La Storia e Io: tra fantascienza e mito
Crediamo di saper distinguere ciò che è vivo da ciò che è morto ma, scientificamente, è difficile definire con esattezza cosa sia la vita.
Kim Bo-young, classe 1975, è una delle autrici di fantascienza più importanti della Corea del Sud ed è stata una vera e propria pioniera di un genere a lungo discriminato nel suo Paese. Amata dal regista Bong Joon-Ho, è stata inoltre consulente per la scrittura del film Snowpiercer. È stata la prima autrice di fantascienza coreana pubblicata da HarperCollins, ed ha vinto tre volte il Premio per la letteratura di fantascienza sudcoreana. Nel 2021 è stata selezionata per il National Book Award per la raccolta di racconti L’origine delle specie.
Il 27 ottobre il libro è uscito anche in Italia, edito da Add Editore. Si tratta di una raccolta di otto racconti di fantascienza che attraversano un’ampia gamma di punti di vista. Durante una delle presentazioni, che si è svolta a Roma ed è stata moderata da Licia Troisi, la scrittrice ha dichiarato di essere stata influenzata nella sua scrittura, sia nella visione che nello stile, dai Manhwa coreani e da quelli giapponesi. Tra gli esempi ha citato Galaxy Express 999.
La fantascienza, per Kim Bo-young, non è stata sinonimo di evasione ma un modo per approfondire la conoscenza di sé e mettere per iscritto lati della sua persona che non conosceva.
L’origine delle specie
L’origine delle specie vede nell’essere umano il fil rouge degli otto racconti che lo compongono. Esseri umani che travalicano il canone a cui siamo abituati e che non rientrano nel prisma di immagini che la nostra mente riesce a classificare. Corpi capaci di innescare drammatiche, ma necessarie, trasformazioni biologiche in grado di assicurare loro la sopravvivenza o un altro destino. Robot dalle più disparate sembianze, unici abitanti di una nuova era glaciale, che ricercano e ritrovano la vita organica e l’uomo. Persone che vivono come gli animali domestici di enormi draghi, affezionate ai loro padroni e incapaci di ribellarsi.
Satellite e stella prenderebbero il nome di una divinità. Con lo sguardo rivolto al satellite, le persone pregherebbero, canterebbero e ballerebbero. E, giunto il momento di volgere lo sguardo verso lo spazio, partirebbero per un viaggio alla volta del proprio satellite, come se avessero stipulato una promessa di conquista. Metterebbero piede su quella piccola roccia vuota, senza aria né vita, e stringerebbero al petto la sua preziosa polvere.
Vedrebbero le stelle nel cielo e le conterebbero una a una, indicandole con le dita. Sarebbero capaci di distinguere il colore, la grandezza e la luminosità di ognuna. Non soltanto gli astronomi, ma chiunque assegnerebbe un nome alle stelle. Ricorderebbero la loro posizione e le collegherebbero tra loro per formare delle immagini a cui attribuirebbero delle storie. Sulla Terra ogni singola stella avrebbe il nome di un dio. Ci sarebbero tanti dei, quante sono le stelle.
Si parla di ciò che minaccia l’evoluzione, di molte divinità, di mondi lontani con cieli luminosi che invidiano il nostro buio. Ci si chiede cosa classifichi davvero la vita e fin dove un Robot o l’intelligenza artificiale possano arrivare ad “imitare” la nostra coscienza. Ed ogni racconto ha in sé un quesito e una denuncia. Ogni corpo non è forse uguale all’altro? L’istruzione non dovrebbe smettere di essere obsoleta? Cosa ci rende umani?
Queste domande potrebbero essere retoriche e uno dei racconti di Kim Bo-young un giorno potrebbe diventare realtà, ma le stelle continueranno a brillare nel cielo della Terra. Forse.
a cura di
Andrea Romeo
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