Ci si innamora per piangere, intervista a Frisino

Ci si innamora per piangere, intervista a Frisino
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Frisino, al secolo Antonio Frisino, è il perfetto connubio tra le classiche sonorità del cantautorato italiano e le recenti testimonianze dell’itpop contemporaneo

Frisino fa il suo esordio nel panorama della musica italiana nel settembre 2015 con l’album Tropico dei Romantici. A questo album partecipano vari ospiti, tra i quali spicca il nome di Dardust. Si tratta di una raccolta di dieci brani che racconta le esperienze di vita attraverso occhi innamorati; ricco di citazioni ai grandi autori del passato, fra cui Tenco e Rino Gaetano.

Il 21 febbraio ha pubblicato il suo secondo disco, intitolato Italian Touch, prodotto insieme a Pietro Paroletti per l’etichetta bolognese Garrincha Dischi. È un album realizzato con calma, senza fretta, accompagnato da un percorso di analisi molto personale, dimostrato dal fatto che sono passati ormai quasi cinque anni dal precedente lavoro.

Anticipato dai singoli Termini e Geranio, questo disco è una dichiarazione d’amore con un titolo che sintetizza perfettamente l’intento di raccontare le proprie esperienze di vita rimanendo vicino alla canzone d’autore italiana.

A noi il disco è piaciuto molto e sperando che questa situazione di quarantena si risolva presto, abbiamo fatto quattro chiacchiere con Antonio via mail ed ecco quello che ci ha raccontato!

Ciao Antonio, Italian Touch viene pubblicato a 5 anni di distanza dal tuo primo disco. Quanto senti di essere cambiato rispetto al precedente lavoro?

Ciao! Proprio così, questo album esce a distanza di cinque anni dal mio primo disco, che ho pubblicato nel 2015 e che ho prodotto con Antonio Filippelli.

Da quel progetto, nella mia vita sono cambiate tante cose: il fatto di essere diventato padre e aver vissuto una separazione dolorosa da mio figlio mi ha portato a fare un percorso interiore di analisi.

In tutto questo tempo ho continuato a scrivere canzoni e il caso ha fatto sì che iniziassi a frequentare Bologna. Qui sono entrato in contatto con i ragazzi di Garrincha Dischi, ai quali ho fatto ascoltare le cose che stavo realizzando in tutta calma insieme al mio amico, nonché produttore del disco, Pietro Paroletti, un vero talento. A loro il materiale è piaciuto e poi, dopo aver finito il disco, mi hanno offerto un contratto. 

Cosa vuoi raccontarci con questo nuovo album?

Nel momento in cui decidi di scrivere, una sorta di urgenza creativa ti spinge a farlo, che sia terapica nei tuoi confronti o che sia vogliosa di riscontro del pubblico, hai urgenza di vedere pubblicata la tua musica.  Io quest’urgenza però l’ho oltrepassata, a dimostrazione del fatto che ho aspettato tanto tempo per pubblicare questo disco. 

Voglio fare la mia musica e portarla in tour. Voglio suonare il più possibile per fare in modo che i musicisti con cui mi esibirò sul palco riescano ad esprimere loro stessi. Quello che mi auspico, visti i tempi che stiamo vivendo, è che si ritorni a suonare la musica dal vivo. Inoltre, quello che voglio raccontare probabilmente molte volte è anche una sorta di percorso di vita e non per forza che racconti la mia storia.

Non so come spiegartelo, ci provo: se scrivo una canzone è perché ho bisogno di farlo e mi piace andare in studio, mi piace creare. Voglio portarti nelle mie stanze che si contaminano di musica, di cinema e di mondi illustrati. Con i ragazzi dell’etichetta si scherza sul fatto che quest’album è un nuovo genere musicale. Per me è un invito a sentirsi liberi di tracciare il proprio sentiero personale.

In un periodo musicale in cui le collaborazioni tra diversi artisti sono all’ordine del giorno, come mai hai scelto di pubblicare un album senza featuring?

A detta di Matteo Romagnoli il disco sta in piedi da solo ed io sono d’accordo con lui. Abbiamo deciso di non programmare alcun featuring, una scelta un po’ controcorrente. Io però stravedo per le collaborazioni e le contaminazioni musicali e posso anticiparti che nelle prossime cose che pubblicherò qualche collaborazione ci sarà. 

Il primo singolo, che ha anticipato l’uscita del disco, è intitolato Termini. Cosa simboleggia per te questo luogo? Quanto la città di Roma ti ha influenzato nella scrittura?

Termini è un crocevia di pensieri, di situazioni, di umanità divisa tra arrivi e partenze. Come ho avuto modo di dire anche in altre occasioni Roma è diventata un po’ la mia casa negli ultimi anni. Abito in questa città dal 2011, anche se ho iniziato a viverla realmente negli ultimi 2-3 anni. E non è tanto la città ma la vita della città che vivi ad ispirarti. In questo caso Roma è Roma e ha avuto sicuramente la sua influenza, però queste canzoni le ho scritte anche a Bologna e a Firenze.

Come nascono i tuoi brani? Qual è il tuo processo creativo?

Il processo creativo è alterno. Nel senso che può partire da una melodia oppure da una frase ed è un work in progress costante, la vivo un po’ come una condanna.

Se ad esempio io e te siamo seduti qui a parlare e tu mi dici: “Ho mangiato una roba che sembrava un piatto di fiori”, io allora inizio a pensare che questo piatto di fiori devo farlo finire in una canzone su cui sto lavorando da ieri sera.

Tutto è un costante processo di creazione e a me questa cosa fa impazzire. Come ti ho detto è una condanna, non si ferma mai, però è bellissimo quando riesci a chiudere la cornice del quadro, in quel momento ti godi la felicità massima che puoi ascoltare in anteprima. Poi dopo ho bisogno di andare avanti continuamente e scrivere nuove cose. 

Quali sono stati gli artisti che ti hanno maggiormente influenzato per la realizzazione di questo disco?

Gli artisti che ho ascoltato mentre scrivevo l’album appartengono a diversi generi. Da anni mi sono avvicinato al dream pop di scuola statunitense, però sono stati pochi i dischi che ho amato. Tra gli ascolti principali trovano un posto gli SportsMicheal SeyerMild High ClubTops e poi tantissimo Pino Daniele e gli Arctic Monkeys

A quando i prossimi live? Con quale formula porterai questo disco sui palchi? Sarai accompagnato da una band?

Abbiamo appena iniziato un giro promo, per ora abbiamo suonato a Torino e a Bologna e si spera una volta passato questo periodo di quarantena collettiva di riprendere in qualche altra città d’Italia. Ci stiamo muovendo in trio chitarra e voce, violoncello e pianoforte. Invece, per i live veri e propri quando ci saranno suoneremo con tutta la band al completo. 

L’amicizia con gli altri artisti di Garrincha Dischi, come Lo Stato Sociale e Cimini, ti ha arricchito musicalmente negli ultimi anni?

Siamo diventati amici piano sia con Federico Cimini che con i ragazzi de Lo Stato Sociale, ci sentiamo e ci vediamo sempre per fare serata quando sono a Bologna. 

Ultimamente sono andato a trovare i ragazzi de Lo Stato Sociale in trasmissione a Radio Rai 2, si vede che gli piace quello che fanno e sono in armonia con loro stessi, sono presi bene e fanno divertire e poi ho un debole per Checco

Con quale grande nome del passato ti sarebbe piaciuto collaborare se fossi vissuto negli anni ‘80?

Ma che figata di domanda è questa! Qui le risposte si sprecano! Negli anni ’80 mi sarebbe piaciuto più lavorare con gli autori e i parolieri, forse collaborare con Franco Califano o con Pino Daniele, oppure assistere ad un’incisione degli Squallor. Davvero, non saprei, sicuramente anche con Lucio Dalla perchè mi sarebbe piaciuto trovarmi in studio durante le sessioni di Viaggi Organizzati.

Se non fossi un cantautore, con quale altro mezzo artistico ti sarebbe piaciuto comunicare al pubblico le tue emozioni?

Uno dei miei sogni che ancora non sono riuscito a coltivare è quello di imparare a costruire scarpe, oppure lavorare il legno nell’ambito della nautica. Probabilmente in futuro chi lo sa, me ne andrò a vivere in una città di mare e imparerò a farlo.

a cura di 
Redazione Futura

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