Étoile è la nuova serie ideata dai coniugi Palladino, disponibile dal 24 aprile su Amazon Prime Video. Al centro della narrazione c’è soprattutto la danza, con tutte le sue infinite complessità e le sue regole invisibili. Ma è sempre uno sguardo ironico – talvolta persino invadente – quello che guida la regia: segue i personaggi, li osserva da vicino, li mette a nudo tra palcoscenico e realtà.
È un mondo oltre il reale quello che Amy Sherman-Palladino e suo marito Daniel costruiscono con la loro nuova “punta di diamante” nella serialità targata Prime Video: Étoile. D’altronde, nel corso degli anni, il pubblico ha imparato a riconoscere e ad amare gli universi alternativi creati dalla coppia, grazie soprattutto al teen drama cult Una mamma per amica e al brillante The Marvelous Mrs. Maisel. Con Étoile, i due autori scelgono di puntare i riflettori su un nuovo universo: quello della danza, con tutte quelle “strambe” figure che lo abitano.
Ballerini, coreografi, direttori artistici, imprenditori e loschi finanziatori gravitano tutti attorno a un unico, imprescindibile centro: la scena. Non c’è spazio per pause, riflessioni o sospiri. In Étoile, i personaggi corrono veloci nei labirinti angusti del backstage, sfuggono alle etichette, si muovono con urgenza e determinazione per affermare, ciascuno a modo proprio, il proprio Ego.
Un “Io” che si riflette, si ripete e si esalta in ognuno dei protagonisti della serie targata Amazon. In effetti, per sopravvivere in questa corsa danzante e caotica, bisogna imparare a distinguersi, ad imporsi, anche quando si barcolla su scarpette da punta consumate. Étoile diventa così lo specchio perfetto del messaggio, tanto affascinante quanto spietato, che la danza porta con sé: arte che incanta, seduce e rapisce lo sguardo di chi la osserva, ma che allo stesso tempo sa essere ferocemente umiliante per chi la vive.
Due teatri, due continenti, stessa crisi
Il Metropolitan Ballet Theatre di New York e Le Ballet National de Paris, con i rispettivi direttori creativi Jack Macmillan (Luke Kirby) e Genevieve Lavigne (una sorprendente Charlotte Gainsbourg), si ritrovano entrambi nel mirino della crisi. La tempesta perfetta arriva dalla doppia minaccia della crisi economica post-pandemica e del dilagare dei famigerati balletti “acchiappaclick” su TikTok, che drenano l’attenzione e i fondi da due delle istituzioni culturali più prestigiose di Stati Uniti e Francia.
Per fronteggiare questo momento senza precedenti, ecco che arriva un piano ben ragionato: una sorta di “Erasmus” artistico tra le due compagnie, con uno scambio di ballerini e coreografi selezionati. Un’idea ambiziosa che, prevedibilmente, non trova immediato entusiasmo da tutti gli interessati, i quali si trovano a fare i conti con un cambiamento imprevisto e tutt’altro che semplice da digerire.

L’unica e indiscussa Etoile: Cheyenne
L’étoile per eccellenza, la punta di diamante del Ballet National, l’ambasciatrice indiscussa della danza francese, Cheyenne (Lou de Laâge), viene ceduta al Metropolitan di New York. Un trasferimento che genera una catena di imprevisti, tensioni e difficoltà, mettendo a dura prova non solo la stabilità dell’ambiente lavorativo, ma anche la salute mentale e fisica dei due direttori.
A complicare ulteriormente le cose, come un’ombra inquietante che si muove tra le quinte dei due teatri, fa la sua comparsa Crispin Shamblee, un imprenditore viscido e ambiguo che promette di finanziare lo scambio e risanare i bilanci delle compagnie, e non certo senza chiedere qualcosa indietro.
Se la scena newyorkese può vantare l’arrivo della leggendaria Cheyenne, a Parigi si trasferiscono Tobias (Gideon Glick), un giovane coreografo geniale e stralunato, e Mishi (Taïs Vinolo), una ballerina che in passato era stata esclusa dalla prestigiosa scuola del Balletto. Non sorprende che per i due direttori la gestione dei nuovi “ospiti” si riveli tutt’altro che semplice, soprattutto per via del carattere ingombrante e imprevedibile di Cheyenne, la cui sensibilità è rivolta sempre più spesso verso tematiche ambientali.
“Étoile”, lo stile prima di tutto
Nel mondo costruito dai Palladino, si parla e anche tanto. Fin dalle prime battute è chiaro che il cuore dello show non batte solo nei corpi dei ballerini, ma soprattutto nelle loro parole, nei dialoghi che si rincorrono a un ritmo forsennato.
Non c’è spazio per il silenzio, non c’è pausa tra una frase e l’altra: si parla come si respira, o meglio, si parla al posto di respirare. È uno stile inconfondibile, quello già visto in Una mamma per amica e in La fantastica signora Maisel, ma che qui assume un tono nuovo, più tagliente, più nervoso.
Una frenesia che non è mai solo verbale: c’è una fisicità del linguaggio, quasi danzata, che si riflette anche nel modo in cui la telecamera si muove. I personaggi vengono seguiti in modo serrato, con una regia dinamica che sembra volerli afferrare, rincorrerli tra i corridoi dei teatri e per le strade di una meravigliosa Parigi e una incantevole New York.
La danza, però, non è solo sfondo. È parte strutturale del racconto e trova i suoi momenti di respiro proprio nelle scene coreografiche: lì la parola si fa da parte e la narrazione si affida ai corpi, ai gesti, ai movimenti. E in quei momenti tutto si ferma, tutto si sospende. Questa diventa protagonista assoluta, e attraverso di essa emergono emozioni che nessun dialogo, per quanto brillante, saprebbe restituire. Vi sono così sequenze “spettacolari” dove la tecnica incontra l’espressività e il palcoscenico diventa un luogo a mezz’aria tra realtà e sogno.

Un sogno che danza tra il reale e l’ideale
La vera forza di Étoile sta nel suo saper oscillare costantemente tra due poli: da una parte la concretezza spietata della vita artistica – fatta di selezioni, fallimenti, rivalità, ristrettezze economiche e dall’altra una visione quasi poetica e onirica della danza e del teatro.
In questo spazio ambivalente si muovono personaggi sfaccettati, alcuni più realistici e cinici, altri quasi eterei, dolci, fuori dal tempo. Questo dualismo si riflette anche nella figura di Cheyenne e si estende alla danza stessa, concepita come un linguaggio che sfugge alla logica, ma capace di raccontare le sfaccettature dell’animo umano.
È proprio attraverso le parole di Cheyenne, durante un’intervista chiave nella serie, che emerge la visione profonda e quasi spirituale della danza: è come una canzone di cui non vuoi ascoltare la fine, qualcosa che ti accompagna, che ti rimbomba in testa, un pensiero fisso, quasi ansiolitico, ma rassicurante. Una presenza costante che consola e che dà speranza.

La danza tra bellezza e dolore
In questo senso, Étoile sembra aver l’intento di riflettere sull’essenza stessa dell’arte: un atto di resistenza, di bellezza in un mondo spesso crudele. Anche quando il mercato sembra decidere tutto, anche quando i finanziamenti spariscono e i teatri crollano, il talento resta.
E con lui, resta anche la voglia di danzare, di raccontare, di sognare. Certamente si tratta di un prodotto fruibile dagli amanti della danza, i quali troveranno qui riferimenti, estetica e contenuti, ma che ben si adatta a coloro che cercano una comedy un po’ diversa dal solito. Leggera ma non demenziale, divertente ma mai superficiale, Étoile non fa ridere a crepapelle, ma riesce a far sorridere con intelligenza e a far riflettere con delicatezza.
Étoile è, sì, un’altra serie Prime, un’altra creazione firmata Palladino, ma ha un’identità tutta sua. E anche se il loro stile può non piacere a tutti, non si può negare che questa abbia qualcosa da dire attraverso parole, corpi, musica e soprattutto grazie a quella strana ed irresistibile grazia che appartiene solo al mondo della danza.
a cura di
Noemi Didonna
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