“Mufasa: Il Re Leone” – la recensione in anteprima

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A distanza di cinque anni dall’uscita del live action de “Il Re Leone”, Disney torna sulla Rupe dei Re per raccontare la storia di Mufasa, padre di Simba, e di come sia diventato il Re più amato dell’intera Savana, regnando su Milele e gli altri animali che la popolano. Ma questo film sarà all’altezza del primo capitolo del 1994 o ci lascerà dubbiosi come il live action del 2019?

Era il 1994 quando, nella più classica delle tradizioni natalizie, un piccolo Andrea andava al cinema per vedere il film Disney dell’anno: Il Re Leone. Rimasi subito innamorato dei personaggi e delle musiche (sì, in quegli anni i “cartoni” Disney avevano colonne sonore che ci facevano cantare per mesi!), ma uno su tutti mi colpii: Scar, con la sua canzone Sarò Re, che tutt’oggi intono in macchina nei miei viaggi con enfasi e trasporto.

Fin da piccolo nella mia mente c’è sempre stata una domanda che non ha mai trovato risposta: “Perché Scar odiava così tanto suo fratello al punto da arrivare ad ucciderlo?”. Negli anni ci sono stati molti spin off e mai nessuno offriva la risposta giusta, così, quando lessi dell’uscita di Mufasa, capii subito che avrei avuto quello che cercavo da tanto.

Ammetto, al tempo stesso, che la paura di trovarmi davanti ad una pellicola che deludesse le mie aspettative era tanta: già i vari sequel del Re Leone furono enormi delusioni per me e non sono ancora riuscito a togliermi dalla testa il live action, con le canzoni poco fedeli all’originale. Nei mesi successivi al primo trailer cercai di non farmi prendere da facili entusiasmi, pensando che, in fondo, peggio degli ultimi film non poteva essere.

Il giorno dell’anteprima, quindi, dentro di me questi sentimenti contrastanti si sono fatti più insistenti, ma ho sgombrato la testa da pensieri e aspettative per cercare di godermi quello che lo schermo mi avrebbe proposto.

Top o flop?
Proseguite nella lettura dell’articolo e lo scoprirete!

Dove tutto è iniziato

CI troviamo sulla Rupe dei Re, dove Simba annuncia ai sudditi che Nala darà presto alla luce un nuovo erede, allontanandosi dal regno per andare da lei e lasciando la primogenita Kiara alle cure dei due baby-sitter Timon e Pumbaa.

I due decidono quindi di raccontare una favola alla giovane leonessa, ma, prima di far danni, sono interrotti da Rafiki, che inizia a narrarle la più grande storia di tutte: il racconto delle gesta di Mufasa. Il tempo si fa inclemente e questa epopea tranquillizza Kiara, che si appassiona così alla figura di suo nonno.

Il giovane Mufasa è felice con i suoi genitori, alla ricerca della terra promessa, Milele. Ma l’arrivo improvviso di un temporale fa ingrossare il fiume, strappando dall’affetto familiare il giovane leone, che si ritrova da solo, aggrappato ad un ramo e circondato da coccodrilli. Per sua fortuna Taka, edere al trono del suo branco, passa vicino al corso d’acqua e salva Mufasa da morte certa.

Nasce così uno stretto legame tra i due. E se il primo è destinato a diventare Re, per il secondo – considerato un reietto dal padre di Taka – si prospetta una vita tra le leonesse a cacciare e imparare. Ma tutto cambia quando entra in scena Kiros, il leone a capo degli Emarginati, che vuole essere l’unico Re Leone.

Inizia così per Mufasa e Taka una corsa contro il tempo per salvarsi da Kiros e potersi ricostruire una nuova vita assieme. Tra nuovi incontri (Sarabi, Rafiki e Zazu) e tradimenti riusciranno nel loro intento?

Realmente finzione

Se già col Re Leone del 2019 il pubblico era rimasto ammaliato dell’incredibile fedeltà alla realtà della CGI, in questo Mufasa assistiamo ad un ulteriore passo in avanti.

Ottenuto attraverso un utilizzo incredibile degli effetti speciali, che portano la pellicola in quella confort-zone che chi va al cinema vuole ritrovare, facendo così immedesimare tutti nei personaggi, resi più umani nelle espressioni e nei movimenti.

Al tempo stesso la scrittura della trama riporta indietro nel tempo chi come me ha qualche anno in più, avvicinando la storia ai ricordi passati di quel Re Leone di 30 anni fa. In un racconto antologico tanto aulico quanto esaustivo, che risponde alle domande che tutti ci siamo fatti, con uno sviluppo dei personaggi incisivo (anche se in alcuni momenti un poco raffazzonato, nonostante non infici il progredire del cammino dei nostri personaggi).

Senza dubbio si è lavorato molto sulle musiche, portando Mufasa ai fasti del primo film del 1994. Alcuni dei pezzi entreranno nelle teste dei giovani spettatori, che inizieranno a cantare e a farsi accompagnare dai più grandi immedesimandosi nei personaggi visti sul grande schermo.

Viene reso il giusto omaggio alla colonna sonora di Hans Zimmer, apportandovi però anche qualche innovazione.

Parlando invece dei contro del film, forse il vero punto debole della pellicola è il doppiaggio che, infarcendo il roster di talent, perde di mordente, rendendo alcuni personaggi fastidiosi all’ascolto. Un vero peccato per un film assolutamente interessante, nonostante le due ore di durata.

La celebrazione del Re

Dopo tanti buchi nell’acqua con live action che hanno riportato sul grande schermo molti dei personaggi classici, finalmente Disney si è ritrovata, facendoci nuovamente assaporare i ricordi passati del tanto atteso film di Natale di quando eravamo bambini.

Una pellicola che ricorda molto da vicino i grandi classici di formazione della letteratura, in un racconto tanto semplice quanto essenziale e necessario per chiudere il cerchio di uno dei più grandi classici Disney mai realizzati.

Le canzoni vi entreranno in testa e continuerete a cantarle con i vostri figli, che si appassioneranno alle gesta di Mufasa. Sperando che le due ore di film non li facciano addormentare prima, perché ci troviamo davanti ad un film troppo lungo che poteva essere racchiuso in mezz’ora in meno.

Altro dubbio che rimane è quello della scelta dei doppiatori: perché, in un paese dove la scuola di doppiaggio è uno dei grandi vanti, vengono scelti personaggi dello spettacolo il più lontani possibile da questo mondo?

Un problema che fa perdere mordente alla pellicola, che in alcuni tratti risulta indebolita proprio da questa scelta.

Una volta iniziati i titoli di coda non aspettate in sala, poiché non ci sono scene post credit. Ma non perdetevi i titoli di testa, dov’è presente il ricordo di James Earl Jones (iconica voce di Darth Vader e Mufasa), che Disney ha deciso di omaggiare facendo sentire al pubblico la voce del suo Re Leone.

Buona visione!

a cura di
Andrea Munaretto

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di Andrea Munaretto

Nato nell'84 e fin da quando avevo 4 anni la macchina fotografica è diventata un'estensione della mia mano destra. Appassionato di Viaggi, Musica e Fotografia; dopo aver visitato mezzo mondo adesso faccio foto a concerti ed eventi musicali (perché se cantassi non mi ascolterebbe nessuno) e recensisco le pellicole cinematografiche esprimendo il mio pensiero come il famoso filtro blu di Schopenhauer

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