Esce il 13 giugno “Stream” il nuovo album del cantautore e compositore Pergola. Disponibile in fisico e in digitale “STREAM!” (Stream Records) è stato registrato nei prestigiosi Real World Studios di Peter Gabriel. Un album che sintetizza le passioni musicali di Pergola e l’approccio coi testi che diventano un modo introspettivo di espressione.
E’ sorprendente il bagaglio di conoscenze che Pergola ha con se. Soprattutto perché è un ragazzo che ha le idee chiare sul percorso musicale che vuole sviluppare. E “Stream” nesintetizza lo sviluppo. Canzoni costruite su generi diversi; world music, elettronica, rock e pop. E vi assicuro che non è facile avere un caleidoscopio di colori diversi e costruirci sopra delle canzoni. Ma Pergola ci ha provato con risultati a tratti sorprendenti. I testi poi affrontano temi universali, come uno sguardo aperto sul mondo. Riflessioni personali ma anche l’isolamento, il desiderio di evasione e i conflitti interiori.
La particolarità di Pergola è essere riuscito a mettersi in gioco partendo da esperienze legate al clubbing. E dal 2019 infatti, grazie ad una rivisitazione elettronica del celebre brano “Rockin’ in the Free World” di Neil Young che si afferma come dj e producer. Ma “Stream” è l’inizio di un percorso dove il suo mondo musicale prende forma e sostanza. Abbiamo voluto incontrarlo per descriverci cosa lo ha portato a questa nuova fase della sua vita artistica.
Ciao Pergola, la prima domanda è d’obbligo. Come sei approdato da dj e producer a musicista completo?
Il mio percorso nasce come produttore di musica elettronica. Le prime produzioni mi hanno permesso di esibirmi come dj. La versione rivisitata di “Rockin’ in the free world” rivisitata mi ha permesso di sperimentare varie sonorità. Strumenti anni 80 e un mix di tante cose. Questo ha suscitato la curiosità di numerosi addetti ai lavori nel mondo elettronico. Mi sono state aperte le porte in un ambiente stimolante dal punto di vista artistico. Una carriera durata cinque anni. Non era quello che avevo sempre sognato in realtà.
Se il mondo del clubbing è stato un mezzo qual è in realtà il tuo background musicale?
Infatti è principalmente legato al rock, al pop. Fra le mie influenze citerei Peter Gabriel ma anche Eric Clapton, tutta la scena rock-blues. Fra gli italiani sono un super fan di Baglioni. L’influenza di queste figure iniziava ad essere sempre più forte anche nelle composizioni. Per iniziare questo percorso, nel 2021 scelsi di fare un’esperienza di produzione recandomi negli studi della Real World, studi di proprietà di Peter Gabriel. Mi sembrava il passaggio necessario per sperimentare questo passaggio verso un modo più diretto di realizzare musica. Qui ho avuto il supporto di storici ingegneri del suono ma soprattutto Chris Hughes, produttore dei Tears for Fears (Songs from the Big Chair). La genesi del disco “Stream” è nata dai suoi preziosi consigli.
Quindi è stata una scelta un pò azzardata questo passaggio artistico?
Proprio così. Avrei potuto fare la scelta più vantaggiosa continuando ad esibirmi nel vari club anche in Europa. Ma non avrei realizzato il mio sogno. Quindi “Stream” nasce da una scelta dettata da cuore, una sorta di scommessa. Inizialmente pensavo di non esserne capace ma alla fine sono molto contento del risultato.
Chi sono i musicisti con cui hai realizzato “Stream”?
Sono musicisti di Avellino con cui si è creata una sinergia da subito. Il bello del creare sound insieme è lo sviluppo di una amicizia. Sono tutti musicisti incredibili. Ci sono i due figli del sound engineer che suonano rispettivamente batteria e tastiere, Saverio Russo al basso, Eleonora Minichiello che canta con me nel brano “Il lungo addio”. La musica è l’arte dell’incontro per definizione. E ancora Alessandro Tomei che suon il sax in “Strade Perdute”
Se dovessi trovare un difetto sta nel fatto che i testi, pur affrontando temi sempre attuali, come in “Nell’attimo della realtà” o “Strade Perdute”, non mi arrivano diretti.
Ho fatto un gran lavoro di introspezione. Sicuramente i testi non sono chiari al primo ascolto. Diciamo che ha giocato l’ascolto quasi ossessivo del disco “Oltre” di Claudio Baglioni. Un’opera che nasconde un certo ermetismo per certi aspetti con immagini contrastanti e surreali. Personalmente mi piace mantenere un certo distacco e garantisco che la scrittura è nata spontaneamente e in maniera diretta e quasi incosciente.
Il tuo disco presenta una serie di generi che si incontrano in maniera equilibrata. Dalla world music che abbiamo citato fino al rock, al pop. Il brano “A presto” sembra rimandare alle composizioni di Michael Nyman. Secondo me fa parte della ricchezza di quella parte del Sud non solo partenopea, ricca di tante influenze.
Io sono di Avellino e quindi orgogliosamente Irpino, ma aldilà delle provenienze la Campania è ricca di influenze. Basta prendere i lavori di Enzo Avitabile, capolavori di un percorso di world music personale ma anche universale. E ancora Eugenio Bennato. E poi Pino Daniele, Napoli Centrale. Napoli è una città artistica e densa di contenuti. Una città che p sempre stata in fermento culturale in evoluzione continua.
Sono previsti dei live di presentazione del disco?
Eh si, questa sarebbe la ciliegina sulla torta. Ci stiamo provando. Siamo una formazione di sette persone. Contiamo di uscire per la fine dell’estate.
a cura di
Beppe Ardito
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