“Berlinguer. La grande ambizione” di Andrea Segre. La recensione
Berlinguer. La grande ambizione è un film di Andrea Segre incentrato sulla figura di Enrico Berlinguer. Presentato al Festival del Cinema di Roma del 2024 ha ottenuto il premio Vittorio Gassman come migliore attore consegnato a Elio Germano, protagonista del film.
Gli amici e i compagni lo piangono, i nemici gli rendono onore,
Pertini siede impietrito e qualcosa è morto anche in lui.
Pajetta ricorda con rabbia e parla con voce di tuono
ma non può riportarlo tra noi.Roma Termini scendiamo, srotoliamo le bandiere,
ci fermiamo in piazza esedra per il solito caffè
parte Gianni il segretario e nueter tot adree
per andare a salutare il compagno Berlinguer.I funerali di Berlinguer (Modena City Ramblers)
Berlinguer. La Grande Ambizione non è un semplice biopic, ma la ricostruzione di un politico di vecchio stampo. Un personaggio amato dal popolo e ammirato da chi aveva idee opposte per aver riportato la politica fra la gente. Un uomo piccolo che parlava con curioso accento sardo e incantava le masse, non per incitarle all’odio né contro il nemico, ma verso la lotta per i loro diritti e per le loro libertà di esseri umani, essendo una soltanto la libertà da evitare: quella “di sfruttare l’uomo per l’uomo”.
La storia (siamo noi)
Il film si apre con l’attentato a Salvador Allende che decretò la dittatura di Pinochet in Chile. Un evento che creò turbamento in Berlinguer e nel Partito Comunista dell’epoca. Riuscito a scampare ad un’attentato in Bulgaria nel 1973, Berlinguer si sforzerà di modernizzare il partito comunista italiano prendendo le distanze persino dalla “casa madre” Mosca.
In lui nacque l’esigenza di creare un socialismo che contenesse la parte sana del paese. I lavoratori, i partigiani e i cattolici progressisti uniti per sfatare, come aveva previsto Gramsci, il predominio del capitalismo con la sua illusione di falsi bisogni e nuove violenze per soddisfarli.
Elio Germano riesce ad essere un’interprete fedele al personaggio. Lo riproduce nella sua riservatezza ma anche nella sua forza e rigore morale. Una rappresentazione trasparente dei teneri momenti famigliari, la frenetica attività di partito con un’acclamazione popolare senza precedenti. Andrea Segre riesce a bilanciare immagini dell’epoca e interpretazione, lui che ha realizzato documentari attenti al sociale e all’Italia contemporanea. Ne deriva un ritratto lucido di un momento cruciale per l’Italia con il sogno di un rinnovamento da parte di Berlinguer, ma con i tragici fatti che ne seguirono. La pagina buia del terrorismo e delle stragi.
La grande ambizione
Proprio mentre “la grande ambizione” di Berlinguer cominciava a fare i primi passi, il sogno svanì con la cattura e l’uccisione di Aldo Moro. Fu lui infatti il mediatore, l’uomo capace di comprendere quell’ideale e la sua importanza per il paese. Dopo la sua terribile uccisione, Berlinguer probabilmente perse un’occasione ma forse la perse l’Italia. Perché dietro quel piccolo, grande uomo c’era un gigante che non parlava mai di se, ma vedeva un futuro diverso e più umano per un grande paese come l’Italia.
Il film, a mio avviso, non è un’operazione nostalgia, bensì un’occasione che può far generare riflessioni e dibattiti su una storia importante per il nostro paese. Rendersi conto che la vera politica non sono vaghe promesse elettorali e “sparate” in piazza contro il politico rivale.
La politica ha bisogno di programmi, di incontri con tanti seri professionisti che ancora abbiamo in Italia malgrado un futuro sempre più precario. Il discorso sarebbe ampio e includerebbe tanti uomini di buona volontà che aspettano un’occasione e un momento per essere utili a questo paese. Questo film (e questo personaggio) aiuta a recuperare la funzione del politico, del suo servizio e della sua importanza vitale per un paese democratico e civile.
Colonna sonora
A degna cornice musicale del film hanno contribuito la ricerca sonora di Iosonouncane, uno dei musicisti più innovativi in Italia. E, fra le stupende scene documentaristiche di Segre, spicca l’omaggio disincantato al cantautore Pierangelo Bertoli, una delle figure più attive del cantautorato degli anni 70 e 80, col brano “Eppure Soffia”.
a cura di
Beppe Ardito
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