. Da questo sentimento, e dalla sua profonda sensibilità, avrà origine il romanzo. Sul palco, la sua figura, interpretata da Alexia Sarantopoulou, incarna gli stessi turbamenti della natura. Emancipata, colta, indipendente, quella di Mary Shelley è una figura femminile fortemente contemporanea.

Il personaggio del creatore, lo scienziato Victor Frankenstein, portato in scena da Silvia Calderoni, è invece febbrile ed elettrico, ma anche profondamente fragile. Desidera governare la Natura ma ne viene sopraffatto.

Infine, c’è la Creatura desiderosa d’amore, interpretata da Enrico Casagrande, che ritorna sul palco dopo anni. Quest’ultima è sgraziata, mostruosa. Un assemblaggio di corpi diversi – ma non solo, anche di storie e di identità – che ci ricorda che non esiste un’origine. “Nessun corpo è autentico”, scrive Ilenia Caleo, che firma la drammaturgia dell’opera teatrale. 

Lo spettacolo si articola in venti quadri, tutti titolati, ognuno con protagonista un personaggio. Le tre figure si muovono in un ambiente freddo e surreale, un palco dove tra pioggia, pareti mobili che disegnano il profilo delle montagne innevate e teloni trasparenti. La scenografia crea un’atmosfera che chiama “altro”. Un sogno, un’altra dimensione. I tre personaggi continuano a entrare e uscire di scena facendosi domande e sentendosi più soli e irrisolti che mai. La Creatura, spogliandosi, domanda allo scienziato di trovare altri individui come lui per creare una comunità, ma tutti e tre sono consapevoli di essere, per un motivo o per l’altro, diversi, non conformi.

Casagrande e Nicolò citano lo studioso Jack Halberstam: “abbiamo bisogno di mostri e abbiamo bisogno di riconoscere e celebrare le nostre stesse mostruosità”. Tra i mostri ci sono anche gli artisti, ovviamente. Spesso non ascoltati dalla società. Se Frankenstein ci vuole insegnare qualcosa è proprio l’importanza della lotta che dobbiamo intraprendere per costruire la nostra identità, di risvegliare la coscienza attraverso la rivendicazione del sé.

A dimostrazione di questo, al termine dello spettacolo, mentre il pubblico applaude, dal loggione viene srotolata una bandiera palestinese. La stessa che sollevano gli artisti sul palco.

a cura di
Daniela Fabbri

Foto di copertina di
Margherita Caprilli

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Daniela Fabbri

Sono nata nella ridente Rèmne, Riviera Romagnola, nel 1985. Copywriter. Leggo e scrivo da sempre. Ho divorato enormi quantità di libri, ma non solo: buona forchetta, amo i racconti brevi, i viaggi lunghi, le cartoline, gli ideali e chi ci crede. Nutro un amore, profondo e viscerale, per la musica, in tutte le sue forme. Sono fermamente convinta che ogni momento della vita debba avere una colonna sonora. Potendo scegliere, vorrei che la mia esistenza fosse vissuta lentamente, come un blues, e invece sono sempre di corsa. Mi piacciono gli animali. Cani, gatti, procioni. Tutti.

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