Intervista ad Antonio McFly Morelli

Intervista ad Antonio McFly Morelli
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Antonio McFly Morelli ha capito che occorreva un biglietto da visita per presentarsi al mondo con il suo progetto da solista tutto nuovo, così il 19 ottobre dà alla luce “Irish soul”, brano che cerca di unire alle sonorità della world music quelle dell’elettronica.

In “Irish soul” riescono a congiungersi tradizione e sperimentazione, la verde Irlanda e la soleggiata Italia. È interessante vedere come ci sia ancora qualcuno come McFly disposto a mettere le mani in un genere musicale, più legato alle tradizioni, come appunto la world music, e a plasmarlo e rimodellarlo, servendosi però di strumenti che si rifanno alla produzione di altri generi musicali.

McFly, un po’ come una voce fuori dal coro dell’omologazione musicale in Italia, ci prepara con “Irish soul” a quello che sarà il disco di esordio, programmato per fine novembre. Questo brano è una storia a parte, dice, esiste di per sé, ma non esisterebbe se non in visione di qualcosa di più grande come un album.

Ce ne parla più approfonditamente nell’intervista qui sotto.

Da cosa nasce la tua idea di aggiungere alle sonorità elettroniche, che sono un po’ il tuo marchio di fabbrica, quelle da un gusto folclorico irlandese?

Quando ho iniziato a buttare giù i miei primi brani da solista ho sempre avuto come idea quella di voler crearne almeno uno che avesse a che fare con la musica tradizionale irlandese. Sono sempre stato attratto dalle sonorità tipiche della musica folk perché hanno un mood davvero coinvolgente ed intrigante. Negli ultimi tre anni ho iniziato a studiare strumenti tipici della musica folk come l’ukulele, il mandolino e il bouzouki irlandese. Mi piace sperimentare e credo che la realtà dell’elettronica e della musica folk possano incontrarsi in qualche modo. Nel mio piccolo spero di esserci riuscito.

Cosa ti affascina della cultura dell’isola dal cuore verde?

Credo che irlandesi e italiani abbiano davvero tante cose in comune. Aimè non sono ancora riuscito a visitare l’Irlanda ma spero di andarci presto. La tradizione irlandese è un po’ come quella italiana, popolare, nasce dalla gente comune e questo a mio avviso è qualcosa di straordinario. Nella semplicità si ritrova la grandezza di una terra e della sua cultura. Dal punto di vista musicale credo che si possa imparare tanto e lo studio degli strumenti tipici della musica folk me ne stanno dando la prova.

Spiegaci l’uso strumentale nella produzione di Irish Soul.

La canzone è nata un po’ per caso. Mentre stavo mixando un giro di piano casualmente feci suonare in sincrono un giro di mandolino ed immediatamente rimasi rapito dall’atmosfera che si era venuta a creare. Pensai “questo è il brano che stavo cercando”. Ci ho lavorato per molti mesi, spesso aggiungevo solamente qualcosa ogni due/tre settimane. È stato un continuo compromesso tra la parte elettronica e quella acustica, in qualche modo sembravano voler predominare l’una sull’altra.

La svolta è stata l’inserimento nella parte centrale di percussioni tipiche della world music; danno lo stacco che cercavo, in qualche modo ti spiazzano e inconsciamente ti portano a scoprire cosa ci sarà dopo. Non è un caso se ho pubblicato questa canzone come singolo prima dell’uscita del disco, credo che sia una storia a parte rispetto a tutti gli altri brani.

Hai intenzione di continuare con un viaggio nella world music in generale o ti fermerai ancora un po’ ad indagare la musica tradizionale irlandese?

Il disco che uscirà a fine novembre sarà tutto incentrato sulla world music. Concettualmente è come se fosse diviso alla vecchia maniera in Lato A e Lato B: Le prime quattro tracce rimandano a sonorità elettroniche e d’ambiente come la musica chill-out, mentre le ultime quattro ricordano più la musica puramente strumentale e dove la componente elettronica lascia più spazio a strumenti acustici.

Il vero filo conduttore di tutto il disco è appunto la world music. In ogni traccia si possono sentire percussioni di tutto il mondo che in qualche modo danno dinamicità e carattere anche ai beat più minimali. Credo sia più facile capire cosa intendo ascoltandolo che spiegandolo a parole. Vi aspetto sui miei canali, lasciatemi un commento e fatemi sapere che ne pensate. Grazie per l’intervista a presto!

a cura di
Ilaria Rapa

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