il gattopardo
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Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa è un romanzo che ha segnato profondamente la letteratura italiana del Novecento. Tra innovazione e fedeltà, la serie TV ci restituisce il clima decadente e malinconico con un tocco di contemporaneità

Quando mi trovo davanti ad un adattamento cinematografico di un libro che ho molto amato sono sempre spaventata. Non a caso, per la serie tv Il Gattopardo uscita recentemente su Netlix, ho dovuto attendere una settimana prima di convincermi a premere play.

La serie tv, per la regia di Tom Shankland, Giuseppe Capotondi e Laura Luchetti, offre una lettura del romanzo in chiave contemporanea e sebbene sia fedele alla storia originale, presenta comunque una narrazione a tratti ironica e volutamente progressista.

La trama del romanzo

Ambientato in Sicilia tra il 1860 e il 1910, Il Gattopardo segue la famiglia dei Principi di Salina nel tumultuoso periodo dell’unificazione italiana.

Il principe Fabrizio Corbera (personaggio ispirato al bisnonno dell’autore Giulio Fabrizio Tomasi), uomo di scienza e riflessione, osserva con distacco e malinconia i cambiamenti che minacciano la sua classe sociale.

Il nipote Tancredi, giovane affascinante e opportunista, abbraccia le nuove opportunità offerte dal cambiamento, incarnando il celebre paradosso: “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi“.

La storia culmina con il sontuoso ballo nel palazzo Ponteleone, simbolo della fine di un’epoca e dell’inizio di una nuova era sociale. Mentre l’aristocrazia siciliana vede il suo declino entra in scena la borghesia.

La serie televisiva: una nuova prospettiva

La serie Netflix Il Gattopardo rappresenta una rivoluzione rispetto al romanzo e al celebre film di Luchino Visconti del 1963, la trasposizione cinematografica precedente.

La novità più rilevante è la centralità data al personaggio di Concetta, interpretata da Benedetta Porcaroli, figlia del principe di Salina.

Nel romanzo, Concetta è descritta come sottomessa e ubbidiente, mentre nella serie assume il ruolo di protagonista assoluta, con una forte connotazione femminista.

Questa scelta narrativa esplora la lotta per l’emancipazione femminile in una società patriarcale, rendendo la storia più accessibile e rilevante per il pubblico contemporaneo.

Le differenze sostanziali tra romanzo e serie

La serie, pur mantenendo questi temi centrali del declino dell’aristocrazia siciliana e dell’inevitabilità del cambiamento, introduce ulteriori riflessioni sulla condizione femminile e sulle dinamiche familiari, offrendo una lettura più moderna e attuale delle vicende.

Nel romanzo, Concetta, figlia del principe Fabrizio Corbara di Salina, interpretato da Kim Rossi Stuart, è un personaggio secondario, caratterizzato dalla sua riservatezza e dal ruolo tradizionale imposto alle donne dell’epoca.

Nella serie però Concetta viene messa al centro della narrazione evidenziando il suo personaggio come una figura determinata e indipendente.

Verso la parte finale infatti, Concetta, dice al padre “Non voglio la vita che tu hai scelto per me, io voglio qualcosa che sia mio”. Impensabile trovare una frase così nel libro, ma in qualche modo rimane convincente.

Un’altra differenza sostanziale è l’ambientazione. Se nel libro lo svolgersi dell’intera storia è unicamente in Sicilia, nella serie l’orizzonte si amplia includendo episodi a Torino che offrono una prospettiva più ampia sull’Italia post-unitaria e sulle dinamiche sociali dell’epoca.

Tuttavia, questa scelta, sebbene sia davvero molto lontana dallo svolgersi della storia così come scritta nel libro, non tradisce mai la trama originale e le scelte finali dei personaggi vengono rispettate.

La narrazione episodica della serie tv copre inoltre un arco temporale più esteso rispetto al libro ed è stata oggetto di molte critiche.

Non sono di questo avviso: una serie tv, composta da 6 episodi di un’ora ciascuno, necessita di una descrizione approfondita sui personaggi permettendo così una visione più dettagliata riguardo alle trasformazioni sociali e personali.

Forse la cosa che differisce di più dal romanzo è proprio il finale.

Nel libro il cambiamento e la nuova classe sociale in ascesa è vissuta con rassegnazione e malinconia mentre la serie propone una conclusione più aperta e ottimistica, suggerendo possibilità di rinnovamento e cambiamento per i protagonisti.

Somiglianze e fedeltà all’opera originale

Entrambe le opere sono ambientate nella Sicilia del XIX secolo, durante il periodo del Risorgimento italiano. La rappresentazione dei paesaggi siciliani, delle residenze nobiliari e delle tradizioni locali è curata con attenzione, offrendo al pubblico una visione autentica dell’epoca.

Lo stesso rumore di sottofondo, il canto delle cicale nelle giornate soleggiate, mentre si apre il campo largo sulla villa dei principi di Salina è una chicca. Sembra quasi di essere all’interno del libro.

Inutile dire che le tematiche principali del romanzo sono riprese fedelmente.

Il declino dell’aristocrazia, lento ma inesorabile, l’ascesa della borghesia e le nuove dinamiche di potere, rimangono comunque gli elementi chiave in entrambe le narrazioni.

Rimane anche la celebre frase “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi“. Frase fondamentale per comprendere l’essenza di questa meravigliosa storia e che ha contribuito a creare un nuovo termine, il gattopardismo.

Fedele all’originale rimangono anche i personaggi principali, il Principe Fabrizio di Salina, Tancredi Falconeri, il nipote affascinante e opportunista e Angelica Sedara, bella e ambiziosa che rappresenta l’unione tra nobiltà e borghesia.

Sempre fedeli rimangono anche gli eventi chiave come il ballo al Palazzo Ponteleone, momento che rappresenta l’apice del declino dell’aristocrazia e la proposta di matrimonio tra Tancredi e Angelica, unione strategica dove il vecchio ordine sociale incontra il nuovo.

In ultimo, la scelta geniale degli sceneggiatori (Richard Warlow, Benji Walters) è quella di mantenere i dialoghi originali, estrapolandoli direttamente dal libro. Riflessioni e considerazioni sono l’essenza per non perdere il contatto con la storia, così come scritta dall’autore.

Conclusione

Credo che, sebbene criticata per i tratti non fedeli all’opera originale, sia stato fatto un grande lavoro di lima e scalpello per tutte quelle scene che non sono presenti nel libro, tanto da renderle accettabili ad un qualsiasi amante di Tomasi di Lampedusa.

Nondimeno, i cambiamenti nella serie tv non hanno mutato i sentimenti e le sensazioni che si provano durante la lettura del libro. Pur notando le differenze tra le due opere non ho comunque avvertito la frustrazione tipica di quando ami tanto un libro e lo vedi rovinato sullo schermo.

A parer mio la serie tv offre una rilettura moderna del capolavoro di Tomasi di Lampedusa, introducendo cambiamenti significativi che mirano a dialogare con il pubblico contemporaneo, pur mantenendo tutte le tematiche originali.

Esperimento riuscitissimo.

a cura di
Sara Alice Ceccarelli

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di Sara Alice Ceccarelli

Giornalista iscritta all’ODG Emilia Romagna si laurea in Lettere e Comunicazione e successivamente in Giornalismo e Cultura editoriale presso l’Università di Parma. Nel 2017 consegue poi un Master in Organizzazione e Promozione Eventi Culturali presso l’Università di Bologna e consegue un attestato di Alta Formazione in Social Media Management presso l'Università di Parma. Ama il giallo e il viola, possibilmente assieme e vive in simbiosi con il coinquilino Aurelio (un micetto nero). La sua religione è Star Wars. Che la forza sia con voi.

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