“Bussano alla porta”: un film scenograficamente claustrofobico

“Bussano alla porta”: un film scenograficamente claustrofobico
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“Bussano alla porta” è un riadattamento del romanzo “La casa alla fine del mondo” di Paul G. Tremblay (2018). Il film, di genere horror, thriller e giallo, è stato diretto da M. Night Shyamalan e prodotto da quest’ultimo insieme a Marc Bienstock e Ashwin Rajan.

Trama

Bussano alla porta tratta di una famiglia che va in vacanza in un cottage in mezzo a una foresta. I momenti di allegria si interrompono quando Wen, la figlia, mentre sta giocando in giardino viene approcciata da uno sconosciuto. La bambina corre a casa avvisando i genitori, Eric e Andrew, dell’imminente arrivo di un gruppo di persone.

I due uomini, vedendo gli sconosciuti con delle strane armi, provano a barricarsi in casa ma invano, dato che riescono ad assediare l’edificio con la forza per poi legare alle sedie la famiglia. Il gruppo, formato da Leonard, Sabrina, Adrianne e Redmond, mette i tre di fronte a una scelta difficile. Devono sacrificare un membro della loro famiglia per salvare il destino dell’umanità, evitando l’Apocalisse e il Giudizio Universale.

Kristen Cui in una scena del film (fonte: Variety)
Verità o pazzia?

Nel corso del film ci si identifica (stranamente) in entrambi le parti, sia nella famiglia che nel gruppo di sconosciuti che sembra quasi una setta. L’interrogativo che permane per tutta la durata del film è se effettivamente gli invasori stiano dicendo la verità, o se sia tutto nella loro testa.

Solitamente nei film sono presenti dei protagonisti e degli antagonisti. Anche se in questa situazione spaventosa gli antagonisti sono facilmente identificabili nei quattro sconosciuti, proviamo una certa empatia nei loro confronti: così come la famiglia, anche loro sembrano non volersi trovare in quella situazione, obbligati a compiere quella azioni e quindi vittime del volere di qualcun altro.

A ogni rifiuto dei tre di sacrificarsi, vengono uccisi uno alla volta i membri del gruppo. In seguito ad ogni uccisione si scatenano fenomeni inspiegabili e distruttivi, che vengono mostrati alla famiglia attraverso il telegiornale, il quale rappresenta, per i quattro, l’unico modo di dimostrare alla famiglia che ciò che stanno dicendo è la verità. Sta poi alla famiglia, e anche allo spettatore, decidere se siano delle coincidenze, o la realtà dei fatti.

Ben Aldridge, Jonathan Groff, Kristen Cui in una scena del film (fonte: UCI cinemas)
Claustrofobia cinematografica

Le scene, i cambi di focus, i momenti di sospensione e di attesa, rendono il film ancora più ansiogeno e soffocante di quanto già non lo siano gli accadimenti in corso. Tutto è stato girato per gran parte del tempo con un cast ristretto, e rinchiuso in una sola stanza, con l’eccezione dei flashback e le scene all’esterno della casa.

Shyamalan ha fatto un ottimo lavoro nello sfruttare al massimo questa ambientazione, riuscendo a cogliere tutte le occasioni per poter variegare le scene attraverso delle inquadrature semplici ma d’effetto. Diversamente da ciò che ci si poteva aspettare, questo film non è effettivamente considerabile come splatter. Le cose più spaventose sono omicidi, che vengono perlopiù censurati, le scene apocalittiche e il senso di suspense che permane.

Il destino dell’umanità in mano agli esseri umani

Ciò che rende interessante il film è che con una scelta, una singola azione, si può cambiare il proprio destino e quello del mondo. A scegliere il destino dell’umanità non sono super-eroi, o mostri con poteri sovrannaturali, ma persone comuni, i cui sacrifici non vengono notati e conosciuti da nessuno eccetto per i sopravvissuti della vicenda.

I quattro intrusi, infatti, non sono altro che la rappresentazione in forma umana dei Cavalieri dell’Apocalisse. Shyamalan ha dotato queste figure bibliche di emozioni e caratteristiche umane, comuni a tutte noi.

Dave Bautista, Rupert Grint, Abby Quinn, Nikki Amuka-Bird in una scena del film (fonte: Business Insider)
Critiche

La presenza del telegiornale è cruciale per il film e rappresenta l’unico spiraglio che collega i protagonisti al mondo esterno. Se questo poteva essere un modo per non “contaminare” l’ambientazione ristretta e distaccata dal mondo, allo stesso tempo forse potrebbe essere considerato un modo un po’ affrettato per dare l’opportunità al gruppo di provare alla famiglia la veridicità dei fatti.

Per quanto riguarda la scelta della coppia omosessuale (presente anche nel libro da cui deriva il film), seppur mirata a rappresentare una famiglia LGBTQ+, potrebbe essere stata un po’ azzardata se prendiamo in considerazione il corso degli eventi. Infatti questa decisione poteva essere risparmiata in una storia in cui c’è di mezzo il giudizio universale di Dio, il quale può essere soddisfatto solo dalla separazione di una coppia omosessuale.

a cura di
Morena Kercuku

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