La Storia e Io: Lalla Romano e la verità caleidoscopica
Lalla, Graziella, Romano nasce a Demonte, in provincia di Cuneo, l’11 Novembre del 1906. Dopo la maturità classica si iscrive alla Facoltà di lettere e filosofia di Torino, dove ha la fortuna di avere come insegnanti Pastore, Neri e Venturi, che le consiglia di iscriversi alla scuola di pittura di Felice Casorati. Negli stessi anni frequenta lo studio del pittore Giovanni Guarlotti.
Negli anni successivi, mentre insegna, si alternano la passione per la storia dell’arte e quella per la letteratura. Se in un primo momento sembra essere la pittura ad avere la meglio, a Torino espone in delle mostre collettive ed in una personale, nel 1941 pubblica la sua prima raccolta di poesie Fiore e solo dodici anni dopo il suo primo romanzo Maria.
Durante la seconda guerra mondiale, dopo che il suo alloggio a Torino viene danneggiato da un bombardamento, torna con il figlio a vivere dai genitori a Cuneo. L’amicizia con Livio Bianco la porta a conoscere ed inseguito aderire al movimento Giustizia e Libertà e ai Gruppi di difesa della donna.
Le mie avventure personali col fascismo negli anni di Cuneo e di Torino, che erano anche anni di scuola, erano state minime e sostanzialmente comiche. Dopo, cioè dopo il 1938, non ci fu più niente di comico. Al tempo della lotta partigiana partecipavo “dalle retrovie”: avevo con me mio figlio bambino. Ho corso qualche rischio, ho avuto qualche avventura, ma non ne ho mai scrivo; ho soltanto evocato i giorni della Liberazione sul foglio cuneese “Giustizia e Libertà”.
Mentre la sua attività pittorica entra in crisi, inizia a sentirsi sempre più vicina alla scrittura che porta avanti fino agli ultimi anni della sua vita. Si trasferisce a Milano e nel 1959 abbandona definitivamente anche l’insegnamento per dedicarsi completamente alle parole. In questo periodo collabora con il Verri, Il Caffè, Nuovi Argomenti e molte altre riviste.
L’ansia di verità
Tra le suo opere si trovano raccolte di poesie, romanzi ma anche traduzioni e saggi critici. Secondo Cesare Segre, Romano scrive “per cogliere la verità, una verità che non si concede mai intera”; e lo fa con un tono curato ed estremamente morbido. Nelle sue opere ogni virgola pesata, la struttura sintattica semplice e l’ordine delle parole racchiudono e tutelano il vero.
Il solo punto di vista possibile diventa quindi quello più fedele: il proprio. La memoria è uno stimolo per recuperare le verità dimenticate che, nei suoi scritti, troviamo come indizi da inseguire negli oggetti sparsi.
Una verità morale difficile da stabilire in maniera definitiva, poiché il responsabile del punto di vista diventa anche garante dei giudizi e dei comportamenti. Questo, per molto tempo, ha portato in Lalla Romano una propensione alla reticenza che solo l’ansia di verità è riuscita a trasformare in schiettezza disarmante.
Sono epifanie, scorci e illuminazioni che esistono solo nella memoria a raccontarci la verità, sempre parziale, che la scrittrice non vuole rischiare di deformare con parole indelicate.
Fiore
Pubblica la sua opera prima già trentaquattrenne, su esortazione di Montale. Fiore viene pubblicato da Frassinelli dopo il rifiuto di Einaudi, a cui regala una copia con la dedica “A Giulio Einaudi che non ha voluto stampare questo libro“.
È un volumetto di poesie, quasi una una storia d’amore in versi, che apre la porta a momenti di serenità, intensità e sensualità e racconta i sentimenti attraverso i luoghi ed i paesaggi vissuti, descritti con minuzia.
Andiamo nella campagna deserta,
scricchiola sotto i piedi la neve.
Già sorta è la luna, e risplende
la pianura sino ai monti lontani.
Io cerco il tuo corpo caldo e oscuro,
tu cerchi con affanno il mio corpo,
ed il nostro cuore si spezza
tremando nel vano abbraccio.
Fiore rappresenta un libro chiave, che anticipa la produzione futura. Il “paesaggio vissuto“, i luoghi che tracciano il ricordo dei sentimenti e trascinano con sé vicende e sofferenze, sarà presente infatti anche in altre opere. Un altro tema che tornerà è il sogno, come “fondatore di realtà alternative, o costruttore di quadri unitari, autonomi“.
Spesso s’ingannano i galli a cantare,
il sonno è dolce: tu non mi destare.Il gallo scambia per alba la neve,
voglio dormire, che vivere è greve.Il gallo scambia la neve per alba,
è bello il sogno, ma la vita è scialba.
Ma è, soprattuto, un esperimento nell’uso delle parole e del potenziamento delle pause, che vedremo poi esplodere nell’utilizzo che Romano ha della sintassi e della dizione. Quell’ordine misurato e delicato volto esclusivamente a tutelare il vero più cangiante.
a cura di
Andrea Romeo
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