The Rocky Horror Picture Show – come la critica, a volte, sbaglia

The Rocky Horror Picture Show – come la critica, a volte, sbaglia
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Dopo essere stato a teatro ad ammirare The Rocky Horror Show, uno dei musical cult della storia, mi sono ripromesso che era giunto il momento di parlare della sua controparte cinematografica, uno dei film che reputo saldamente all’interno della mia TOP 3 da quando ne ho memoria.

The Rocky Horror Picture Show del 1975 è senza dubbio uno dei mostri sacri della cinematografia mondiale e, nella sua categoria, è senza dubbio l’esempio più pregnante della fusione tra musical e pubblico.

Parlare di un caposaldo del genere è sempre difficile. In questo articolo la trama è volutamente tralasciata (è pur sempre un film che tutti devono aver visto almeno una volta nella vita) per soffermarsi sul contorno che ha portato la pellicola ad alcuni record e alla gloria eterna.

Facciamo un po’ di storia. È il 1972: un giovane Richard O’Brien, attore senza un vero futuro, incontra Jim Sharman che gli propone di sviluppare un musical partendo da una canzone creata per una festa di Natale di una azienda. Questo pezzo era Science Fiction/Double Feature.

Richard accettò subito questa sfida e, inizialmente, la prima stesura era di un musical lungo appena 40 minuti. Dopo un lavoro a quattro mani e la creazione di nuove canzoni, The Rocky Horror Show prese forma e il 16 giugno 1973 debuttò a Londra al Royal Court Theatre.

Il successo fu immediato grazie ad un mix di storia intrigante e colonna sonora unica. Valore aggiunto per la produzione sono stati certamente gli attori, partendo dallo stesso Richard O’Brien fino ad arrivare al magistrale Tim Curry.

Con queste basi, sospinti da una fama in continua crescita, il duo O’Brien-Sharman decise di fare il grande salto portando lo spettacolo in una nuova dimensione, quella del grande schermo. Tutto ciò grazie alla proposta della 20th Century Fox che vide nel successo dello spettacolo, nel frattempo sbarcato oltreoceano, una gallina dalle uova d’oro.

I primi dissidi

Una volta accettata la proposta, Sharman e O’Brien dovettero fare il conti con la grande Mayor. Per avere un budget consistente la 20th Century Fox disse che il cast doveva essere completamente sostituito: al posto degli sconosciuti attori britannici, sarebbe stato più saggio puntare su nomi più blasonati tra cui Lou Reed, Cher e altri. Il regista, però, non cedette e acconsentì solo alla sostituzione dei due protagonisti Bred e Janet.

Brad venne quindi interpretato da Barry Bostwick, celebre a teatro per essere stato il primo Danny Zuko in Grease, e ne panni di Janet l’attrice Susan Sarandon, ad oggi considerata una delle più importanti personalità di Hollywood.

Il 1974 è l’anno delle riprese del film, la location scelta è la Gran Bretagna. I problemi durante la registrazione del film furono molti, spesso riconducibili alle limitate finanze. Per questa ragione, per esempio, gli ambienti non erano riscaldati, debilitando così gli attori che furono costretti a proseguire le riprese in precarie condizioni di salute.

Ad un anno di distanza, però, il clima tra i membri del cast era alle stelle: le loro tante fatiche sarebbero state di lì a poco premiate col successo mondiale…o almeno questo era quanto si pensava. Il film fu un flop a causa della critica, venendo valutato come una superflua appendice di uno spettacolo teatrale sublime.

In quegli anni la critica aveva una valenza rilevante nelle tendenze cinematografiche e questa stroncatura portò in breve tempo il film ai margini dei cinema di tutto il mondo, gettando nello sconforto il suo creatore che vide la sua creatura messa in un angolo.

Ma, come nelle migliori storie di Natale, The Rocky Horror Picture Show risorse dalle sue ceneri grazie ad un cinema americano e ad un fenomeno cinematografico chiamato Midnight Movies.

La rinascita dalle ceneri

Siamo a New York tra il 323 Sixth Avenue e West 3rd Street al Waverly Theater. Questo cinema, di recente recuperato da una grande catena di sale cinematografiche, è stato il motore di un movimento culturale nato negli anni ’70 e magistralmente raccontato nel documentario Midnight Movies: from the margin to the mainstream.

Il 3 aprile 1976. Quasi ad un anno dalla sua prima uscita cinematografica, The Rocky Horror Picture Show entra nel palinsesto del cinema newyorkese nello spettacolo di mezzanotte, fascia oraria solitamente occupata dai B-Movies. A pensarci fa quasi ridere la cosa visto che l’idea ispiratrice dell’opera teatrale furono proprio quei B-Movies di cui adesso il film fa idealmente parte.

Ma perché in questo piccolo cinema di New York ripresero la proiezione? Le statistiche di allora parlano di un buon riscontro di pubblico in quella zona d’America e i gestori del cinema notarono nel tempo che gli spettatori del film ritornavano parecchie volte a vederlo.

Questa nuova dimensione notturna divenne terreno fertile per coltivare il mito. Quel particolare orario era perfetto per i fan dell’epoca per sentirsi liberi di vestirsi come i protagonisti del film e pian piano la sala iniziò a popolarsi di persone che, durante la proiezione, mettevano in scena le immagini sullo schermo creando un vero e proprio fenomeno arrivato ai giorni nostri.

La voce si sparse a macchia d’olio e il film tornò nelle sale cinematografiche di tutta l’America in questa veste notturna, portando gli spettatori più volte a rivedere una pellicola fino a poco tempo prima bistrattata.

Gli spettatori si vestono come i personaggi, cantano le canzoni e ballano, talora rispondono alle battute con delle repliche studiate che ormai tutti conoscono a memoria.

La rappresentazione di quanto succedeva durante una proiezione di mezzanotte
La gloria eterna

Lo scoccare delle mezzanotte diede la fama che si meritava alla pellicola diventando in breve tempo una necessità per il pubblico, che portò il film a diventare il lungometraggio più visto al cinema e con il maggior numero di proiezioni nella storia, tanto che molti cinema americani lo proiettano ancora oggi.

Uno dei successi di The Rocky Horror Picture Show è sicuramente la colonna sonora, diventata iconica e conosciutissima anche da chi il film non l’ha mai visto, e grazie ad attori che credevano in un progetto che per molti è diventata una missione di vita. Le emozioni e le sensazioni che la pellicola restituisce sono unici.

Ricordo ancora quando, una sera di molti anni fa, un me bambino vide per la prima volta quello schermo nero con delle labbra rosse cantare Science Fiction/Double Feature e ne rimasi incantato.

All’epoca non capivo quello che stava avvendendo sullo schermo del mio televisore, ma rimasi rapito dalle canzoni e dai balletti, il più iconico quello del Time Warp, ripromettendomi di rivedere il film una volta che avessi avuto le facoltà di capirlo.

Da allora lo rivedo almeno una volta all’anno e non mi stufa mai perché Richard O’Brien è riuscito nell’intento di creare una storia senza tempo e senza luogo con personaggi attuali anche a 48 anni di distanza.

Il mio consiglio rimane quello di guardarlo, se non l’avete mai visto e di rivederlo nel caso l’aveste spuntato dalla lista dei film da vedere, per poter apprezzare ogni minimo istante e dettaglio che questa pellicola sa dare.

12 Curiosità sul film
  • Tim Curry inizialmente voleva per il suo Frank-N-Furter una caratterizzazione tedesca, ma durante un viaggio in treno rimase rapito da una pomposa dama britannica. Decise quindi che il dottore dovesse essere un pomposo forbito personaggio
  • Nell’opera teatrale il Time Warp veniva ballata dopo l’ingresso in scena di Frank-N-Furter e non prima. Successivamente al film, negli anni ’90 venne modificato anche in teatro
  • A teatro l’opera era introdotta da una maschera che nel film non c’è, ma guadagnò l’aggiunta dei Transilvanians
  • Rocky nasceva in un distributore di Coca Cola, non in una vasca, ed aveva molte battute rispetto al film
  • Eddie ed il dottor Scott a Broadway sono entrambi interpretati da Meat Loaf per rimarcarne la parentela. Nel film la produzione decise di modificare questa cosa e questo portò su tutte le furie il cantante
  • La scena della cena non esiste nell’opera teatrale
  • Molti parlano dell’influenza dei B-Movie nel film, ma l’influenza maggiore si ebbe da Il Mago di OZ, con molte scene che lo omaggiano indirettamente
  • La pellicola nelle idee del regista doveva essere in bianco e nero per diventare a colori dopo l’apparizione di Frank-N-Furter, ma il budget non era sufficiente. Lo inserirono come Easter Egg nel DVD dei 25 anni
  • Nella prima scena del film c’è un omaggio ad American Gothic di Frank Wood
  • Il camice del dottor Frank-N-Furter presenta sul petto un triangolo rosso. Questo simbolo è un chiaro riferimento al triangolo rosa presente sulle divise degli omosessuali nei campi di concentramento. Nel film è usato come simbolo per rimarcare l’orgoglio omosessuale
  • Il Castello, location principale del film, all’epoca in stato di abbandono, è attualmente un Hotel di lusso
  • Lo scheletro nell’orologio a forma di bara secondo alcune ricostruzioni è vero. Nel 2002 è stato venduto all’asta per 35 mila dollari

a cura di
Andrea Munaretto

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Andrea Munaretto

Nato nell'84 e fin da quando avevo 4 anni la macchina fotografica è diventata un'estensione della mia mano destra. Appassionato di Viaggi, Musica e Fotografia; dopo aver visitato mezzo mondo adesso faccio foto a concerti ed eventi musicali (perché se cantassi non mi ascolterebbe nessuno) e recensisco le pellicole cinematografiche esprimendo il mio pensiero come il famoso filtro blu di Schopenhauer

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