Le forme dell’arte di Omar Hassan

Le forme dell’arte di Omar Hassan
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Omar Hassan, classe ’87, un diploma presso l’Accademia delle Belle Arti di Brera Milano nel corso di Pittura e un passato da pugile che in qualche modo è riuscito a portare nel suo presente, con tutti i valori e le “linee guida” della nobile arte.

Affermare semplicemente che Omar dipinga, pare sia riduttivo rispetto a tutto ciò che poi è realmente in grado di creare. Dipinge, ma lo fa in tutti i modi possibili e ha la straordinaria capacità di riuscire a trasformare tutto in arte, ogni tipo di sensazione e persino ciò che teoricamente potrebbe anche essere buttato via, come i tappi delle bombolette spray.

La sua peculiarità non risiede solo nell’intingere i guantoni nei barattoli di pittura per dare vita alle sue tele, ma anche nel modo in cui sposa l’idea stessa di arte a 360°, dalla musica alla scultura. Sembra tutto perfettamente sincronizzato tra ciò che ha dentro e ciò che traspare all’esterno.

La sua prima mostra personale è arrivata a 23 anni, alla Fabbrica Eos di Milano e da lì in poi non si è più fermato, ha girato il mondo e ha aderito a numerosi progetti importanti. Omar è la dimostrazione che ci si può sempre re-inventare, valorizzando ciò che siamo, senza discostarci dalle nostre idee e dal nostro modo di essere, anzi, mettendolo addirittura in risalto, nel bene e nel male, riuscendo così a creare una vera identità.

Lui, in questi anni, è riuscito ad affermare la propria ed ecco cosa ci ha raccontato…

Ciao Omar! Benvenuto su Thesoundcheck e nella nostra sezione dedicata all’arte. Com’è nato il tuo legame con questa parola, ricordi il momento in cui ha iniziato a prendere forma il tuo personale concetto di “arte”?

Ciao ragazzi! Non ricordo un istante preciso , ma piuttosto una costante e quotidiana presa di coscienza che non avrei potuto e non potrei fare altro che occuparmi di Arte.

Essere un artista oggi, nel bel mezzo di una pandemia rappresenta sicuramente un limite sotto molti aspetti. A livello artistico come hai vissuto e come stai vivendo questo periodo di restrizioni?! Il tuo studio non ha mai smesso di essere il tuo ring o hai avuto anche dei momenti di stop?

Questo periodo e questo momento storico sono davvero un momento nuovo e di cambiamento per tutti e in qualche modo bisogna adattarsi, grazie a Dio io vivo bene nel mio studio, la difficoltà che ho trovato è stata quella che senza una mostra da fare un museo da riempire veniva complicato ideare opere nuove, perché amo lavorare nello spazio e creare opere che si incastrino esattamente in quel luogo e per quella mostra. Il mio vero ring è il mondo dal quale traggo ispirazione ogni giorno, in ogni mio movimento e il mio studio diventa il luogo dove tutto poi prende forma. Mi è mancato tanto muovermi da una città all’altra.

Sensibilità e istinto sembrano essere due caratteristiche predominanti del tuo modo di comunicare. Quali sono i sentimenti che “scatenano” e portano al compimento di una tua opera?

I sentimenti che mi spingono a realizzare le mie opere sono infiniti e sono tutti dentro di me, nel mio inconscio. Cerco di ascoltare queste pulsioni, incanalarle, e sicuramente l’idea di lasciare qualcosa nel tempo, qualcosa che possa rendermi in un certo senso immortale. Ecco questo è il sentimento mi porta a dipingere!

Secondo te oggi, quanto conta realmente il talento, la “dote” e quanto invece purtroppo l’arte contemporanea stia perdendo il suo valore per la mole di persone che tentanto questa strada pur non avendo gli strumenti, le basi e le doti innate?

Credo che il talento si possa subito riconoscere e nel caso in cui non si riuscisse subito, il tempo darà sempre ragione a un talento! Siamo bombardati di persone che non hanno contenuto in un era social dove solo poche cose sono rimaste reali e quindi è facile perdere di vista quella che può essere una corretta lettura di un’opera d’arte (in generale). Credo che ogni artista vero abbia un percorso alle sue spalle e uno quasi ben già disegnato proprio dall’artista stesso davanti a sé, lì, solo da percorrere. 

A proposito di progetti uniti al mondo della musica, non posso esimermi dal chiederti qualcosa in più a proposito della tua collaborazione con Sfera Ebbasta in occasione dell’uscita del suo ultimo album, come si sono uniti il suo album e il tuo quadro?!

La collaborazione con Sfera è nata da una stima reciproca e da una necessità comune: io di musica e lui di arte. Avevo voglia di avere un mio quadro in sala durante il lock-down, invece di un muro bianco e io desideravo moltissimo ascoltare le sue nuove canzoni. Mi è venuto spontaneo pensare di documentare questa necessità d’arte comune, vera e sincera, per lanciare un messaggio in favore dell’arte e della musica, settori abbandonati durante questa pandemia.

La tua nuova serie di opere “new lights” sembra un vero e proprio segnale di speranza, raccontaci un po’ delle tue “Nuove luci”, cosa rappresentano per te e quali messaggi si celano dietro di esse?

Cerco di dipingere la luce, la serie nuova è fatta di luci che provano a scolpire delle ombre sulla tela, creando un’illusione di movimento e a volte di “non finito” in quanto le tele sembrano tirate male o non finire sul telaio, ma invece non lo sono.

Sui tuoi canali social hai anticipato due nuovi progetti in arrivo, cosa dobbiamo aspettarci da te per questo nuovo anno, come ci sorprenderai?

Spero di poter realizzare una mostra a Berlino il prima possibile e un progetto completamente nuovo che però per scaramanzia aspetto ancora un po’ a dire, ma presto spero di riuscire a svelarvi qualcosa in più. 

Ultima domanda, se dovessi scegliere una canzone capace di rispecchiarti in questo momento quale sceglieresti e cosa augureresti a te stesso da adesso in poi?

Beh, una canzone di preciso è difficile ! Forse Where’s the Catch?(feat. Andre 3000) di James Blake. A me stesso auguro di poter esporre presto e auguro tanto tanto bene a tutte le persone buone, ma anche a quelle meno buone.


a cura di
Claudia Venuti

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Claudia Venuti

Claudia Venuti nasce ad Avellino nel 1987, a 14 anni si trasferisce a Rimini, dove attualmente vive e lavora. Oltre ad essere il responsabile editoriale della sezione musica di TheSoundcheck, è responsabile dell’area letteratura dell’ufficio stampa Sound Communication. Studia presso la Scuola Superiore Europea di Counseling professionale. Inguaribile romantica e sognatrice cronica, ama la musica, i viaggi senza meta, scovare nuovi talenti e sottolineare frasi nei libri. Sempre alla ricerca di nuovi stimoli, la sua più grande passione è la scrittura. Dopo il successo della trilogia #passidimia, ha pubblicato il suo quarto romanzo: “Ho trovato un cuore a terra ma non era il mio” con la casa editrice Sperling & Kupfen del Gruppo Mondadori.

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