Roberto Saviano o lo si ama o lo si odia. Cuore puro, racconto sull’adolescenza pericolosa tra le strade di Napoli, però è sicuramente un piccolo gioiello per gli adolescenti degli anni ’80/90 per tutti quei richiami e quegli istinti universali che ogni ragazzo, da nord a sud, sente propri.
La trama
Dario, Giovanni, Giuseppe e Rino, quattro ragazzi sulla soglia dell’adolescenza, giocano a pallone in strada. Tutto il pomeriggio, tutti i giorni. La palla corre e sfila da punto a punto nella piazzetta, che ormai è diventata la loro seconda casa.
Tutti i ragazzi, in quegli anni, giocano tra le vie di Napoli con palloni più o meno vecchi, più o meno “buoni”, ma loro quattro sono i più forti, lo sanno tutti.
La gomma arancione del Super Santos sempre ai loro piedi, il cuore puro in corsa che anticipa i loro stessi piedi: la giovinezza spesa tra i caseggiati di cemento come fosse il paradiso.
Potrebbero sicuramente avere un futuro brillante sul prato verde dello stadio San Paolo (ora Stadio Diego Armando Maradona). Ma l’anelito del substrato di Napoli, che serpeggia in silenzio tra le strade e nelle case, li avvolgerà prima di poter vedere la peluria sotto il naso infittirsi appena.
Quando il boss locale offre ai 4 ragazzi del danaro solo per continuare a giocare in strada, a loro sembra di stare vivendo un sogno. Proprio come i giovani atleti notati dai talent scout per giocare nelle grandi squadre. Devono solo continuare a giocare, e che ci vuole?
Ma sarà proprio l’amato gioco che la camorra userà per incatenare la loro giovinezza alle logiche del potere crudele, dell’imbroglio e dell’illegalità.
Dieci anni dopo, i quattro ragazzi, ormai giovani uomini, dovranno fare i conti con le loro scelte. Avranno ancora il cuore puro?
L’opera
La prima stesura dell’opera, in realtà, fu un racconto più breve, chiamato Super Santos, apparso per la prima volta nel 2005 nella raccolta Il pallone è tondo di Alessandro Leogrande (scrittore e giornalista italiano, scomparso prematuramente nel 2017 a soli 40 anni).
Lo stesso Saviano, nella premessa alla stesura attuale, dice di essersi reso conto del fatto che
“I personaggi meritavano di essere osservati da una distanza più ravvicinata, che una stretta messa a fuoco avrebbe restituito loro quella profondità di campo da cui non si può e non si deve mai prescindere quando si racconta una città come Napoli e le vicende che la riguardano”

Così, nel 2022, Saviano da nuova vita a questo racconto struggente e nostalgico, riempiendo gli spazi, colmando i vuoti della narrazione breve con nuove parole che danno più profondità ai luoghi e ai personaggi.
Fin dalle prime righe il lettore è raggiunto dalla nostalgia attraverso le descrizioni di abitudini e aneddoti universali, per ogni adolescente degli anni ‘80/’90 che si rispetti.
La descrizione del gioco in strada, grande classico di quegli anni e che ormai si sta sempre più perdendo nella nuova era dei social, è già di per se una stupenda cornice della storia e allo stesso tempo protagonista.
“Il tocco – così al Sud chiamiamola conta che avviene tra i due capisquadra per scegliere i giocatori- è un vero laboratorio antropologico. I capisquadra sono i più bulli, non sempre i più bravi. Anzi, quasi mai lo sono. (…) Ma nel tocco non c’è abilità o bravura. Il tocco, che vede coinvolti i due capisquadra, è determinato dall’arbitrio di dita lanciate davanti alle pance: solo caso e fortuna. Chi, fra i due capitani la spunta, ha diritto a scegliere i suoi giocatori, uno alla volta, mentre loro aspettano impotenti, asserviti alla logica dell’alea.”
E poi, ancora, le signore sui balconi a dir poco scontente del casino creato in strada: “Ve lo taglio quel pallone!”. Le porte fatte con i cumuli di giubbotti a terra. Decidere chi deve andare a riprendere il pallone sui balconi. Urlare “Macchina!”, per avvisare i compagni distratti del passaggio delle vetture. Il sole che batte forte il primo pomeriggio. Le madri al tramonto che richiamano i figli per la cena. È la fine degli anni ’80.
Super Santos
Ma la descrizione che più di tutte mi ha riportata indietro nel tempo è quella dei palloni da gioco: il Super Santos, quello vero, quello “di marca”, rigido ma non troppo, ruvido al tatto con il suo tipico odore di gomma; il Super Tele, il “pacco”, il pallone “da femmine”, per chi non poteva permettersi il Super Santos; e, in ultimo, il Tango, il pallone che più si avvicinava a quelli di cuoio, irraggiungibili.

“Il Super Santos non era un semplice pallone. Era il pallone. Una sfera arancione fuoco con le strisce nere, rigorosamente disallineate rispetto alle concavità impresse alla plastica, a formare figure geometriche. Resisteva a tutto. Teneva la traiettoria anche se tiravi delle bombe stratosferiche. Quando qualcuno immaginava un pallone, lo immaginava arancione, nero e con la scritta ripassata in giallo. Immaginava il Super Santos.”
In questo sogno meraviglioso, di semplicità e giovinezza, il cuore puro dei quattro ragazzi verrà tentato dal potere, dal compromesso, dalla realtà degli adulti.
Ma si può sempre redimersi dalla crudeltà e tirare un ultimo calcio al pallone. Con il cuore puro.
a cura di
Rossana Dori
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