“Occhiali Neri”: il ritorno di Dario Argento

“Occhiali Neri”: il ritorno di Dario Argento
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“Occhiali neri” segna il ritorno sul grande schermo, dopo dieci anni dall’ultimo film, di un ormai ottantenne Dario Argento con un lavoro autocitazionista che rinnova, però, il suo inconfondibile stile

Quando è stato annunciato il ritorno del cosiddetto “Maestro del brivido” Dario Argento con il nuovo film “Occhiali neri“, gli appassionati di horror e gialli così come i culturi del regista sono andati in visibilio. L’ultimo lungometraggio di Argento risale a oltre dieci fa e, in qualche modo, ha deluso le aspettative di molti. Di fatti, dagli anni duemila in poi, il regista italiano ha diretto una serie di prodotti alquanto pretenziosi, spente imitazioni della grandiosità di un tempo.

“Occhiali neri”, così, ha rapprensentato una sorta di speranza, un varco di luce nelle tenebre dell’horror in grado di riconferire nuova linfa vitale a vetuste pratiche di genere. Anche questa volta, però, il film ha deluso in parte le aspettative.

Se desideravate godervi un bel giallo, “Occhiali neri” fallisce nell’intento. L’ambito investigativo, infatti, risulta parecchio debole come se, nel film, rappresentasse un mero pretesto per veicolare ben altro messaggio. A cosa serve, quindi, guardare nel 2022 un film di Dario Argento? Qual è il testamento di un regista del suo calibro i cui anni di gloria, però, sono ormai passati da un pezzo?

La genesi

Il film “Occhiali neri” è una sceneggiatura vecchia, una rovinata cartella nascosta in un polveroso cassetto della sua abitazione. Caso vuole che sua figlia Asia, in cerca di materiale per il documentario su suo padre, trovi inaspettatamente la chicca ormai dimenticata. L’attrice, allora, considerando la sceneggiatura come un pezzo di valore, si adopera a trovare dei finanziamenti per riportare in auge il suo stanco padre.

Il progetto, a questo punto, inizia a prendere forma anche con uno storico collaboratore di Dario Argento, ovvero lo sceneggiatore Franco Ferrini. “Occhiali neri”, presentato alla Berlinale di quest’anno, è stato distribuito nelle sale italiane il 24 febbraio.

Trama

Diana è un’ escort di lusso apparentemente superficiale la cui vita sarà per essere stravolta da eventi agghiancianti. A Roma un’incredibile eclisse solare rende buie e tenebrose le calorose giornate estive. Diana, nel tentativo di osservare incredula l’evento naturale, copre gli occhi con degli occhiali neri, presagio, insieme all’oscurità causata dall’eclisse, del suo sfortunato futuro. Infatti, nella capitale, si aggira un losco killer seriale di prostitute che abbandona morenti sul ciglio della strada.

Diana, dopo essersi divincolata da avances violente di un cliente, è vittima del pericoloso assassino. L’uomo, attraverso un rocambelsco inseguimento con il suo furgone bianco, cerca di fermare la donna con lo scopo di ammazzarla.

Diana sfugge alle sue grinfie ma, il tentativo di fuga, termina con un devastante incidente d’auto. Quest’ultimo coinvolge un’altra macchina al cui interno c’è una famiglia cinese. Chin, il figlioletto, è l’unico supersite del terribile scontro mentre una sanguinante Diana rimarrà per sempre cieca.

Per cercare di riappropriarsi della sua vita distrutta, Diana inizia ad occuparsi del piccolo Chin che, nel frattempo, è stato trasferito in un centro d’accoglienza. Ad aiutarla nel percorso di guarigione è chiamata in causa Rita, un’operatrice d’assistenza per persone non vedenti che supporterà Diana quando sarà costretta ad affrontare “vis a vis” il suo nemico.

Intanto, due poliziotti indagano per scoprire l’identità del serial killer e le sue connessione con il furgone bianco, elemento ricorrente nelle uccisioni.

Nella seconda parte del film, il killer farà di tutto per arrivare a Diana stroncando la vita di molti dei suoi aiutanti. Dopo momenti frenetici che esauriscono in fretta e furia una storia soltanto abbozzata, il destino di Diana e Chin troverà una conclusione dal gusto dolceamaro.

L’instabile impianto narrativo di “Occhiali Neri”

Molti indizi dimostrano come Dario Argento abbia voluto ripredere le strutture ricorrenti del giallo/horror attraverso il suo ultimo lavoro. Come già affermato, la sua sembra un’occasione mancata. Infatti, l’attitudine investigativa dei due poliziotti sembra essere una fantomatica parodia delle indagini sugli omicidi. Gli ispettori risulteranno inadeguati nel svolgere il loro ruolo di aiutanti. Del duo verrà messa in luce un generale senso di ironica inettitudine.

Nella prima parte del film, comunque, s’instaurono alcune classiche convezioni di genere subito riconoscibili dagli spettatori. L’incipit buio e ricco di suspense ed elementi ciclici e simbolici trasmettono l’intento del regista di realizzare un vero e proprio giallo – thriller.

Con il passare dei minuti la coerenza logica perde di sostanza, soprattutto quando i personaggi si svuotano sempre più della loro caratterizzazione. Rita, le cui premesse in quanto confidente sarebbero potute essere ben più approfondite, risolve la sua funzione in attimi esagitati.

“Occhiali Neri” manca nella costruzione di dialoghi sensati oltre che emotivamente coinvolgenti. Spesso, la struttura drammatica del film rifugge da spiegazioni concrete degli eventi per brusche soluzioni finali.

Ma ciò che più colpisce in quanto a mancanza di coesione è la motivazione del killer. Ogni personaggio nei film è tendenzialmente costruito secondo leggi ben precisce che giustificano le sue azioni tramite rapporti di causa- effetto. Spiegare i comportamenti di un protagonista quale deve essere il killer in un horror/ giallo è necessario per fornire al film verdicità all’interno del suo mondo narrativo.

La sceneggiatura di “Occhiali neri” è così scarna che le motivazioni a causa delle quali il killer agisce sono intuite o appena accennate. Di certo, esse non legittamano quelle sequenze iniziali, costruite così accuratamente, nelle quali vengono prese di mira le altre escort.

Diana, donna fragile e sfuggente

“Occhiali neri” presenta, quindi, diverse pecche narrative e di coerenza. Inoltre, la durata del film non permette un reale dispiegamento degli eventi, ulteriormente sintetizzato da una messa in scena abbastanza approssimativa. Ilenia Pastorelli, nei panni della protagonista Diana, rientra egregiamente nel ruolo di giovane donna smarrita la cui condizione di vittima è acuita dalla sua cecità.

La Pastorelli, nonostante alcune ambigue doti espressive, si presta molto bene ai frenetici movimenti di macchina alla Dario Argento, riuscendo, comunque, nell’intento di comunicare al pubblico la sua natura fragile.

La donna, a causa dell’incidente, è colpita da un profondo senso di colpa per la morte di un’intera famiglia e sarà costretta a ripensare le priorità della sua vita grazie anche all’affetto che la lega a Chin.

Tuttavia, Dario Argento sia nelle soluzioni registiche che nell’elaborazione del personaggio di Diana, rende Ilenia Pastorelli un’anima perennemente in balia degli eventi, mai davvero alla guida del suo destino. Anzi, è proprio quella guida in solitaria, prima grande prova per il suo personaggio, ad averla condotta sulla via dell’incertezza.

La escort si muove sbandata tra boschi tenebrosi o si nasconde nelle quattro mura della casa di una figura amica. Le sue emozioni, nonostante una sfuggente identificazione della sua reale personalità, sono visibili per il rapporto con Chin, il quale diventerà, insieme al suo fidato cane Nerea, i suoi occhi. Nerea e Chili saranno, quindi, i veri i palastri di una smarrita Diana, destinatari del suo amore.

Dario Argento è ancora il Maestro del brivido?

Dario Argento esibisce, comunque, tutte le qualità che lo hanno reso un regista acclamato a livello internazione. Di fatti, la sua tecnica di montaggio richiama le soluzioni classiche di un tempo con inquadrature ora tagliate bruscamente, ora più lunghe ed intense. L’impronta artefatta della regia si ritrova nelle classiche scene “splatter” mentre la costruzione visiva e sonora della suspense è sostenuta da una messa in quadro curata nei dettagli.

La fotografia è, di certo, uno degli aspetti positivi del lungometraggio così come l’utilizzo simbolico di luci e ombre e di bianco e nero. La prima sequenza riguardante l’eclisse di sole è realizzata con grande maestria e inscena forti costrasti di luce. La luminosità delle prime immagini viene, così, spenta progressivamente dall’eclisse rendendo tetra una calda Roma d’estate.

“Occhiali neri” trasporta gli spettatori, più durante la seconda parte del film, in un dimensione onirica, che strizza l’occhio all’Argento del passato e di capolavori come “Suspiria”, però, si rinnova grazie ad una resa più “rurale” degli spazi aperti. Ciò che rimane assoluta garanzia di qualità è la colonna sonora del film. Composta dal francese Arnaud Rebotini, la soundtrack restituisce al pubblico quella conformità che un po’ si perde con l’avanzare della pellicola.

Dopo il formidabile sodalizio tra i Goblin e Dario Argento con i loro indimenticabili motivi come quello di “Profondo Rosso”, il regista si fa aiutare da un musicista, per certi versi, affine al gruppo cult anni ’80. Le melodie spettrali e progressiste per “Occhiali neri” si mescolano con sonorità elettroniche con un risultato davvero da brividi! La musica del film arriva dove la storia si ferma: costruisce momenti di tensione e dà senso logico alle scene.

Questo è un film d’amore

Guardare i film di Dario Argento ha ancora un senso. Nonostante le lacune sopracitate e le difficoltà di un regista di un tempo che si scontra con un mondo cinematografico diverso, Dario argento è ancora un maestro, forse, però, non più dei brividi.

Lui, intanto, rimane un maestro. Ad un’artista che ha ideato le più memorabili scene di suspense quando la comunicazione del cinema si basava ancora sull’intelligente utilizzo dei suoi strumenti e non di manipolazioni computerizzate, si perdona anche qualche errore. In fondo, una volta visto “Occhiali neri” ciò che resta non è il senso di terrore. Il lascito di questo film è, invece, un profondo senso di tenerezza.

Diana è, alla fine, una donna sola che ha perso tutto. Per Chin e con Chin riesce a rialzarsi e recuperare quella parte di sé per tanto tempo soffocata. Diana, a seguito della cecità, è in grado di vedere il mondo con occhi diversi. Grazie ai suoi sensi intensificati, percepisce altre sfumature dello spazio circostante prima di allora solo realtà ignote. Così al termine del film Diana non è più una fredda escort. È una persona nuova capace di provare davvero amore, in qualsiasi forma esso sia. E se il finale per lei riserva un restrogusto amaro, il pubblico è certo della sua ritrovata serenità.

Si può dire che Dario Argento non è più quello di una volta, si può dire che i tempi di gloria sono ormai andati. Si può dire che il Maestro del brivido si sia “ammorbidito”. In realtà, si potrebbe dire che Dario Argento non debba dimostrare più niente a nessuno e che, magari, tutti i suoi film sono stati sempre un po’ sentimentali.

a cura di
Noemi Didonna

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