John Legend è leggenda. Lo sappiamo, ma non perde occasione per ricordarcelo con l’album intitolato proprio Legend
John Legend ha all’attivo ben dieci dischi, prima di quest’ultimo. Collaborazioni prestigiose: infinite. Un Premio Oscar Miglior canzone nel 2015 per la bellissima Glory ft. Common. È uno degli artisti più giovani a completare un ambitissimo EGOT (Emmy, Grammy, Oscar e Tony Awards).
Cantautore, produttore, attore, giudice televisivo. La sua voce riconoscibile. Un’eleganza sempre inconfondibile nei suoni tanto quanto nei look. Indiscutibile, inoltre, la qualità musicale, sua e dell’enorme team che ha lavorato alla scrittura di Legend, uscito venerdì 9 settembre 2022.
La copertina presenta un corpo nudo, penombra e mani giunte. Non lascia dubbi su una specie di sacralità, insita in ciò che è leggenda.
L’album, i dischi
Legend è un’opera abbastanza mastodontica: ventiquattro brani divisi in due dischi, Act I ed Act II.

Ma l’album non sorprende, è esattamente tutto quello che ci aspettavamo da lui. Ci sono le sue origini, quelle del coro nella Chiesa Battista in cui è cresciuto. Ci sono i nightclub di New York. C’è il pianoforte con cui ci aveva incantati in All of You.
La produzione è esemplare e perfettamente curata, ci sono incursioni ora d’atmosfera jazz, ora di pop elettronico, poi di musica dance e anche dancehall. Nessun brano spicca in modo deciso sugli altri. Forse per questo sembra un album troppo lungo nel quale si fatica ad arrivare ad Home, la canzone finale.
I due dischi sono caratterizzati da mood completamente diversi.
Act I è essenzialmente ballabile, R&B. Il ritmo e il blues che Legend ha nel sangue. Qui dominano le due versioni di All She Wanna Do, uscite il 5 agosto come anticipazione del disco. Ed è proprio questa la canzone che sta già facendo ballare tutti raggiungendo, in soli cinque giorni, 3 milioni di ascolti su Spotify.
Act II è più intimo e lento, dominato dalle ballad e dalla tipica rievocazione, o forse sarebbe più giusto dire “commercializzazione”, del soul, un altro genere che gli appartiene da sempre.
Una delle piccole note diverse è la sonorità reggaeggiante di I Want You to Know.

Wonder Woman collaborations
“You make me wonder, woman. How do you do well? You’re superhuman. And I’m just a man.” dice il testo di Wonder Woman, terza canzone del secondo disco.
Sarà per questo che la quasi totalità delle collaborazioni nell’album sono con talentuosissime donne? Jazmine Sullivan, elegante cantautrice R&B, in Love. La pop star Saweetie nella seconda versione di All She Wanna Do. Il tocco jazz e gospel di Ledisi in Good, solo per citarne alcune.
Infine, in Fate, c’è Amber Mark che arricchisce la canzone con il suo tocco alternative R&B. Fate, nonostante non sia nulla di nuovo, a mio avviso è il diamantino solitario di tutto l’album. “As the world keep changing You and me don’t miss a beat” dice. Ed è vero, una canzone impeccabile dall’inizio alla fine, senza un beat che stoni.
La La Land a chi?
Ascoltando Legend non posso far a meno di pensare a Keith, il personaggio che il cantante interpreta nel film La La Land (del quale è stato anche produttore esecutivo). Il personaggio è il musicista di un gruppo jazz di successo, un successo che nel film rappresenta la “poppizzazione” del jazz. Fenomeno che nella pellicola è guardato con scetticismo.
Sicuramente è quello che, in questi anni, è riuscito a fare Legend con l’R&B e il soul. E, al di là di ogni scetticismo, è proprio questo che l’ha reso una leggenda.
a cura di
Lara Melchionda
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