“R.R.” di Maelstrom e l’enigmatico video
E’ qualche tempo che seguiamo le gesta di Maelstrom: il cantautore di origini calabresi di stanza in Piemonte ha già saputo dimostrare il suo valore con un buon filotto di brani che, nel tempo, hanno confermato la qualità di un progetto da non perdere d’occhio.
Ora, la pubblicazione di un video dal retrogusto enigmatico che mette il giusto pepe all’attesa di una disco che sembra essere atteso da molti nel circuito indipendente, fuori venerdì per Revubs Dischi. Per capirne qualcosa di più sul trailer dell’album e su quello che ci aspetta tra qualche giorni, abbiamo deciso di fare qualche domanda all’artista.
Maelstrom, un modo particolare di ripresentarti sulle scene. Cosa sta succedendo? Sembra che qualcosa si stia muovendo…
Finalmente ci siamo. Dopo circa due anni di riscritture, esperienze, persone che sono entrate a far parte della mia vita è arrivato il momento.
Sta per uscire il mio primo disco.
Hai realizzato un video per promuovere l’uscita di un disco che aspetti da tanto. Oggi sono in pochi a credere ancora nella forza del visual: che importanza ha l’immagine, nel progetto Maelstrom?
L’immagine nel progetto Maelstrom ha un valore quasi ancestrale, dal momento in cui il regista e fotografo che mi segue è proprio mio fratello Gianvincenzo Pugliese, con il quale ho un legame indescrivibile.
In generale credo che in un mondo che tende sempre di più all’omologazione di massa, avere cura di raccontare attraverso le immagini le proprie tradizioni, la propria singolarità sia il modo migliore per contrattaccare.
Ci racconti un po’ questo video? Di certo, sembra nascondere gesti e significati che hanno quasi un alone rituale…
Il video racconta un rituale funebre, una commemorazione, di un percorso che volge a conclusione, la cui lapide riporta incise due lettere; “R.R.”, titolo stesso del disco. Abbiamo deciso così di narrare attraverso le immagini la nascita e la morte stessa di un album, carico di tutte le esperienze e le persone che si porta con se.
La mano che inscrive un cerchio nel cielo, marca in effetti l’idea di un cerchio che si chiude e allude inoltre, simbolicamente, alla pratica che svolgevano i pirati che decidevano di ammutinarsi contro le tirannie dei capitani. Pare che ogni membro della ciurma che decideva di prendere parte alla lotta, scrivesse il proprio nome su di una pergamena fino a formare un cerchio, in modo tale che se per qualche ragione il capitano fosse riuscito a sventare l’accaduto, non potesse risalire al primo membro che aveva deciso di aderirvi.
Nel video è presente nuovamente nostro nonno, protagonista del mio primo videoclip “Pecore Nere”, che ottenne 20 candidature a festival internazionali e che nel 2022 vinse il premio come “Miglior videoclip” del festival di Napoli. I due personaggi rappresentati si mischiano ancora una volta lasciando così l’alone di mistero attorno ad un personaggio ispirato alle tavole di Hugo Pratt, che si prepara ad un nuovo viaggio, un secondo disco, celebrando l’importanza che riversa nei confronti delle proprie radici.
Nel video, il mare ha un ruolo fondamentale. Cosa rappresenta per te, l’elemento acquatico?
A questa domanda tendo sempre a rispondere in questa maniera; la prima immagine che mi balza in mente quanto cerco di spiegarmi cosa sia la libertà.
Raccontaci un po’ la storia del pugnale che mostri nel video, perché crediamo sia interessante andare a fondo negli elementi che hai curato con tanta attenzione…
Il pugnale, oltre ad essere un easter egg di una cosa di cui non posso ancora parlare, sembra risalire ad un brigante dell’Ottocento e ci è stato gentilmente prestato da un caro amico di famiglia.
Insomma, cosa dobbiamo aspettarci da questo tuo nuovo disco?
È il mio primo disco, perciò direi che potete sicuramente aspettarvi il mio primo modo di approcciarmi al mondo della musica e la mia necessità irrefrenabile di raccontare ciò che sento. Ogni brano fa riferimento a dei momenti, delle persone che hanno anche inconsapevolmente arricchito la mia anima, ed è una cosa di cui non posso che essere immensamente grato.
a cura di
Redazione
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