Lourdes: “Quasi quasi mi piace essere definito pop”
Dopo l’esordio discografico con Non ci vogliamo più, è uscito venerdì scorso Incontrarti ancora, il secondo singolo di Lourdes per La Clinica Dischi; un brano sentito, che sa di preghiera verso cuori sparsi in mille angoli di mondo diversi, in un tempo in cui la speranza di incontrarsi ancora diventa il miglior palliativo alle paure di ogni giorno.
Abbiamo deciso di fare due chiacchiere con lui, per capire meglio cosa si nasconae tra le pieghe del brano e quanto sia bello, oggi, tornare ad incontrarsi ancora con le persone che ama, nella sua Bergamo.
Ecco cosa ci ha raccontato.
Lourdes, cominciamo subito con il botto: sei figlio di una terra che ha pianto tanto – insieme a tutt’Italia, certo, ma forse un pò di più – negli ultimi mesi. Quanto è liberatorio per te pubblicare proprio adesso il tuo secondo singolo “Incontrarti Ancora”? Il titolo sembra quasi essere un grido di speranza e di amore verso la tua città, Bergamo…
Hai detto la parola giusta, è liberatorio all’ennesima potenza. Sono state settimane nere per chiunque e Bergamo è stata un po’ l’epicentro di tutto. Ma – da bravi bergamaschi – abbiamo pianto senza far rumore e adesso che tutta questa situazione si è decisamente allentata è ora di tornare a far sentire la nostra voce; per me, non c’è modo migliore farlo che non sia attraverso la mia musica.
“Incontrarti ancora” è un brano orgogliosamente pop, per un mercato che sta muovendo i suoi ascolti sempre più verso un nuovo mainstream, ancor diverso da quello precedente. Fino a qualche anno fa, la parola “pop” associata alle proposte indipendenti sapeva quasi di dispregiativa; ora, che cosa è cambiato, secondo te? E quanto sei contento se ti dico “accipicchia, quanto sei pop!”?
C’è stato un totale sdoganamento della parola pop da quando artisti come Calcutta e Thegiornalisti hanno conquistato il mercato discografico. Io però, per esempio, ho sempre mal sopportato la parola “alternative” e tutti quelli che hanno sempre cercato forzatamente di esserlo, quindi se mi dici quanto sono pop ti ringrazio!
Nell’era delle grandi polemiche circa l’attenzione istituzionale nei confronti della tutela dello spettacolo e dei suoi lavoratori, non posso che chiederti chi ha lavorato con te alla produzione di “Incontrarti ancora”! E sarebbe bello sapere un pò di più sulle tue fasi creative e su cosa cerchi, da una canzone.
Personalmente, da una canzone cerco sempre l’emozione; quello che scrivo – come credo accada a molti – deve trasmettermi qualcosa, e quando non lo fa cestino e ricomincio da capo. Solitamente scrivo alla chitarra anche se ultimamente sto sfruttando molto il piano: il tutto nasce da una forte urgenza comunicativa, dal frullarmi in testa qualcosa che voglio esprimere e che se non tiro fuori mi manda in cortocircuito la vita quotidiana… insomma, scrivere è soprattutto un atto terapeutico per me. Dopodiché, una volta scritto il pezzo inizio a lavorare in team: per prima cosa, insieme ad un musicista con cui collaboro (Francesco Roncalli) alla pre-produzione della canzone registrando il provino nel suo studio casalingo; dopodiché, arriva la produzione vera e propria di ELLE, produttore/artista della mia etichetta La Clinica Dischi che cura le produzioni di tutti gli artisti del roster e che anche in questo pezzo – come in “Non ci vogliamo più” – ha fatto un lavoro eccezionale, registrando e mixando il pezzo nella sua versione definitiva.
Un po’ Paradiso, un po’ Grignani; tanto Lourdes, naturalmente. Quanto c’è di vero in questa ricetta approssimativa di chi sei musicalmente, ma sopratutto: chi è davvero Lourdes? Il tuo look suggerisce un percorso – oltreché una personalità – dalle numerose sfaccettature, dietro il vestito pop della tua musica; mi piace notarlo perché si nota che ne hai cura, e credo sia questo un aspetto non irrilevante per la comprensione del tuo lavoro.
Di Paradiso conosco veramente poco – non è mai stato tra i miei ascolti e lo sto scoprendo solo ultimamente, con colpevole ritardo – mentre con Grignani ho lavorato quasi 4 anni (è stato mio produttore in passato), quindi sicuramente qualcosa dev’essermi rimasto addosso: i suoi primi 4 dischi sono stati fondamentali per me. Credo che la mia vera natura nasca dall’incontro/scontro tra i grandi cantautori italiani del passato ed alcune band rock americane ed inglesi come Placebo e Smashing Pumpkins, ma adoro acnhe tutta la scena di Seattle dei primi anni 90 che purtroppo per ragioni di età non ho potuto godermi “in presenza”, ma che ho apprezzato dopo.
“Non ci vogliamo più” è stata per mesi in testa alla playlist Spotify di Scuola Indie, principale contenitore dei brani top della scena nazionale indipendente. Sai che sta imperversando una grande guerra contro il sistema delle playlist a pagamento; allo stesso tempo, credo che l’inserimento in playlist (naturalmente, editoriali) sia il trampolino di lancio più efficace per farsi notare dal mercato. Cosa pensi a riguardo di entrambe le cose?
Credo che le playlist siano un’arma a doppio taglio: certo, è molto importante riuscire ad entrare nelle playlist editoriali perché sicuramente danno grande visibilità; allo stesso tempo, trovo sia assurdo dover pagare per entrare in playlist a pagamento (non editoriali). In ogni caso non penso molto a queste cose, preferisco concentrarmi solo sulla mia musica, che è la cosa più importante per me.
Cosa cambierà, dopo questa quarantena? Secondo te, quanto tutto ciò inciderà davvero – dopo mesi di dirette streaming – alla partecipazione del pubblico ai live? Perché diciamocelo, anche prima del Covid la situazione della musica dal vivo non era di certo rosea.
Io spero che le persone tornino a frequentare i concerti in massa, perché credo che un concerto musicale di qualsiasi genere sia una delle forme d’arte più alte e più comunicative che ci sia. O almeno, per me è così. Tra l’altro, proprio quest’estate sarebbero venuti in Italia molti dei miei artisti stranieri preferiti che non vedevo da anni! Mi toccherà aspettare un altro anno…
Un libro che ci consigli, un quadro che rappresenta il tuo nuovo singolo e il titolo della colonna sonora della tua vita (un album o, se preferisci, una canzone).
Durante questa quarantena, il bassista della mia band mi ha regalato “Il libro dei coniglietti suicidi” che vi consiglio per distrarvi un po’ da tutta questa situazione pandemica: è una raccolta di buffe immagini di conigli che tentano di togliersi la vita in vari modi; non sembrerebbe, ma molto divertente. Un quadro che rappresenta “Incontrarti Ancora”, invece, è “La notte stellata” di Van Gogh (mi piace da matti come il pittore olandese abbia saputo rappresentare la notte prima del sorgere del sole), mentre il brano – preferisco, rispetto a citarti un album – che rappresenta la mia vita è “Ed è quasi come essere felice” di Motta: quel “quasi”, nascosto in piena vista nel titolo, è la chiave di comprensione del mio momento attuale, senza alcun dubbio.
Tre artisti che ci consigli (e che quasi sicuramente conosciamo) e tre che dobbiamo assolutamente ascoltare, perché non li conosciamo.
Sicuramente Motta, Bugo (l’ultimo album è davvero bello) e Placebo che conoscete, mentre per chi non li conosce vi direi: Cautious Clay, Fabrizio Cammarata e un qualsiasi artista de La Clinica Dischi. Sono troppo di parte, secondo te?
Salutaci a modo tuo, e salutaci Bergamo.
Grazie a te, grazie a tutti i ganzi di The Soundcheck, grazie a chi è arrivato a leggermi fin qui; e ricordatevi di andare ad ascoltare il mio secondo singolo “Incontrarti Ancora”. Mola mia!
a cura di
Giulia Perna