Il fascino delle biblioteche

Il fascino delle biblioteche
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Non vedevo l’ora di scrivere questo articolo sia perché adoro i libri e le biblioteche sia perché voglio parlarvi di un luogo davvero affascinante e originale che si trova a Oslo.

Ma andiamo con ordine…

Perché amo così tanto le biblioteche?

La prima cosa che faccio quando ho un libro tra le mani è vedere come è organizzato per carpire qual è il messaggio che vuole trasmettere; subito dopo vado a cercare la bibliografia

Ovviamente sono felicissima anche quando l’autore inserisce all’interno del suo lavoro dei riferimenti ad altri testi o solo delle citazioni, così posso creare connessioni che ovviamente sfociano in nuove ricerche. 

Faccio questo perché considero ogni libro come una miniera di opportunità di conoscenza, una biblioteca in miniatura. 

Pensa allora cosa può voler dire per me andare in una biblioteca piena di libri e/o avere accesso al suo catalogo, che mi permette di ricercare tutte le risorse sia fisiche che digitali contenute in essa.

Ho sempre frequentato la biblioteca, da bambina ci andavo per fare delle ricerche; mi piaceva perché la bibliotecaria era sempre gentile e mi indirizzava verso il libro che poi si rivelava, spesso, quello giusto per me.

Ho continuato a recarmici anche dopo: mi piaceva sedermi a studiare lì, da sola, ma sempre in compagnia degli altri avventori.

Il silenzio nella stanza e la possibilità di approfondire su altri testi, che non avrei potuto magari comprare, mi aiutavano a concentrarmi e ad immergermi nella sua speciale atmosfera.

Oggi abbiamo a disposizione molti più strumenti per entrare in possesso di un testo che ci interessa o fare delle ricerche ma quella magia, quell’atmosfera non si può trovare altrove e il mio consiglio, se non sei abituata/o già a frequentarla, è scegliere la biblioteca più vicina e provare!

La prima biblioteca?

La biblioteca di Assurbanipal a Ninive, vicino alla moderna Mosul in Iraq, è considerata la prima.

Purtroppo è andata distrutta, ma nel XIX secolo sono stati ritrovati frammenti di tavolette in caratteri cuneiformi, che sono state restaurate.

In particolare, si sono recuperate diverse parti dell’Epopea di Gilgamesh, una delle più antiche opere letterarie dell’umanità, che racconta le avventure di Gilgamesh, re di Uruk, una delle divinità dell’antica Mesopotamia.

Epopea di Gilgamesh
Chi è stato il primo bibliotecario?

La grande mole di documenti contenuti nella biblioteca di Assurbanipal  ha sicuramente richiesto la presenza di qualcuno che potesse sistemarli in un certo ordine e conservarli. 

Ma il primo vero bibliotecario fu Zenodoto di Efeso della Biblioteca di Alessandria.

Zenodoto introdusse un sistema di organizzazione dei documenti utilizzando stanze differenti per i vari testi distinti in base all’argomento trattato e organizzandoli, per la prima volta nella storia, in ordine alfabetico (per autore).

Il bibliotecario più famoso

Shiyali Ramamrita Ranganathan era un insegnante di matematica e non avrebbe mai pensato di fare il bibliotecario, addirittura pensava che questo fosse un lavoro di basso profilo.

Ma quando l’Università di Madras bandì un concorso per un posto di bibliotecario, a seguito delle insistenze di un suo amico, lui presentò la domanda e fu scelto tra 900 candidati.

Nonostante la sua riluttanza verso questo lavoro, iniziò la formazione alla biblioteca del British Museum ed ottenne un diploma di onorificenza, per aver dimostrato di essere eccellente in diversi corsi.

Da questa esperienza unita alla sua formazione accademica, Ranganathan creò cinque leggi che sono alla base della scienza che regola la gestione della biblioteca: la biblioteconomia.

 I libri esistono per essere usati;

A ogni lettore il suo libro, ovvero libri per tutti;

A ogni libro il suo lettore;

Risparmia il tempo del lettore;

La biblioteca è un organismo che cresce.

Dal libro: I fondamenti della biblioteconomia di Carlo Bianchini

Quest’ultima legge assimila dunque la biblioteca ad un organismo vivente che cresce, si evolve, nutrendosi del contesto in cui opera e cambia, in nuove forme e modelli (che riguardano sia i libri, che i lettori che il personale stesso della biblioteca), creando nuove possibilità di comunicazione della conoscenza.

Si tratta di una legge potentissima che richiede un grande impegno ma che può sorprendere quando qualcuno la interpreta nel modo più ampio possibile, come nel caso di una speciale biblioteca a Oslo in Norvegia.

La biblioteca del futuro

La Deichman bibliotek è la biblioteca pubblica più antica e più grande della Norvegia: è composta da 22 biblioteche locali situate in tutta la città. 

Al suo interno è stata inaugurata recentemente una particolare sala, la Silent Room: la stanza del silenzio dove vengono custoditi i libri della cosiddetta biblioteca del futuro, che non si potranno leggere fino al prossimo secolo.

Si tratta di un progetto culturale, nato da un’idea dell’artista scozzese Katie Paterson, che prevede di raccogliere ogni anno, per cento anni, un manoscritto inedito di un’autrice o un autore, di qualsiasi età e nazionalità, da custodire nella stanza del silenzio. 

Nel 2114 tutti e cento i libri saranno pubblicati insieme. Il progetto ha anche una valenza ambientale, infatti la sala è costruita con legno proveniente da un’area della foresta di Nordmarka dove, nel 2014 Paterson aveva fatto piantare, in sostituzione, mille abeti rossi e questi stessi alberi saranno utilizzati per ricavare la carta su cui stampare i cento manoscritti.

Margaret Atwood, autrice de Il Racconto dell’ancella e vincitrice nel 2019 del Booker Prize, è stata la prima ad aver scritto una storia per la biblioteca del futuro nel 2014. 

Margaret Atwood

Questa interpretazione della biblioteca come una banca dove depositare qualcosa che darà i suoi frutti in futuro, quando chi ha donato quell’opera non ci sarà più, è una forma di karma yoga, un’azione dalla quale non ci si aspetta nulla in cambio, ma che genererà grande bellezza e prosperità per chi potrà accedere a quel tesoro.

Ogni Biblioteca ha tanto da raccontare del luogo dove si trova e credo che la legge di Ranganathan sia proprio un invito a non arrendersi mai e cercare ogni volta la giusta formula per rendere la conoscenza sempre più fruibile a sempre più persone.

a cura di
Anna Francesca Perrone

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